Una Roma squallida e un’Africa da sogno fanno da sfondo alle due vite parallele di Billo, emigrato senegalese, protagonista dell’omonimo film di Laura Muscardin, sostenuto anche da Arci, Acgi e Cospe. Una grande favola che si snoda tra due mondi e due culture, per un’opera che la critica ha definito «la prima commedia epica sull’immigrazione».
C’è del buonismo?
Un po’ sì. D’altronde la storia è una favola, con i buoni e i cattivi, i bianchi e i neri, il presente e il passato, l’Africa e l’Italia. Due realtà sempre opposte, che non si incontrano.
L’immigrazione non è un tema abusato?
È attuale, se ne parla molto. Però non è abusato, è usato male. Questa è una storia vera, con sentimenti veri e problemi veri. E senza le solite ipocrisie da talk show.
Le grandi case cinematografiche non vi hanno sostenuto…
No, infatti abbiamo prodotto il film tutti insieme, attori e cast. Le major hanno bisogno della sicurezza del risultato. Ma non è solo una questione di soldi; parlare di immigrati è scomodo per tanti motivi.
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