Gesuita, storico, antropologo francese, Michel de Certeau (1925-1986) è stato una delle figure di maggior rilievo nel panorama culturale contemporaneo. Nel 1969 Certeau pubblicò un importante lavoro, ora proposto per la prima volta in Italia dalle edizioni Vita e Pensiero: Lo straniero o l’unione nella differenza (pp. 210, euro 18). In questa pagina c’è una riflessione controcorrente sul ruolo dell’educatore.
La grandezza del suo ruolo rischia di trarre in inganno l’educatore. Dato che ha cura di anime, è tentato di credersi chiamato a portarne tutto il peso, a conoscerne tutto il mistero o a mobilitarne tutta l’attenzione, magari preoccupandosi e accusandosi di non riuscirci. Il padre vorrà essere una madre per i suoi figli; il professore prenderà il posto dei genitori; il consigliere spirituale farà il maestro o il padre. Ma con questo totalitarismo, disastroso per l’equilibrio psicologico di chi viene educato come per quello di chi educa, dimenticherebbe che il suo compito è modesto e la sua responsabilità limitata. Si prenderebbe per il buon Dio. (?) L’educatore non può dunque escludere, in nome di una cooperazione all’opera di Dio, la propria collaborazione con gli altri. Quello che gli ha insegnato la sua relazione con quanti educa devono insegnarglielo anche i suoi legami con altri educatori. (?) È questo il buon uso del pluralismo: rende solidali tra loro coloro che educano e coloro che vengono educati, senza che nessuno possa arrogarsi un privilegio che appartiene solo a Dio, ed esprime le loro differenze come necessarie le une alle altre.
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