Il caso

Migranti in Albania, Miraglia (Arci): «Governare non è comandare»

Sulla vicenda dei migranti trasferiti, il responsabile immigrazione di Arci: «Stiamo riflettendo su una serie di iniziative in Italia. Continureno a monitorare il centro in Albania con altre missioni»

di Alessio Nisi

Blindare il protocollo per il trasferimento dei migranti in Albania affidandolo all’efficacia di un decreto legge, anziché ad un decreto interministeriale, definendo ex lege quali sono i “paesi sicuri”. Dopo l’esplosione del caso del trasferimento dei migranti in Albania, con il no del Tribunale di Roma, il Governo prova ad alzare il livello dello scontro. Ma anche un decreto legge non avrebbe la forza sufficiente. Ci sono le norme di diritto internazionale e quelle della Costituzione. Non solo. Quello che si prefigura come l’ennesimo scontro tra esecutivo e magistratura, si gioca sulla pelle dei migranti e su quel centro in Albania, costruito in uno spazio opaco, già visitato da una delegazione di politici, associazioni, mediatori e giornalisti.

C’era anche Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci, coordinatore del Tavolo asilo e immigrazione, che sul tema annuncia una mobilitazione in Italia. «Ci stiamo lavorando in queste ore». E non esclude altre missioni nel centro in Albania. «Abbiamo potuto parlare con le persone detenute», racconta Miraglia a proposito dell’ultima missione, «ed è emerso che molte persone hanno trascorso un tempo lunghissimo nei lager libici, dove sono state torturate e dove hanno subito violenze».

Sull’operazione pesa un tema di legittimità in generale. Ci sono persone di fatto rinchiuse senza mai aver commesso nessun reato

Filippo Miraglia – responsabile immigrazione di Arci

Zona extraterritoriale

Anche sulla legislazione da applicare al centro non mancano i dubbi. «È una zona extraterritoriale su cui ha giurisprudenza l’Italia, ma», sottolinea, «in maniera veramente illegittima dal nostro punto di vista. Loro sostengono che si applichi il diritto europeo, ma siamo in un’area geografica al di fuori dell’Unione europea».

Incontrare soggetti indipendenti

L’intenzione è, «nel caso in cui il governo continui, come ha dichiarato, a trasferire le persone in Albania, continuare (già abbiamo la disponibilità dei parlamentari) a monitorare e ad essere presenti». L’obiettivo è «dare la possibilità a queste persone di parlare con un soggetti indipendenti che hanno a cuore la tutela dei loro diritti». Perché un altro dei temi emersi in questa vicenda è anche che commissione di Roma ha eseguito sugli emigranti. «Un’analisi frettolosa», sostiene Miraglia.

Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci

L’ordinanza del Tribunale di Roma

Venerdì la sezione immigrazione del tribunale di Roma aveva disposto il rientro dei migranti in Italia. Si legge nell’ordinanza: «Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture e aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all’impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera».

La decisione, hanno spiegato dal tribunale, è stata presa «in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa Amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della Corte di Giustizia europea del 4 ottobre 2024».

Intervento corretto

«Il Governo», spiega sempre Miraglia a proposito dello scontro tra poteri «sta puntando da un lato a delegittimare la magistratura, correttamente intervenuta su questa vicenda, e la giustizia europea». Miraglia ricorda infatti che «l’intervento della magistratura di Roma è conseguente ad a una sentenza dalla Corte di Giustizia Europea del 4 ottobre scorso».

La magistratura, spiega, interviene «laddove la scelta del paese sicuro da parte di un governo contrasta con i principi del diritto internazionale. La Corte di Giustizia Europea», aggiunge, «ha detto che non si può considerare poi un paese sicuro se è solo parzialmente sicuro o se la sicurezza riguarda solo una parte dei cittadini».

In apertura l’ingresso nel porto di Bari la motovedetta della Guardia Costiera italiana con a bordo i 12 migranti provenienti dal centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader per i quali è stato disposto il rientro in Italia dopo che il tribunale di Roma non ha convalidato il loro trattenimento all’interno del centro. Lapresse/Nino Ratiani

Nel testo foto dell’ufficio stampa Arci

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