Welfare

Migranti, 82.100 le persone nei servizi di accoglienza italiani: numero dimezzato rispetto al 2017

L'Europa e l'Italia accolgono sempre meno. L'analisi è del quarto rapporto pubblicato da Fondazione Migrantes “Il Diritto d’asilo – Report 2020. Costretti a fuggire… ancora respinti” sulla situazione di richiedi asilo e rifugiati. Il rapporto fra popolazione in situazione di sradicamento forzato (79,5 milioni di persone fra rifugiati all’estero, sfollati interni e richiedenti asilo oltre a 3,6 milioni di venezuelani dispersi all’estero senza status) e popolazione globale a fine 2019 è pari a un abitante del mondo su 100. Nel 2010 si trattava “solo” di 1 su 159

di Redazione

La crisi causata dalla pandemia di Covid-19 ha ridimensionato tante altre emergenze umanitarie che affliggono milioni di persone, relegando iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane, in fondo alle agende politiche nazionali. Ma non è questo il tempo della dimenticanza…”, ha ricordato lo scorso settembre Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

I dati raccolti dal quarto Rapporto di Fondazione MigrantesIl Diritto d’asilo – Report 2020. Costretti a fuggire… ancora respinti” su richiedi asilo e rifugiati, lo confermano.

«In questi mesi», dice il Mons. Guerino Di Tora, «in cui tutti abbiamo dovuto rinunciare a persone care, spostamenti ed abitudini consolidate stiamo anche avendo la possibilità preziosa di recuperare quel senso di precarietà e vulnerabilità che ci potrebbe rendere più facile capire cosa vuol dire “perdere il proprio mondo” dall’oggi al domani, perdere la capacità di fare piani e non essere più certi di quasi nulla. Le persone di cui cerchiamo di rendere la realtà in questo volume cioè le persone in fuga, in cerca di protezione si confrontano con queste difficoltà e molte altre per le guerre, le violenze, le violazione dei diritti, gli stupri, le difficoltà di superare confini e barriere stabilite da altri uomini sul loro cammino alla ricerca di pace e di qualche possibilità di una vita degna»

«Non vogliamo vedere sempre più l’Unione Europe a l’Italia come una sorta di fortezza che si deve proteggere da chi è stato più sfortunato ed è nato in un paese diverso, ma vogliamo che questo continente e questo paese siano abitati da persone che testimonino concretamente, con politiche e pratiche, i valori che sono fondamentali, ad esempio la fratellanza come ci ha appena ricordato nella sua ultima enciclica papa Francesco».

C’è una domanda globale di protezione in crescita per guerre, crisi, violazioni dei diritti, disuguaglianze economiche, mancato accesso al cibo o all’acqua, land grabbing, desertificazione, disastri ambientali e attacchi terroristici che trova sempre meno risposte nell’Unione Europea e in Italia.

La situazione dei migranti che giungono in Europa via mare attraverso il Mediterraneo centrale e le risposte di alcuni governi dell’UE nel 2020 hanno messo in evidenza come la pandemia di Covid19, una dura prova per tanti Paesi, abbia fornito allo stesso tempo anche i pretesti per una serie di misure “difensive”.

In un anno, solo uno su 140 tra i migranti in Libia raggiunge l’Europa via mare, e solo due su 140 sono respinti. Gli altri 137 al mare nemmeno arrivano. Nei centri di detenzione “governativi” sono trattenuti altri due migranti su 140. Tutti gli altri sono in balia di un’impunità diffusa che li assoggetta a lavoro forzato non retribuito.

Il rapporto fra popolazione in situazione di sradicamento forzato (79,5 milioni di persone fra rifugiati all’estero, sfollati interni e richiedenti asilo oltre a 3,6 milioni di venezuelani dispersi all’estero senza status) e popolazione globale a fine 2019 è pari a un abitante del mondo su 100. Nel 2010 si trattava “solo” di 1 su 159. L’85% dei rifugiati e dei venezuelani dispersi all’estero si trovano nei Paesi “in via di sviluppo”.

Sfollati interni, fra conflitti e violenze, disastri e climate change: 50,8 milioni è il totale delle persone nella condizione di sfollati interni nel mondo a fine 2019. 45,7 milioni per conflitti o violenze (il peggior dato di sempre) e 5,1 per disastri ambientali (è la prima volta che questa stima è disponibile).

Sono circa 72.500, secondo dati provvisori, gli attraversamenti “irregolari” di migranti e rifugiati registrati alle frontiere esterne dell’Unione Europea fra gennaio e settembre 2020: – 21% rispetto allo stesso periodo 2019. Fra le “rotte” d’ingresso principali sono in aumento solo quella del Mediterraneo centrale e quella dei Balcani occidentali, sia pure con cifre incomparabilmente inferiori rispetto al 2015 dell’“emergenza migranti” europea. Negli ultimi mesi, tuttavia, nell’Atlantico si sono moltiplicati gli arrivi alle Canarie, territorio spagnolo. Sempre fra gennaio e settembre, le rotte migratorie mediterranee e interne all’Europa hanno contato almeno 672 morti/dispersi in mare e 76 in percorsi via terra.

Nel 2020, sulle richieste d’asilo nell’Unione Europea (196.620 mila quelle presentate per la prima volta fra gennaio e giugno, – 31% rispetto allo stesso periodo 2019) hanno pesato le restrizioni e i lockdown per la pandemia di Covid-19 in primavera.

Nel 2019 l’UE a 27 Paesi ha registrato 612.685 richiedenti asilo per la prima volta (+12% rispetto al 2018). Per numero assoluto l’Italia è quinta dopo Germania, Francia, Spagna e Grecia. Ma se si guarda ai richiedenti per milione di abitanti, con 580 per milione siamo sotto la media europea di 1.371 per milione.

Nel 2019 l’UE ha garantito protezione a 295.785 persone (status di rifugiato, protezione sussidiaria o umanitaria). Ma le percentuali di riconoscimento di uno dei 3 beneficiari sul totale dei richiedenti esaminati sono rimaste molto basse: il 38% in sede di “prima istanza” e il 31% in “istanza finale”. Il tasso di riconoscimento italiano in prima istanza, 20%, è sotto la media europea.

Negli ultimi cinque anni sono entrati irregolarmente nel territorio dell’UE circa 2 milioni di persone. Nello stesso periodo gli arrivi attraverso una forma di ammissione umanitaria sono stati circa 100 mila, solo il 5%. Ogni ingresso autorizzato per motivi umanitari è un atto di eccezione che riafferma la dignità dell’essere umano.

Ancora una volta, nonostante martellanti dichiarazioni politiche circa il “ritorno” di un’ondata di sbarchi “indiscriminati”, il 2020 è avviato a concludersi con un totale di arrivi in Italia di migranti e rifugiati via mare certamente in crescita rispetto al biennio 2018-2019 dei “porti chiusi” e della “guerra alle ONG”, ma comunque a livelli minimi rispetto agli anni precedenti: 23.720 gli arrivi nel nostro Paese a fine settembre 2020, contro i 132.043 nello stesso periodo del 2016 e i 105.417 del 2017.

La rotta del Mediterraneo centrale, cioè quella verso l’Italia e Malta (25.888 gli arrivi da gennaio a settembre 2020), continua ad essere la più pericolosa. Anche nel 2020, nelle acque del solo Mediterraneo centrale si è registrato il 70% di tutti i morti e dispersi stimabili per difetto nel “Mare nostrum”.

I richiedenti asilo in Italia nel 2020 sono ai minimi degli ultimi anni, anche per il lockdown per la “prima ondata” di Covid-19, che ha paralizzato per mesi anche le procedure d’asilo: al 30 settembre sono stati registrati circa 16.855 richiedenti (dato provvisorio), due terzi rispetto allo stesso periodo 2019.

Fra i 10 Paesi d’origine con il maggior numero di richiedenti asilo in Italia nel 2020, 4 hanno un “indice di pace” molto basso (3 casi) o basso (1 caso): sono cioè fra i Paesi più insicuri al mondo per guerre e conflitti esterni o interni, militarizzazione, criminalità e violenze. Si tratta di Pakistan, Nigeria, Venezuela e Somalia.

Fra gli esiti delle richieste d’asilo in Commissione territoriale, nel 2020 hanno fatto il loro “esordio” i numeri della protezione speciale introdotta dal primo “decreto sicurezza” (che ha abolito la protezione umanitaria). Numeri molto bassi: nel 2019 la protezione speciale è stata riconosciuta a 616 richiedenti, meno dell’1% di tutti quelli esaminati. E praticamente lo stesso è avvenuto nel 2020, con 204 concessioni (periodo gennaio- agosto).

Nei primi otto mesi del 2020 sono stati riconosciuti in Italia circa 5.900 benefici fra status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione speciale: ha ottenuto uno dei tre riconoscimenti appena un richiedente asilo su 5.

L’accoglienza ai tempi del Covid-19 – Malgrado tutte le difficoltà, il numero di casi positivi di coronavirus riscontrati nei centri d’accoglienza è stato basso. Focolai significativi sono scoppiati soprattutto in grandi CAS o in strutture per senza dimora, a conferma della necessità di riformare il sistema d’accoglienza a favore dell’accoglienza diffusa.

A fine settembre 2020 il totale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati nei servizi di accoglienza italiani, circa 82.100 persone, ha toccato il minimo dell’ultimo periodo: per trovare un valore più basso occorre risalire al 2014, subito prima della grande “emergenza migranti” europea del 2015. Rispetto al valore massimo di fine 2017 (quasi 184.000 persone), oggi l’accoglienza si è più che dimezzata.

Fra i “luoghi di accoglienza” nel 2020 si potrebbero anche inserire le discusse navi quarantena anti-Covid-19 per i migranti. Verso la fine di settembre erano già cinque, con oltre 2.200 migranti a bordo.

La situazione sulla rotta Balcanica è drammatica, un vero sistema di violenza nel cuore dell’Europa. Tutti i Paesi dell’area scoraggiano, di fatto, ogni forma di insediamento dei rifugiati. Nella regione si sono diffuse massicce prassi di respingimento dai Paesi UE verso quelli non UE, attuate in modo violento e ricorrendo a procedure interamente extra legem. In particolare, la “catena” delle cosiddette “riammissioni” che coinvolge da tempo Slovenia e Croazia ha l’obiettivo di impedire ai richiedenti asilo l’accesso al territorio dell’UE. A questa “catena”, purtroppo si è aggiunta dalla primavera 2020 anche l’Italia.

La rotta balcanica nello snodo della Bosnia – Il “gioco”, “the game”, come viene chiamato l’attraversamento del confine tra Bosnia e Croazia, è l’obiettivo dei migranti che attraversano la Bosnia. Le situazioni di maggiore difficoltà si vivono al confine, nelle città di Bihać e Velika Kladuša.

Sulla “rotta” del Mediterraneo orientale invece si registrano quest’anno due dati preoccupanti: le vittime in mare, che a fine settembre hanno già superato quelle registrate in tutto il 2019: 91 fra morti e dispersi contro 71; e i respingimenti illegali in mare attuati dalle forze dell’ordine greche: circa 1.100 i casi denunciati in un’ampia inchiesta indipendente, mentre il fenomeno trova conferme anche da altre fonti.

La Grecia, Paese a cui l’UE dal 2016 ha assegnato il ruolo di “contenitore” di migranti, è stata nel 2019 uno degli Stati membri con la maggiore incidenza di richiedenti asilo rispetto agli abitanti (6.985 per milione), trovandosi nel 2019 in terza posizione assoluta.

Gli attraversamenti delle frontiere esterne dell’UE dai Paesi dei “Balcani occidentali” nel 2020 sono in aumento rispetto al 2019: 13.345 gli arrivi nei primi otto mesi dell’anno. Ma il dato rimane comunque molto inferiore a quelli registrati nel 2015, l’anno della grande “emergenza migranti”, e nel 2016.


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