Formazione

Migranti, il ministro Piantedosi studi quello che di buono fa il Viminale

In Italia c'è un sistema virtuoso di accoglienza delle persone migranti: si chiama Sai, Sistema accoglienza integrazione ed è promosso dalla Associazione nazionale comuni italiani-Anci e dal Ministero dell’Interno. Un progetto attivato dai comuni e gestito con il terzo settore. Nei piccoli comuni del Welcome, come in tante altri comuni italiani, funziona perfettamente. Ma non si vuole dire. Perché?

di Gabriella Debora Giorgione

Ad accogliere Marvellous con i suoi due gemelli Mary e Michael c’era tutta la comunità di San Salvatore di Fitalia, piccolo comune sui Nebrodi messinesi: il sindaco, alcuni amministratori, il parroco, i vigili urbani, i carabinieri, la maestra della scuola che i piccoli frequenteranno, la coordinatrice e gli operatori del progetto Sai, l’interprete che volontariamente si è offerto per aiutare nel momento dell’arrivo della famiglia monoparentale di nazionalità nigeriana. Il più sorridente di tutti era il sindaco Giuseppe Pizzolante (nella foto di copertina) che non ha smesso un minuto di giocare con i due bambini e rassicurare la loro mamma.
È il ritratto di quello che quasi quotidianamente avviene nei Piccoli Comuni del Welcome, cinquantacinque comuni italiani che dal 2017 hanno fatto una scelta politica, prima che umana: essere accoglienti con chi arriva e con chi c’è perché la migrazione è una freccia a doppia punta, in entrata ma anche in uscita. Quello che la Rete del Welcome ha capito, e anche attivato, è un sistema in cui l’accoglienza non resta fine a sé stessa, ma innesca una “economia delle relazioni” che rende possibile alle piccole comunità recuperare il senso pieno della parola “accoglienza” che fa rima con coesione sociale, ripopolamento, riapertura di case e aule scolastiche, vicoli che risuonano di voci, undici cooperative di comunità nate in altrettanti comuni e formate da ragazzi autoctoni e giovani migranti che hanno concluso il percorso nei Sai.

Ma non succede solo nei piccoli comuni del Welcome: «Oggi Biagia, torrese doc, ringrazia le persone migranti arrivate nel nostro territorio perché grazie alla riapertura del Centro provinciale per l'istruzione degli adulti-Cpia è riuscita a prendere la licenzia media». Chi parla è Marco Cogno, sindaco di Torre Pellice, provincia di Torino, un piccolo comune del profondo Nord italiano che si è aperto all’accoglienza del Sistema Accoglienza Integrazione-Sai promosso dalla Associazione Nazionale Comuni Italiani-Anci e dal Ministero dell’Interno.
​Si chiama “accoglienza diffusa” perché proporziona le persone ospitate in base al numero di abitanti del Comune che è il titolare del progetto attuato insieme ad un Ente del terzo settore. È un sistema che in tre anni (quanto dura, di norma, un progetto Sai) rende possibile una perfetta integrazione tra chi arriva e chi c’è.
Si inizia con un formale “patto di accoglienza” – firmato dalla persona migrante e dal sindaco – e si continua con corsi di lingua italiana, tirocini formativi e di lavoro, integrazione a scuola per i più piccoli, educazione alle regole e alle norme italiane, percorsi di relazione profonda con la comunità che accoglie.
«Grazie al fatto che gestiamo noi sindaci l’accoglienza, e lo facciamo con persone di nostra fiducia e che hanno una gestione non economica ma umana dell’immigrazione, abbiamo messo a sistema anche tutto il terzo settore. Oggi i nostri cittadini del Sai fanno tirocini in biblioteca o rimettono a posto i sentieri partigiani. Dall’avvio del Sai abbiamo fatto oltre 95 inserimenti lavorativi», conferma il sindaco Cogno.


Quindi, c’è un altro elemento positivo: la co-progettazione, tra Ente pubblico e privato sociale. Nel caso del Welcome, la Rete “Sale della Terra”, per Torre Pellice la Diaconia valdese: in entrambi i casi un esito positivo della collaborazione sancita anche dalla Corte costituzionale come modello virtuoso di presa in carico delle comunità.
L’accoglienza innesca anche un altro risultato positivo: per chi lotta contro lo spopolamento, infatti, l’arrivo soprattutto di nuove famiglie giovani, spesso anche con bambini, è un respiro di sollievo. A Castelpoto in tutto sono arrivati dieci bambini, a Petruro Irpino altrettanti e una famiglia siriana ha anche acquistato l'immobile dove adesso vive stabilmente. Ossigeno puro, se si pensa ai tanti comuni come Anacapri dove ieri è nata una bambina dopo trent'anni di culle vuote.
«Nel contesto sfavorevole del 2017 – ci dice Vito Fusco, sindaco di Castelpoto, provincia di Benevento – noi abbiamo avuto il coraggio di andare contro corrente, aderendo al modello Sai (prima SPRAR, ndr). Posso dire che a distanza di cinque anni è stata una scelta sicuramente vincente perché è stato un progetto che è diventato una “buona pratica” e ha funzionato sotto tanti i punti di vista», ammette Fusco, che ascolteremo nella diretta che Anna Spena condurrà alle ore 15.00 del 14 aprile 2023 dal canale Instagram di VITA.

Intorno al Sai si è poi costruito, a Castelpoto come in altri piccoli comuni, in particolare in quelli della Rete del Welcome, un bel gruppo di lavoro di professionalità autoctone formato da giovani che grazie al lavoro nel progetto non sono emigrati.
Perché c’è molta, forse troppa, narrazione sui presunti “numeri ingestibili” di persone migranti che arrivano in Italia, ma pochi parlano del vero “fenomeno migratorio” preoccupante, che è quello in uscita e che sta spopolando i nostri territori, condannandoli ad un lento spegnimento. Chiudersi, dunque, non è la soluzione. L’accoglienza diffusa sta dimostrando che l’unica soluzione possibile è la gestione corretta dell’accoglienza, fatta di numeri adeguati, persone prese in carico da équipe con idonee professionalità.
Perché non raccontarlo? Perché per primo il ministro dell’Interno Piantedosi, che è il titolare di un Sistema di accoglienza che l’Europa ci invidia, non mette l’accento sul “si può fare” dell’accoglienza italiana?

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