Non profit

Microcredito, porte aperte al non profit

Importanti novità nel decreto sul credito al consumo

di Benedetta Verrini

Il non profit entra da protagonista nella definizione e nella disciplina del microcredito italiano. Grazie al via libera ? il 30 luglio scorso – del decreto legislativo che riforma i contratti di credito ai consumatori, anche i soggetti senza fini di lucro potranno occuparsi di questo straordinario strumento di coesione sociale, su cui le fondazioni stanno incrementando l’attenzione e gli investimenti. Vediamo quale scenario apre questa novità legislativa.È ormai questione di giorni per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo di attuazione della direttiva europea 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori. La corposa riforma va a modificare il Titolo VI del Testo unico bancario (dlg 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. E, soprattutto, affida ai soggetti senza fini di lucro la possibilità di realizzare il microcredito sul territorio. L’art.1 11 è intitolato «Microcredito» e stabilisce che i soggetti senza fini di lucro (in possesso di requisiti di onorabilità e altre caratteristiche fissate da successivi decreti) potranno essere iscritti in una sezione speciale dei soggetti erogatori e potranno concedere finanziamenti (massimo 25mila euro) a persone fisiche, società di persone o cooperative, «a condizione che i finanziamenti siano concessi a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato».
Gli ultimi due anni hanno dimostrato che non si tratta di un settore di esclusivo retaggio dei Paesi in via di sviluppo: anche in Italia dal 2008 ad oggi il microcredito è cresciuto del 500%, con un portafoglio di 12 milioni e 700mila euro (quello europeo è di 828 milioni di euro). Ne sono grandi promotrici le fondazioni di origine bancaria, sempre più impegnate a sostenere progetti in questo campo, convinte che il microcredito possa rappresentare una forte leva di inclusione e coesione sociale.
Per questo motivo è stata recentemente istituita all’interno dell’Acri una speciale Commissione per il microcredito. «Le fondazioni considerano il microcredito uno strumento particolarmente adatto per intervenire a favore di famiglie in difficoltà economica e lavoratori cassintegrati, per le donne in cerca di impiego, per gli immigrati con lavori precari, ma anche per i giovani che per completare gli studi o avviare la propria attività professionale hanno bisogno di prestiti d’onore», ha spiegato il presidente della Commissione, Luca Remmert, vicepresidente della Compagnia di San Paolo, che distingue due tipologie di microcredito: quello sociale, che interviene nell’ambito delle nuove povertà, e quello d’impresa, che favorisce lo sviluppo delle iniziative.
Tra i progetti in fase di sviluppo il più ambizioso è senz’altro quello avviato da Fondazione Cariplo, che sta tracciando, per dirla con le parole del suo presidente, Giuseppe Guzzetti, «una nuova frontiera: utilizzare i patrimoni in investimenti coerenti». Con il recente Fondo Microfinanza 1, i progetti di microcredito delle fondazioni mostrano una struttura “triangolare”. Ne sono coinvolti come protagonisti: enti intermedi, costituiti da Caritas diocesane, cooperative, comitati, associazioni, centri di ascolto, cui viene affidato prevalentemente un ruolo di antenne e di tutoraggio; banche, che erogano i finanziamenti; fondazioni, che intervengono prevalentemente tramite fondi di garanzia, ma anche per disegnare e favorire l’avvio dei servizi ancillari di tutoraggio e di assistenza svolti dagli enti intermedi.
L’introduzione di queste norme porterà fra l’altro maggiore chiarezza soprattutto per la salvaguardia dei beneficiari finali. Secondo l’European Microfinance Network, per il biennio 2008-2009 in Italia il tasso d’interesse medio dei microcrediti è stato del 3,7% contro il 5% della Francia e il 9% di Spagna e Irlanda.

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