Welfare

Migranti Regolarizzare i senza permesso vale 3,5 miliardi di euro

Caroli (Extrabanca): «Il loro gettito contributivo alleggerirebbe il deficit pensionistico»

di Redazione

C’è un tesoretto sfuggito a Tremonti, vale 3 miliardi l’anno e potrebbe aiutare l’Italia a uscire dalla crisi. I conti sono stati fatti dagli esperti del sito “Stranieri in Italia” sulla base dei dati Ismu. Basterebbe una norma di poche righe, inserita nella Manovra, che preveda la regolarizzazione dei lavoratori immigrati senza permesso di soggiorno. Quanti sono? Difficile dirlo, ma anche l’ultima prudente stima dell’Ismu, che fissa l’asticella oltre quota 500mila, fotografa un esercito di persone tagliate fuori dall’ultima sanatoria e dall’ultimo decreto flussi, perché non erano lavoratori domestici o cittadini di Paesi che hanno accordi con l’Italia, che non vedono l’ora di uscire alla luce del sole.
Regolarizzando la loro posizione, il governo garantirebbe un’entrata molto consistente. Se si fa l’ipotesi di mezzo milione di adesioni e se per ogni regolarizzazione si chiedesse, come due anni fa, un contributo una tantum di 500 euro, frutterebbe subito 250 milioni di euro. Ma il vero guadagno, consistente e duraturo, sarebbe quello rappresentato da mezzo milione di nuovi contribuenti. È sempre l’Ismu a stimare che ogni immigrato regolare versa in media quasi 6mila euro l’anno tra tasse e contributi. La regolarizzazione porterebbe quindi nelle casse dello Stato tre miliardi di euro ogni anno. «Una scelta di questo tipo darebbe la possibilità a centinaia di migliaia di immigrati che vivono e lavorano in Italia di contribuire al benessere della loro nuova patria», commenta Gianluca Luciano, amministratore unico della casa editrice Stranieri in Italia.
Numeri confermati anche da Paolo Caroli, ad di Extrabanca, il primo istituto nato per servire in prevalenza i cittadini stranieri. «Al di là di come la politica voglia pensare ai cittadini stranieri», dice Caroli, «guardiamo ai numeri: il loro gettito contributivo e fiscale è di circa 11 miliardi e i contributi previdenziali da loro versati, pari a circa il 4% del totale, hanno alleggerito il nostro deficit pensionistico. Se una realtà come Extrabanca funziona è perché si rivela vincente la scommessa sulle capacità lavorative, imprenditoriali e progettuali di questi nuovi cittadini. Non vedo perché lo Stato italiano non possa coniugare allo stesso modo integrazione e sviluppo.

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