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Immigrazione

Migranti, accordo Ue sulla gestione della crisi: facciamo chiarezza

«Questo non è un testo approvato, ma solo il testo adottato dal Consiglio Europeo che dovrà andare alla discussione con il co-legislatore dell'Unione, ovvero il Parlamento europeo», spiega Gianfranco Schiavone dell’associazione Studi Giuridici sull’immigrazione. «Pur volendolo presentare a tutti i costi come “una grande vittoria italiana”, nell'annuncio che è stato fatto ai media c'è tanta propaganda senza contenuto»

di Anna Spena

È un tassello cruciale del Pact on Migration (una riforma della politica migratoria comunitaria), l’accordo sul regolamento sulla gestione delle crisi migratorie è stato raggiunto ieri dal Consiglio europeo. Intesa precedentemente bloccata dopo il mancato punto di incontro tra Germania e Italia che ha riguardato il ruolo delle ong (il governo italiano le considera un pull factor, mentre la Germania ha contestato questa rappresentazione perché considera le navi che supportano imbarcazioni in distress indispensabili per salvare vite umane in mare). 

Ieri, nel pomeriggio del quattro ottobre, l’accordo invece è arrivato. Repubblica Ceca, Austria e Slovacchia si sono astenute. Ungheria e Polonia hanno confermato le loro posizioni contrarie all’accordo. Palazzo Chigi parla di “una linea italiana” e quindi di un successo italiano. Ma una premessa è d’obbligo: «Questo testo votato dal consiglio europeo», spiega Gianfranco Schiavone dell’associazione Studi Giuridici sull’immigrazione – Asgi, «dovrà andare a co-legiferare insieme al Parlamento europeo. Quindi non è un testo approvato, ma solo una proposta di testo». «Sottolineo», aggiunge Schiavone, «che pur volendolo presentare a tutti i costi come “una grande vittoria italiana”, l’accordo è di fatto pura propaganda senza contenuto».

Che cos’è l’accordo e cosa dice

L’accordo è un testo che mescola, inserendoli in un’unica proposta, due testi che in origine afferivano a due proposte di regolamento diverso; una sulle situazioni di crisi e l’altra sulla cosiddetta strumentalizzazione dei migranti, definendo un pacchetto di misure ad hoc in caso ricorrano queste due situazioni, come si vede, sono concettualmente molto diverse. «Così com’è stato pensato», spiega Schiavone, «è un testo mal fatto e per nulla utile». 

Perché?

«Il testo», dice Schiavone, «da un lato intende regolamentare “situazioni eccezionali di crisi, intese come “una situazione di eccezionale afflusso massiccio di cittadini di Paesi terzi, dall’altro per fronteggiare una “situazione di strumentalizzazione in cui un Paese terzo (….) incoraggia o facilita il movimento (…) verso le frontiere esterne” dell’Unione Europea con l’obiettivo di “destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”. Lo scopo principale della proposta di Regolamento è poter applicare procedure accelerate alle frontiere per l’esame delle domande di asilo con possibilità di trattenere il maggior numero possibile di richiedenti asilo».

«Se adottato», come ha sottolineato Amnesty International, «questo Regolamento di crisi normalizzerà ulteriormente l’uso di misure d’emergenza per fronteggiare gli arrivi in Europa. Ciò indebolirebbe la coerenza del sistema europeo d’asilo, senza evitare la comparsa di situazioni di “crisi” in futuro».

La solidarietà

Un altro punto fondamentale dell’accordo riguarda i meccanismi di solidarietà tra i Paesi. Uno Stato in difficoltà può chiedere contributi agli altri stati membri. I contributi possono riguardare: contributi finanziari, la ricollocazione dei richiedenti asilo in un Paese diverso da quello di approdo e la responsabilità di esaminare, da parte di uno Stato membro, le domande di asilo per supportare il Paese in difficoltà. Ma: «Quante quote? Quindi di che cifre parliamo? Di quanti richiedenti asilo parliamo?», spiega Schiavone. «L’accordo non lo dice. E anzi rimanda alla riforma del Regolamento Dublino, il dossier più caldo che è ancora aperto. La verità è che questi testi sono uno intrecciato all’altro, e quindi non è possibile valutarli singolarmente. Se preverrà la linea fino ad ora seguita ovvero che le ricollocazioni dei richiedenti asilo sono una misura opzionale che può essere sempre evitata attraverso il sostegno finanziario ai Paesi che hanno situazioni di crisi, l’effetto di questo nuovo regolamento, se approvato, sarà molto modesto». 

ll soccorso in mare

«Tutto questo non ha nulla a che fare con l’obbligo del soccorso in mare», dichiara Schiavone. «È sbagliato diffondere la notizia che si affievoliscono gli obblighi di soccorso. Quelli restano, sempre. Il Governo italiano continua a vendere fumo e continua a dire che questo è il regolamento attraverso cui l’Italia verrà sostenuta dagli altri Stati membri ad affrontare la crisi. Attenzione che le crisi di cui si parla devono essere vere, non annunciate».

Ma l’Italia si può definire un Paese in crisi sulla gestione del fenomeno migratorio?

Il regolamento non spiega quali sono i fattori, e i numeri soprattutto, che definiscono la crisi. «Il testo parla», dice Schiavone, «di un afflusso eccezionale e massiccio. Ma il dato che definisce l’afflusso si calcola considerando tre variabili: popolazione, prodotto interno lordo e specificità geografiche tali da non rendere più funzionante il sistema di accoglienza. Ciò significa che la situazione di crisi sarà diversa da Paese a Paese. Ma chi si occuperà di fare queste valutazioni? Ora l’Italia ritiene di essere in crisi, ma non è così. Certo nel 2023 l’aumento degli arrivi è stato considerevole, ma nulla di eccezionale tenuto conto i tre fattori che citavo prima. E sottolineiamo che l’Italia ha un numero di richiedenti asilo in linea con la media europea. Nessuna emergenza di alcun tipo, dunque».

Photo © Avalon/Sintesi




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