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Migranti: in un video la violenza della Guardia Costiera Turca

A due anni dall’anniversario dell’accordo Europa-Turchia la BBC trasmette un video che illustra l’accanimento della Guardia Costiera Turca nei confronti delle persone che cercano di raggiungere la Grecia, per la maggior parte siriani in fuga dalla guerra

di Ottavia Spaggiari

Sono immagini terribili eppure non sono immagini nuove, quelle trasmesse dalla BBC, che mostrano come la Guardia Costiera Turca si avventi brutalmente su un gommone di migranti, colpendo a bastonate le persone, per la maggior parte siriani in fuga dalla guerra. Ad aver girato il video, con uno smartphone, proprio Aladdin, uno dei passeggeri dell’imbarcazione fermata dalla Guardia Costiera.

«Mi hanno preso da parte e hanno inziato a colpirmi sull’addome e quando provavo a muovermi mi prendevano a calci», ha raccontato Aladdin che, con un’altra imbarcazione, è riuscito a raggiungere Lesbo, insieme alla moglie e ai figli.

«I nostri bambini piangevano e chiamavano loro padre», racconta Bushra, moglie di Aladdin, «Ero terrorizzata per mio marito perché l’hanno preso da parte e hanno iniziato a bastonarlo», continua. «Hanno iniziato a picchiare gli uomini e noi non riuscivamo ad avvicinarci. Tenevamo i bambini in disparte, perché urlavano chiamando il nome dei loro papà».

Sono molte le testimonianze simili a queste: diverse persone arrivate in Grecia hanno raccontato di avere subito violenze e abusi da parte della Guardia Costiera Turca.


«Abbiamo visto così tanti video delle persone che arrivano in barca», spiega Omar Al Said, di Starfish Foundation, una delle organizzazioni impegnate nell’assistenza ai profughi in Grecia. «Ed è una cosa così comune che mi viene da dire che è una cosa che le persone che vengono qui e incontrano la Guardia Costiera Turca devono sopportare».

Queste nuove denunce di violazioni dei diritti umani arrivano nel secondo anno dell’accordo Europa-Turchia firmato il 18 Marzo 2016 per fermare il flusso degli arrivi, un obiettivo solo parzialmente raggiunto, nonostante il commissario Ue alla migrazione Dimitris Avramopoulos si sia dichiarato soddisfatto della “riduzione degli arrivi nella Ue del 97%”.

L’accordo stabiliva infatti che le persone arrivate dopo il 20 Marzo 2016 fossero trattenute sulle isole e rinviate in Turchia, a meno di un risultato positivo alla richiesta di asilo. In cambio Ankara aveva ricevuto inizialmente 3 miliardi di euro, mentre altri 3 miliardi di euro sono stati sbloccati proprio il 15 marzo.

Se infatti è vero che il numero di arrivi è calato drammaticamente dalla firma dell’accordo non si è però fermato. Dal 1 gennaio 2018 sono 4.286 le persone arrivate sulle isole (rispetto alle 6.163 approdate in Italia), numeri che mettono ulteriore pressione sugli hotspot, dove al momento sono bloccate circa 13.400 persone mentre la capienza massima dovrebbe essere di 5.450 persone. Un sovraffollamento che costringe chi è fermo qui a vivere in condizioni disumane.

«Dal 1951 agli studenti di legge in tutto il mondo è stato insegnato che un rifugiato è “qualcuno che è stato costretto a fuggire dal suo Paese per persecuzioni, guerre o violenza (con) un fondato timore di essere a rischio persecuzione”», ha spiegato al sito di approfondimento Refugees Deeply Dimitris Christopoulos, a capo dell’International Federation for Human Rights, «A due anni dall’accordo Europa-Turchia, gli studenti di legge si devono confrontare con una nuova definizione: se i rifugiati si fermassero vicino alla loro casa in fiamme, non possono più essere considerati rifugiati. Non si pensa più che siano in un pericolo immediato, sono considerato come in un “terzo Paese sicuro”. Il principio di non respingimento non conta più. I rifugiati devono rimanere dove sono».

Secondo Christopoulos infatti l’accordo rappresenta un precedente molto rischioso per il diritto umanitario: «Se l’accordo Europa-Turchia continua, la Convenzione sui Rifugiati sarà ridotta a lettera morta, svuotata del suo scopo originale. Uno dei più importanti risultati del ventesimo secolo a rischio perché 1 milione di rifugiato hanno raggiunto il nord Europa e altri vorrebbero farlo», continua Christopoulos. «Siamo onesti. Ciò che stiamo facendo è pagare i poveri perché trattengano i più poveri. La Turchia terrà i siriani e per chi riesce ad attraversare l’Egeo, allora sarà la Grecia a finire il lavoro. Le persone dell’Africa Sub-Sahariana non riusciranno ad andare oltre il Nord Africa. La schiavitù in Libia è cinicamente vista come un danno collaterale fino a quando comunque i libici riusciranno a fermare i migranti. Le persone della Tanzania si fermeranno in Kenya e i Rohingya in Bangladesh. È un effetto domino infernale». E secondo Christopoulos. «Ciò che è importante è che l’Europa non riceva più rifugiati. La narrativa mainstream rende le cose molto semplici. Se arrivassero più rifugiati allora l’estrema destra crescerebbe. Ma se rifiutiamo ai perseguitati il diritto di bussare alle porte d’Europa, (e questo è ciò che l’accordo Europa-Turchia fa), perché abbiamo paura che arriveranno i fascisti, allora semplicemente diventiamo la belva contro cui teoricamente dovremmo combattere», continua Christopoulos. «Finiamo per dire esattamente le cose in cui la destra crede fermamente. E loro sono più convincenti, più originali e più appassionati della burocrazia europea. Questo, non quello dei rifugiati, è il vero problema con cui si confronta l’Europa».

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