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Migranti, e il Vaticano vorrebbe arginare monsignor Marchetto…di Lucio Brunelli
di Redazione
Il “ministero dell’immigrazione” della Santa Sede, di cui è segretario monsignor Agostino Marchetto, riacquista l’autonomia perduta due anni fa. Il 12 marzo 2006, infatti, Benedetto XVI aveva deciso di accorpare il Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti a quello per la Gustizia e la Pace, sotto la direzione del cardinale Renato Martino. La decisione era stata accompagnata da un altro accorpamento: il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso diventava una costola del Pontificio Consiglio per la cultura. Sembrava solo l’inizio di una riforma più ampia della Curia romana, nel senso di una sua drastica semplificazione. Due anni dopo, invece, si è tornati allo status quo precedente. L’organismo deputato al dialogo con le altre religioni aveva già riconquistato la sua indipendenza il 25 giugno 2007, dopo la bufera provocata nei rapporti con i musulmani dal discorso di Ratisbona, e la sua guida venne affidata al cardinale Jean-Louis Tauran. Adesso stessa sorte tocca al ministero vaticano dell’immigrazione.
Due le letture possibili della decisione papale. Da una parte, un rafforzamento istituzionale dell’organismo, considerata l’importanza che il tema dell’immigrazione ha assunto nella Chiesa e nella società. Dall’altra, l’intenzione, forse, di arginare la controversa loquacità anti governativa di monsignor Marchetto. A capo del Pontificio Consiglio è stato nominato infatti monsignor Antonio Maria Vegliò, marchigiano, già segretario della Congregazione per le Chiese orientali: uomo che viene dal servizio diplomatico, poco incline alle esternazioni mediatiche.
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