Attivismo
Migranti, soccorsi in mare: la solidarietà continua a crescere (malgrado il Governo)
Con Luca Casarini, capo missione di Mediterranea, ong che salva i naufraghi nel Mediterraneo, facciamo il punto sulla crescita delle associazioni impegnate su questo fronte. «Nel nostro Paese non mi ricordo una risposta così forte, ampia, continuativa e crescente nel tempo come quella delle navi di soccorso in mare». Una flotta civile, che coinvolge Terzo settore e Chiesa e che costituisce la risposta «alle strategie governative del ritiro del soccorso come dinamica istituzionale»
di Alessio Nisi
Un impegno per i migranti naufraghi che cresce, in termini di presenza e di qualità dell’organizzazione. Da una parte le associazioni vicine alla chiesa cattolica, con le diocesi in prima linea di Mazara del Vallo e di Agrigento e con la scelta dei vescovi di non tirarsi indietro a chi attraversa il mare e chiede sostegno e assistenza. Dall’altra il Terzo settore, sempre più operativo in mare e a terra, soprattutto nelle zone di frontiera. «E il Mediterraneo è tutto una zona di frontiera», scandisce Luca Casarini, capo missione di Mediterranea, l’imbarcazione della ong battente bandiera italiana, operativa dal 2018.
Dopo l’assoluzione dell’ex ministro dell’Interno, ora ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver impedito lo sbarco di 147 persone della nave della ong Open arms a Lampedusa nell’agosto del 2019, la risposta di chi non si volta dall’altra parte è nelle parole dell’attivista di Mestre.
Una risposta forte, ampia, continuativa e crescente
«Per denunciare la drammaticità della situazione del Mediterraneo di questa strage permanente c’è l’annuale contabilità dei morti nel Mediterraneo. Giustamente ci si concentra sugli orrori e sull’architettura del respingimento, ma», sottolinea, «a fianco degli orrori, c’è una società civile vuole essere presente. Nel nostro Paese non mi ricordo una risposta così forte, ampia, continuativa e crescente nel tempo come quella delle navi di soccorso in mare».
Da tre a 18 navi operative nel Mediterraneo
Un numero su tutti? Erano tre le navi operative nel Mediterraneo nel 2018. Ora sono 18. Anno in cui si attiva «Mediterranea. Il quadro era quello dei porti chiusi. Siamo nel governo Conte uno, con Salvini ministro degli Interni. Una situazione difficile. Con Mediterranea abbiamo pensato che rompere questa cappa di blocco del soccorso civile con una nave battente bandiera italiana sarebbe stata un’azione utile».
Un’esperienza quelle delle navi del soccorso civile che, aggiunge, «contava due forse tre navi operative: c’erano Iuventa di Jugend Rettet (che nel 2018 era già stata fermata), Open arms e Sea watch». In 6 anni, prosegue, «abbiamo visto crescere impegno e presenza».
Al punto che, a oggi si può parlare di una vera e propria «civil fleet europea», ovvero una flotta di navi civili di monitoraggio e soccorso che pattugliano il Mediterraneo. Una flotta che può contare «su 18 mezzi in mare, dalle motovedette, adatte a risposte immediate, alle grandi navi. Una su tutte, la Geo Barents», la nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere, «5mila tonnellate di stazza e un ospedale organizzatissimo», costretta però a inizio dicembre a lasciare il Mediterraneo, per l’inasprimento del decreto Piantedosi. Ma ci sono anche, continua Casarini, «la Life support di Emergency e Sos Méditerranée con la Ocean Viking».
Più impegno a sostegno di azioni dal basso
Non solo è cresciuta la civil fleet europea in termini di numeri, ma si è intensificata l’attenzione e il supporto della società civile intorno a questo fenomeno. «A fronte di una narrazione dei migranti come invasori, è cresciuto un altro tipo di opinione pubblica, che si è trasformata in attivismo civico e ha aumentato impegno e sostegno ad azioni dal basso che vanno a coprire dei vuoti volutamente creati».
Spiega Casarini: «Il fatto siano aumentate le navi non vuol dire che è cresciuto solo il numero degli attivisti operativi, ma vuol dire anche decine di migliaia di persone che sostengono sforzi, che sono molto molto onerosi. E parliamo di iniziative finanziate in primo luogo dai cittadini».
Chi si impegna
Da una parte, chiarisce Casarini, si tratta di cittadini di una certa sinistra critica, propositiva, «disillusa da certe dinamiche istituzionali e più propensa a fare delle cose concrete. L’altra grande componente è quella legata alla chiesa. In Italia la chiesa cattolica, nel Nord Europa quella protestante».
Il Terzo settore, aggiunge, «esercita la sua azione soprattutto sul tema dell’accoglienza nelle città e alle frontiere. E il Mediterraneo», ribadisce, «è una frontiera».
L’accoglienza a terra, sottolinea, «è un punto fondamentale. Il suo smantellamento è parte della strategia di respingimento (un piano che va dalla frontiera fino alla non accoglienza nelle città e alla creazione di una situazione di tensione, che poi alimenta politiche restrittive) ha moltiplicato situazioni di intervento in cui il Terzo settore è molto impegnato».
Certo, ci sono le grandi associazioni come Msf e come Emergency presenti in tanti paesi nel mondo con azioni di assistenza, di cura e di intervento a fianco dei civili, «ma l’aspetto interessante sono i piccoli collettivi che nascono che si propongono e vengono sostenuti per le loro attività. In questo quadro la Germania è un epicentro».
Civil fleet, una delle risposte
Di fatto la costruzione di una flotta civile, per Casarini, è la risposta «alle strategie governative del ritiro del soccorso come dinamica istituzionale». A fronte di dinamiche di questo tipo, c’è l’impegno che cresce nella società civile europea. E Il rapporto con il Terzo settore? «Gli inizi di Mediterranea sono caratterizzati da un rapporto stretto con l’Arci per esempio che faceva parte di una piattaforma di associazioni del Terzo settore».
Le diocesi. Sul fronte delle associazioni cattoliche e della chiesa, aggiunge, «dal 2019 abbiamo scelto di avere a bordo della nave un prete cattolico, Don Mattia Ferrari, che come cappellano di bordo portava questo elemento di relazione. In Sicilia contiamo sull’appoggio delle diocesi locali, come quella di Mazara del Vallo, quella di Agrigento, che ricomprende anche Lampedusa al suo interno. Fino ad arrivare a Palermo, dove l’arcivescovo Corrado Lorefice ha caratterizzato tutta la sua attività, proprio sul tema dei migranti in mare».
Dal basso
Ma, come per il Terzo settore, «anche il rapporto con la chiesa è stato un rapporto che è partito dal basso. Mediterranea è un’associazione laica, ma questo elemento della pratica del andare in mare permette l’incontro tra mondi diversi. A volte si cercano parole che ci uniscano ma sono le pratiche che permettono a diverse culture e religioni di andare d’accordo».
Civil mrcc, la rete delle ong nel Mediterraneo
Una società civile che, come civil fleet, sull’intervento in mare si è data anche coordinamento. La Civil mrcc (acronimo che sta per maritime rescue center coordinator) è una rete che mette in comunicazione la flotta di ong nel Mediterraneo. Spiega sempre Casarini: «La mrcc è la struttura istituzionale delle capitanerie di porto: è il centro di coordinamento dei soccorsi in mare sia privati che istituzional. Tutti gli stati devono avere un mrcc, che ha la responsabilità di una zona Sar, un’area serge and rescue».
Con la strategia dei respingimenti il loro ruolo perà è cambiato e si è rovesciato. «È prevalsa la logica di polizia secondo cui i migranti in mare non sono considerati naufraghi, ma clandestini, per cui gli mrcc, da fiore all’occhiello nella promozione del soccorso in mare, diventano entità» che «operano in segretezza», secondo una logica per cui in mare «può succedere una cosa vicino a te e tu non lo sai, perché nessuno ti ha avvisato».
Un telefono di soccorso per i migranti
Per fare fronte a questa situazione «è nato il Civil mrcc, con un alarm phone, un telefono di soccorso, connesso con un centro telefonico di soccorso che funziona 24 ore al giorno, raccoglie le chiamate di soccorso dei migranti che sono in mare e le distribuisce alle autorità e alle navi. Fa i il lavoro insomma che dovrebbe fare l’mrcc. Questo è un’altra delle esempi di come la società civile si è organizzata per fare quello che le istituzioni non vogliono più fare».
In apertura e nel testo foto di Mediterranea Saving Humans
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