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Migranti, a Milano la soluzione c’è…

Exodus e Fondazione Progetto Arca trovano insieme una soluzione per far fronte all'emergenza accoglienza migranti. Gli spazi dell'ex dopolavoro ferroviario possono accoglierli tutti. «Noi finanziamo i lavori di ristrutturazione, ma l'utilizzo della struttura deve essere in comodato d'uso gratuito». Intervista a Franco Taverna coordinatore nazionale di Exodus

di Anna Spena

Uno spazio grande, in disuso da anni, quello dell'ex dopolavoro ferroviario della Stazione Centrale di Milano che potrebbe diventare il prossimo "polo sociale" del comune. Quasi 500 metri quadri per far fronte alle richieste dei più bisognosi, dai migranti agli homeless. L'idea è di Exodus e Fondazione Progetto Arca che sono disposti a trovare i soldi per la ristrutturazione dello stabile.

Visto che giusto ieri l'assessore Majorino ha dichiarato di non aver speso un centesimo di risorse del Comune per l'emergenza migranti, si spera che contribuisca a dar gambe a questa idea

Il Comune non ha mai impiegato risorse proprie, ma esclusivamente dello Stato
in tutta la vicenda dell'emergenza profughi.

Pierfrancesco Majorino il 9/6/15

Vita.it parla del progetto con Franco Taverna, coordinatore nazionale di Exodus, che spiega i tempi, le dinamiche e l'importanza di un progetto di questa portata per il comune di Milano.

Com'è nata l'idea di lavorare con Fondazione Progetto Arca per la creazione di questo nuovo polo sociale nei pressi della Stazione Centrale?

Noi di Exodus abbiamo sempre lavorato molto in sintonia con Progetto Fondazione Arca. Nel tempo i nostri lavori sono diventati complementari: al lavoro di carattere assistenziale si è unito il lavoro di accompagnamento.

Quando avete capito che la struttura dell'ex dopo lavoro della Stazione Centrale si configura come il luogo adatto per implementare progetti di accoglienza?

Noi già 1989 abbiamo cominciato a fare degli interventi lì. Quello è il punto di arrivo e anche di concentrazione più alta di tutte le possibili problematiche sociali.

Quanto è grande la struttura? E quanto tempo ci vorrà prima di ultimare i lavori di ristrutturazione?

L'ho visitata un paio di mesi fa, è molto grande. Sono 500 metri quadri circa. L'intervento deve essere suddiviso nel tempo.

È vero che saranno a carico vostro le spese di ristrutturazione?

Sì. Però le istituzioni, e mi riferisco con istituzioni anche alle Ferrovie dello Stato, devono rendersi conto che il privato sociale e il volontariato non possono intervenire su una drammatica emergenza sociale con una trattativa analoga a quella di un ente privato che potrebbe rifarsi conle valorizzazioni dell'immobile. Devono capire che il servizio che svolgiamo in molti casi serve come una sostituzione a quello che dovrebbe essere l'impegno diretto dello Stato.

Quindi nessuna contrattazione?

Assolutamente no. Non è pensabile che ci sia una contrattazione paragonabile all'affitto di un negozio. L'abbiamo detto ieri con parole chiare alle Ferrovie dello Stato che siamo ben disponibili a trovare i soldi per la ristrutturazione ma non siamo disponibili per un contratto d'affitto. Neanche per un contratto simbolico; deve essere chiaro che questo è un servizio con una destinazione sociale. L'utilizzo della struttura deve essere un comodato d'uso gratuito e finalizzato.

Avete già fatto la vostra proposta alle Ferrovie dello Stato?

Si. Hanno detto che ci penseranno.

Quanto è importante poter realizzare questo progetto?

Molto. In questo momento i migranti vanno a gravitare su quello che è il luogo di vita della stazione: i binari; i negozi; le biglietterie. Questa cosa non va bene per loro e neanche per i viaggiatori. Serve necessariamente un ambiente più adatto.

L'idea è di creare un luogo di primissima accoglienza. Un luogo dove poter dire "qua puoi andare a dormire, qua invece a consumare un pasto".

Parliamo di migranti perché in questo particolare momento l'emergenza ci riporta a loro…

Giusto. Ma ovviamente nel nostro progetto questo deve diventare un polo sociale permanente; un polo che accolga persone bisognose. Un comune come quello di Milano e una regione come la Lombardia non può affrontare queste emergenze con superficialità e pressapochismo. Ci serve pianificazione e lavoro di persone competenti.

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