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Migranti: le 10 fatiche di Avramopoulos
Ieri la Commissione europea ha presentato un piano d’emergenza in 10 punti per far fronte alla più grande tragedia umanitaria nel Mediterraneo che vede un migrante morire ogni due minuti dall’inizio del 2015.
12 fatiche erano magari troppo. E così Dimitris Avramopoulos si è fermato a 10. Con i tempi che corrono è già qualcosa. Come nelle più grandi tragedie europee, quella dei migranti spinge il Commissario europeo per le migrazioni ad assumere le vesti di Eracle, o qualcosa di simile. Perché come l’eroe e semidio della mitologia greca, l’Unione Europea (incarnata in questo caso da Avramopoulos) ha qualche conto da regolare con se stessa per espiare il fatto di essersi resa (co-)responsabile della morte di migliaia di persone (almeno così la pensa Amnesty International che sta preparando una denuncia alla Corte di giustizia europea). In attesa del Vertice straordinario di giovedì, conviene passare in rassegna le 10 imprese che la Commissione europea intende intraprendere.
Intanto il piano presentato ieri da Avramopoulos a Lussemburgo è stato “pienamente approvato” dai ministri degli Esteri e degli Interni dell’UE, e sarà sottoposto ai capi di Stato e di governo europei che si riuniranno giovedì a Bruxelles nel corso di un Vertice straordinario sulle migrazioni annunciato da Donald Tusk, il Presidente del Consiglio UE.
In attesa del piatto forte annunciato a maggio, questo piano – di emergenza – prevede, fra le altre cose, di “aumentare i mezzi finanziari e materiali” delle operazioni Triton e Poseidon, estendo il loro raggio d’azione nel perimetro del mandato assegnato all’agenzia europea Frontex. Lanciata il 1 novembre 2014 in sostituzione dell’operazione Mare Nostrum, Triton è stata definita dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ràad Al Hussein, “totalmente inadeguata”. Triton infatti opera entro il limite delle 30 miglia dalle coste europee, mentre le navi italiane di Mare Nostrum erano arrivate in acque libiche. Seconda debolezza: il budget, limitato a 3 milioni di euro al mese (contro i 9 milioni messi a disposizione dal governo italiano) e mezzi materiali ridotti all’osso (quattro navi, quattro aerei, un elicottero e 65 ufficiali).
Ma la fatiche di Avramapoulos non si fermano qui. La Commissione propone un programma di ricollocamento d’emergenza dei profughi richiedenti asilo, partendo da un progetto-pilota a cui i 28 Stati Membri sono invitati a partecipare su base unicamente volontaria. Il braccio esecutivo dell’UE intende inoltre impegnarsi fortemente contro i trafficanti attraverso la cattura e la distruzione delle navi gestite dai criminali coinvolti nell’immigrazione illegale (un piano simile all’Operazione militare “Atalante” lungo le coste somale); "riunioni regolari" tra Europol, Frontex, l'agenzia europeo per l'asilo (Easo) e Eurojust per "raccogliere informazioni sul modus operandi" dei trafficanti e "tracciare i finanziamenti".
Ma la lotta contro l’immigrazione irregolare passa anche per un impegno maggiore nei Paesi terzi, special modo con l’invio nei paesi chiave di “ufficiali di collegamento per l'immigrazione” incaricati di raccogliere informazioni sui flussi migratori e un’azione congiunta con i paesi vicini alla Libia (come il Niger) per bloccare le rotte utilizzate dai migranti.
Infine, la Commissione propone l'invio in Italia e in Grecia di funzionari dell'ufficio europeo responsabile del coordinamento tra i Ventotto nel campo delle domande d'asilo (EASO) per un sostegno adeguato alla gestione delle richieste di asilo; e l'introduzione dell'obbligo dei paesi dell'Unione di prendere le impronte digitali di tutti gli immigrati nel primo paese europeo in cui approdano.
Nessuna parola è stata invece spesa sul Regolamento di Dublino (tema sfiorato con il progetto-pilota sul ricollocamento dei richiedenti asilo), fortemente criticata dalla società civile e su cui si è espresso il Gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento europeo chiedendone “modifiche radicali”. Ma qui la Commissione ha dovuto fare i conti con l’opposizione dei paesi dell’Est, da sempre refrattari a qualsiasi sforzo per affrontare l’emergenza umanitaria del Mediterraneo e spartirsi i migranti sbarcati nei paesi europei del Sud.
Un’emergenza che sul piano dei numeri fa paura. L’elenco stilato ieri da Le Monde riassume bene le fatiche immense che attendono Avramopoulos e le istituzioni Ue.
1 600. E’ il numero dei migranti dispersi nel Mediterraneo dal 1 gennaio 2015, su un totale di 35 000 persone sbarcate nel Sud dell’Europa (dati ACNUR). Con l’ultima strage avvenuta al largo delle coste libiche, si è raggiunto la media record di 400 morti al mese, ovvero due ogni minuto. Nello stesso periodo, il 2014 aveva fatto registrare 90 morti.
22 000. Il numero dei migranti morti nel tentativo di raggiungere l’Europa dal 2000 in poi (OIM).
21 191. Sono i migranti sbarcati sulle coste italiane dal 1 gennaio 2015 (contro i 26 664 contabilizzati tra il 1 gennaio e il 30 aprile del 2014).
150mila. Il numero di persone soccorse durante l’operazione Mare Nostrum (ottobre 2013-ottobre 2014), una media pari a 400 persone al giorno.
351. I trafficanti arrestati grazie a Mare Nostrum.
3 milioni. Gli euro spesi ogni mese per l’Operazione Triton, diviso per 28 (Stati Membri) fanno 107mila e 142 euro e 86 centesimi per ogni paese dell’UE.
114 milioni. Il budget annuale (in euro) messo a disposizione di Frontex, pari a circa 9,5 milioni di euro al mese (poco più dei fondi allocati dal governo italiano per Mare Nostrum).
2 150 000. La superficie in chilometri quadrati del Mar Mediterraneo. Un parco acquatico per i trafficanti.
5. Il numero degli Stati membri dell’UE – Italia, Germania, Francia, Svezia e Regno Unito – disposti ad concedere asilo politico ai migranti.
E gli altri 23 che fanno?
Impossibile tuttavia concludere puntando soltanto il dito contro l’UE e le sue istituzioni (ivi compreso il povero Eracle-Avramopoulos). Una seria riflessione va fatta sul ruolo dei governi africani e dell’Unione Africana, il cui silenzio assordante sulla morte dei migranti che fuggono dal loro continente non lascia ben sperare. “Se l’Europa deve assumersi le sue colpe, altrettanto devono fare gli africani”, sostiene una fonte diplomatica del Consiglio europeo. I processi di Rabat e di Khartoum saranno il vero banco di prova delle relazioni UE-Africa sul tema migratorio. E i ricatti non mancheranno.
© VITA/Afronline. Disegno realizzato dal vignettista franco-burkinabè, Damien Glez.
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