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Migranti, Mattiello (Pd): Si cambi Dublino III o spareranno sui barconi

Intervista al deputato torinese, ex referente nazionale di Libera, che ha appena visitato la nave ammiraglia dell'operazione Mare nostrum e promosso un emendamento approvato all'unanimità che rende pubblico come è stato speso ogni euro destinato dal governo alla prima accoglienza

di Daniele Biella

“Ora si cambi il regolamento Dublino III per l’accoglienza dei profughi. Altrimenti la gente esasperata e fomentata dai partiti xenofobi arriverà a sparare sui barconi”. Usa una metafora risoluta ma efficace Davide Mattiello, ex referente nazionale di Libera, oggi deputato del Pd, membro della Commissione giustizia e presidente della fondazione Benvenuti in Italia. Il momento è complicato: sempre più persone in fuga dalla guerra (“i migranti economici, dati alla mano, sono quasi scomparsi”, sottolinea), sempre più morti e dispersi in mare dovuti all’efferatezza dei trafficanti che dalla Libia e dall’Egitto fanno partire ogni tipo di imbarcazione carica di uomini, donne e bambini. “I trafficanti sanno che c’è l’operazione Mare nostrum, che cerca di salvare più vite possibili pattugliando ben 70mila chilometri quadrati di mare. Ma Mare nostrum è destinata a finire a giorni, è l’operazione europea Frontex plus non sarà affatto la stessa cosa, avendo un raggio d’azione più limitato e diverse regole d’ingaggio”. Mattiello è stato pochi giorni fa sulla nave madre dell’operazione navale italiana, la San Giusto, per vedere con i propri occhi come lavora la Marina militare nel salvataggio dei migranti (“ho visto assoluta professionalità e umanità allo stesso tempo, il carico emotivo di chi viene salvato è alto, gli stessi numeri sono alti ma il personale cura ogni singola persona senza cedere alla massificazione”). Mentre due giorni fa, ha ottenuto l’approvazione di un emendamento “fondamentale per la trasparenza del Governo italiano nella gestione dei profughi, contro quello che viene chiamata business dell’accoglienza che può rivelarsi simile a un sistema mafioso”.

Da pochi giorni il ministero degli Interni ha comunicato alle prefetture di raccogliere foto e impronte di ogni migrante in arrivo, anche da Siria, Gaza ed Eritrea, cosa che finora non si è fatta, nonostante Dublino III lo imponesse, per lasciar raggiungere ai profughi la propria meta prefissata nel Nord Europa. Il numero delle richieste d’asilo forzate potrebbe a questo punto scoppiare?
Sì. Ma la bomba a orologeria è già pronta a esplodere da tempo e noi non lo stiamo capendo fino in fondo: il flusso sempre più elevato di persone in fuga è destinato ad aumentare come effetto collaterale di guerre che non possiamo far finta di non vedere. Ne siamo già coinvolti, volente e nolente, quindi bisogna trovare una soluzione che vada al di là, per esempio, di quella ‘all’italiana’ che si è seguita finora nel non obbligare le persone a lasciare le impronte. Scelta umana, sia chiaro, ma ora che l’Europa ha stretto la maglie e i paesi del Nord cominciano ad accusare il colpo dopo mesi di richieste d’asilo accolte e una destra antieuropeista che, proprio per questo, sta ricevendo sempre più consensi, bisogna cambiare rotta, andando dritti al cuore del problema.

Qual è il cuore del problema?
Risolvere il dramma dei profughi che muoiono in mare non facendoli arrivare, al mare, ovvero nelle mani di chi li sfrutta. Intervenendo nei paesi di transito, con strutture della comunità internazionale che assicurino loro i diritti basilari e frenino l’azione assassina dei trafficanti, togliendo loro la materia prima. Per questo dico che ora più che mai l’Unione europea, nel chiedere legittimamente all’Italia di rispettare il regolamento Dublino III prendendo le impronte, debba cambiare con urgenza lo stesso Dublino III, perché così com’è non va bene: il tipo di migrazione è cambiata, il 90% fugge da guerre, quindi le leggi devono cambiare in tal senso. Se rimanesse tale è destinata a portare un aumento dell’odio sociale, soprattutto in Italia dove la situazione è già drammatica e l’insofferenza verso chi arriva da lontano in molte zone è già alta, colta al volo dai vari Salvini o Borghezio, esponenti della Lega nord che, come gli omologhi di altri paesi europei, cavalcano il malcontento per un sistema che, in effetti, non funziona come dovrebbe. Dublino III è sbagliata perché ha la forma di un collo di bottiglia: se tutti gli individui fotosegnalati rimanessero qui a fare la domanda d’asilo, sarebbe insostenibile accoglierli con efficacia.

L’Europa ha avuto un sussulto dopo la strage del 3 ottobre 2014, di cui ricorre il primo anniversario a breve, ma le parole non si sono tramutate in fatti. Cosa dovrebbe cambiare?
Devono vedere finalmente la luce gli Stati uniti d’Europa, che mettano in atto una vera cooperazione mediterranea volta in primo luogo a fare di tutto per ‘provocare’ la pace nel medio e vicino Oriente, agendo molto più di quanto non stia facendo ora l’Unione europea. Non ci sono altre vie, tutte quelle già messe in atto sono a corto respiro. Mare nostrum pur costando molto è servita a tanto, ma si è rivelata anche un’occasione unica per gli speculatori per l’immagine di ‘traghetto a cielo aperto’ che fa il gioco dei trafficanti. Ora con Frontex plus cambierà tutto, non si andrà a pattugliare fuori dai confini delle acque europee e quindi morirà molta più gente, fino a quando gli scafisti non si renderanno conto che non vedranno più così spesso le navi militari italiane. Sarà un disastro, ma se ne parlerà poco sui media perché sarà più difficile avere notizie dirette. Per questo ora più che mai ci vuole una profonda riflessione sul tema, che sfoci presto in un’azione condivisa che vada al di là dei pattugliamenti in mare ma che ragioni su un diverso modo di accoglienza europea.

A proposito di accoglienza, la sua denuncia verso chi approfitta dei fondi messi a disposizione del Governo è chiara e ne è testimonianza l’emendamento all’articolo 6 contenuto nel Decreto legge 119 (noto come ‘Contrasto alla violenza negli stadi’ ma contenente anche altri temi come l’immigrazione, qui il documento), approvato lunedì all’unanimità, che prevede una relazione dettagliata con i beneficiari delle spese governative sulla prima accoglienza partendo addirittura dal novembre 2013, ovvero all’indomani dell’attivazione di Mare nostrum. Siamo di fronte a un fenomeno così diffuso?

Il testo dell'emendamento

Assolutamente. Ci sono realtà che si arricchiscono con i fondi che vengono erogati, non prestando l’adeguato sostegno alle persone che accolgono: tracciare il denaro speso, cosa che farà d’ora in avanti il ministero dell’Interno, sarà l’unica strada efficace per stanarli, perché è un fenomeno orrendo che va fermato al più presto. In questo senso è un ottimo segno che l’emendamento abbia ricevuto parere positivo da tutte le forze politiche e con l’imminente fiducia al Dl 119 sarà operativo a breve.

Il sottosegretario agli Interni, Domenico Manzione, ha proposto di recente di aprire alle famiglie italiane la possibilità di accogliere nuclei di migranti in fuga dalle guerre, con un corrispettivo diario di 30 euro al giorno. Cosa ne pensa?
Sono del tutto d’accordo e mi sembra un’idea meravigliosa che risponde anche ai tanti cittadini che vorrebbero fare qualcosa di più in merito, a patto che sia fatta con continuità una verifica capillare dalle prefetture su come viene realizzata tale accoglienza: non dev’essere un ennesimo modo per fare welfare o per guadagnare alle spalle dei migranti e degli stessi italiani. Sia chiaro, stiamo vivendo una guerra tramite uno dei suoi principali effetti collaterali, ovvero i profughi, quindi non possiamo girarci dall’altra parte.

Vede come un atto in tal senso anche la recente richiesta della deputata Lia Quartapelle al ministro dell’Interno Alfano, che l’ha fatta propria, di istituire un registro dei migranti dispersi?
Certamente, è uno strumento necessario e importante. La stessa relazione che introduce il Decreto legge parla chiaro e mette nero su bianco per la prima volta in 30 anni di immigrazione la presa d’atto di una situazione drammatica: siamo di fronte a gente che scappa dalla guerra, i migranti economici sono quasi spariti e comunque per loro vige ancora il rimpatrio, quindi i modelli d’accoglienza e le azioni da intraprendere possono e devono mutare a seconda di questo nuovo paradigma.

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