Ieri l’ennesima strage nel Mediterraneo, sulla rotta che porta dalla Libia sotto attacco all’isola di Lampedusa. E ancora un giallo su quella che sembra essere l’ennesima omissione di soccorso delle navi da guerra della Nato. Le vittime sarebbero decine, alcuni testimoni parlano addirittura di cento persone. Si trovavano a bordo di un vecchio peschereccio di 20 metri partito venerdì scorso dalla Libia con 300 passeggeri a bordo che da due giorni vagava 90 miglia a sud di Lampedusa, con il motore in avaria. Il racconto dei superstiti è ancora al vaglio degli investigatori. I passeggeri sarebbero morti di stenti e disidratazione. Le vittime sono soprattutto donne e bambini. I loro corpi sono stati abbandonati in mare.
L’esercizio della nostra politica e di quella europea è la gara a contare quanti ne sbarcano, pronti a gridare all’invasore. Il massimo dell’ipocrisia se si pensa che i nostri aerei e quelli di altri Paesi europei continuano a vomitare bombe sul terreno libico. Ma quanti sono quelli che non sono arrivati? Muoiono giorno dopo giorno. Anno dopo anno. E i loro corpi finiscono sepolti dal mare di silenzio e nell’oblio delle coscienze, seppelliti in fondo al cimitero Mediterraneo. Da anni Fortress Europe cerca di documentare questa strage. I numeri parlano da soli. Anch’io, piuttosto degli arrivi preferisco contare i morti. Un dato di realtà quanto gli arrivi e quanto le guerre.
Dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell’Europa almeno 18.000 persone sono morte nella fuga dall’Africa verso l’Europa. Di cui 2.031 soltanto dall’inizio del 2011. Il dato è aggiornato ad oggi e si basa sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi 23 anni. Il dato reale potrebbe essere molto più grande. Nessuno sa quanti siano i naufragi di cui non abbiamo mai avuto notizia. Lo sanno soltanto le famiglie dei dispersi, che dal Marocco allo Sri Lanka, si chiedono da anni che fine abbiano fatto i loro figli partiti un bel giorno per l’Europa e mai più tornati.
Tra i pochi commenti degni oggi, quello di Pietro Barcellona (leggetelo per favore) su ilsussidiario.net: «Quei venticinque morti sono i testimoni terribili di una indifferenza globale verso tutti i naufraghi che il mondo dei ricchi abbandona alla deriva lungo il suo tumultuoso processo di lotta per difendere privilegi e poteri, benessere e lusso fatto di sprechi e soprusi. È uno dei tanti episodi dell’asfissia della speranza che i nuovi mendicanti del mondo portano sulle carrette in partenza dalla costa africana verso le spiagge italiane».
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