Welfare
Microcredito? La ricetta vincente. Che grandi, i piccoli !
Nuova economia. Intervista a Giuseppe De Rita
L?Italia, una repubblica fondata sul microcredito. «Ci sono 5 milioni e mezzo di imprenditori che hanno iniziato la loro attività proprio grazie a piccoli prestiti, e l?Italia è economicamente cresciuta soprattutto grazie al microcredito». Se le piccole e medie imprese rappresentano la spina dorsale dell?economia nazionale, il microcredito ne è l?essenza.
Giuseppe De Rita è tornato a occuparsi a tempo pieno del Censis dopo aver diretto il Cnel. La sua attività di studioso dei fenomeni sociali ed economici gli permette di avere un quadro preciso e aggiornato sulle dinamiche economiche attuali e passate.
Vita: Solitamente quando si fa riferimento al microcredito si pensa a progetti in Paesi economicamente poveri, invece?
Giuseppe De Rita: Invece non è così, e lo dimostra il caso italiano. Lo sviluppo economico della piccola impresa del nostro Paese negli ultimi 40 anni è tutto giocato sull?esercizio delle funzioni creditizie non tradizionali. Sono tre i fattori che hanno consentito lo sviluppo di questo tessuto economico. Il primo è costituito dalla spinta dell?iniziativa individuale spesso motivata dall?egocentrismo e dall? egoismo del futuro imprenditore. Il secondo aspetto è invece legato alla famiglia: molte iniziative economiche sono nate grazie al sostegno familiare anche come garanzie per avere accesso al credito. Il terzo è riconducibile alla disponibilità di un parte del sistema creditizio e a leggi di incentivazione all?autoimprenditorialità. Ci sono alcuni provvedimenti degli anni 60 che hanno favorito su tutto il territorio nazionale il piccolo credito. Nel Mezzogiorno, la legge 44 e successivamente il prestito d?onore, che consente di ottenere fino a 25mila e 822 euro per avviare un?attività economica autonoma, hanno contribuito alla nascita di migliaia di imprese. Il microcredito è stato garantito prima da alcune leggi e successivamente da Sviluppo Italia nella persona di Carlo Borgomeo.
Vita: A proposito di Sviluppo Italia?
De Rita: No, di Sviluppo Italia non voglio parlare.
Vita: Allora riprendiamo da dove avevamo interrotto?
De Rita: A livello locale le Casse di risparmio tra gli anni 50 e gli anni 60 sono state delle banche centrali per le piccole iniziative. Sarebbe sufficiente fare un salto nel passato, agli anni 60 nelle zone intorno a Prato, seguirne per un po? le dinamiche economiche per capire l?importanza delle piccole banche. Pur commettendo alcuni errori erogando fondi senza fare una selezione rigida, le piccole banche hanno avuto una notevole forza propulsiva per lo sviluppo delle piccole imprese. Oggi, nonostante le Casse di risparmio siano state inglobate in grandi gruppi creditizi, i rapporti tra banche legate al territorio e gli imprenditori locali proseguono. E il posto delle Casse di risparmio è stato preso dal Credito cooperativo.
Vita: Qualche esempio di imprenditore di successo che è partito con un piccolo prestito?
De Rita: è emblematica la storia di Brunello Cucinelli, l?imprenditore umbro che produce cashmere colorato e che oggi ha un fatturato di oltre 36 milioni di euro e sta per quotarsi alla Borsa di New York. Lui stesso racconta che quando andò a chiedere, nel ?72, alla Cassa di risparmio locale un finanziamento di 3 milioni e 800mila lire, il direttore rispose che, pur non conoscendolo direttamente e sapendo poco della sua idea, gli avrebbe concesso il fido perché conosceva da tempo quel brav?uomo di suo padre e che questo per lui era un garanzia sufficiente.
Vita: Che ruolo ha il microcredito nella creazione di nuova occupazione?
De Rita: Concordo con Aldo Bonomi quando dice che non ci sono politiche attive del lavoro. Esistono il microcredito e nuove forme di occupazione come l?interinale e altre forme di flessibilità: questi sono gli strumenti che permettono di creare occupazione.
Vita: La piccola dimensione delle imprese le rende più permeabili a concetti come quelli della responsabilità sociale?
De Rita: La piccola impresa è frutto dell? individualismo, del narcisismo; l?imprenditore tuttofare è sottoposto a un livello continuo di stress che molto spesso viene riversato su chi collabora con lui. Premesso questo, in genere l?imprenditore che gestisce una piccola impresa accorda il minimo contrattuale salvo poi prevedere dei premi quando ha bisogno di aumentare la capacità produttiva in presenza di picchi di domanda. Allora è disponibile a elargire premi, tende a rendere il dipendente più partecipe alla vita societaria arrivando perfino a proporre una partecipazione diretta nel capitale. Quindi, nel tempo, il rapporto diventa sempre meno gerarchico e sempre più relazionale. L?attenzione nei confronti dei dipendenti è ancor più evidente in casi come quelli che si stanno verificando in Veneto dove gli stessi imprenditori fanno pressione sulle amministrazioni comunali per riuscire a ottenere degli alloggi da destinare ai lavoratori extracomunitari.
Vita: Che giudizio dà del Global compact, l?alleanza proposta da Kofi Annan alle imprese?
De Rita: Gli Stati nazionali hanno la tendenza a produrre diritto basandosi sull?effettività. Stabiliscono che c?è un diritto e poi operano per farlo rispettare e renderlo quindi effettivo. Questa effettività garantisce la certezza del diritto. Con la produzione di quello che viene definito nomos global (norme globali) i diritti dell?individuo diventano il vero fondamento di alcuni principi universali come ad esempio quelli contenuti nella Carta delle Nazioni Unite. Ma mentre il nomos degli Stati è applicabile, è certo, è effettivo, quello global rimane a livello di principio: un manifesto non dotato dei mezzi necessari per diventare poi effettivo. Il nomos global è intriso di umanitarismo ma le sue regole possono essere accette solo individualmente. Ora, anche i principi enunciati dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nelle indicazioni contenute nel Global compact, non possono essere imposti, sono indicazioni cui manca l?effettività. Eviterei di fare manifesti che rimangano tali perché in questo modo si alimentano speranze che possono trasformarsi in delusioni, le delusioni genera frustrazioni, le frustrazioni portano alle manifestazioni di piazza.
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