Formazione

Mia madre si è persa

Morire di freddo a Torino, in un giorno di gennaio. È accaduto a Franca Mistroni, malata di Alzheimer. «Mia madre voleva vivere. Io ho fatto tutto quello che potevo, [...]»

di Susanna Battistini

«Mia madre si chiamava Franca Mistroni, e voleva vivere». È la chiusa di una lettera mandata qualche settimana fa ad un giornale italiano. Chi la scriveva non voleva ottenere nulla se non esprimere il disagio che si è trovata a dover gestire una ragazza di trent’anni, che ha lasciato il lavoro per accudire la madre affetta dal morbo di Alzheimer ma che la madre ha perso, in un freddo sabato di gennaio nella austera e laboriosa Torino. Diceva quella lettera: «È possibile che abbia percorso tanta strada e nessuno si sia accorto che si era persa? Che nessuno l?abbia guardata negli occhi? Si è persa ed è morta di freddo, con la testa tagliata da una ferita che circonda di mistero la sua morte in quell?inutile cantiere chiuso». Abbiamo raggiunto telefonicamente Giuseppina Mistroni. Ascoltiamo quello che ha da dirci: «La malattia di Alzheimer è drammatica, invivibile. A mia madre inizialmente riscontrarono un tumore al cervello. Da quella diagnosi errata è cominciato il mio calvario e di mia madre, naturalmente. Di fronte a questa malattia sei solo, tu, il malato e la disperazione nel non poter gestire più la tua vita e quella di chi sta male. Con una malattia così grave non si può andare incontro ad una burocrazia che svilisce. Io ho una marea di cartelle cliniche delle quali non so che fare. Quando a mia madre, finalmente, è stato riscontrato il male, mi sono subito preoccupata di trovare dei centri, dei medici che ci potessero aiutare. Ma, anche in quel caso, ho dovuto contare sulle amicizie. Anche quel sabato di gennaio ero dovuta uscire per poco, ma mia madre, uscendo anche lei, non è più tornata. Sono tentata di farmi delle domande sul fatto che una donna di 62 anni debba morire in quel modo, in una solitudine atroce. Non si meritava una morte così. Io ho fatto tutto quello che dovevo fare, però la solitudine che ti trovi a vivere, la degradazione della persona a puro numero, le troppe porte chiuse e la mancanza di mezzi e comprensione vera sono pesi eccessivi. Un?altra cosa mi preme dire: nel centro di assistenza sociale dell?Asl Torino 4, grazie anche al dottor Landra responsabile del reparto di Alzheimer, si sta facendo sperimentazione. Questo vuol dire che i malati esistono, giusto? Ecco, per la Sanità non è vero. Viene riconosciuta l?invalidità civile, la malattia, però si lascia tutto alle assistenze sociali, che non avendo strutture e soldi lasciano le cose allo sbando o alla buona volontà dei singoli. Lì, in quel Centro ho trovato un?assistente sociale poco qualificata, impiegati che, soprattutto se sei disoccupato come me, insultano la tua dignità, ma poi ho trovato anche infermieri e medici eccezionali. Tanto che ho deciso di fare una donazione al Centro. Nel mio dramma, aver conosciuto persone così partecipi ha fatto sì che abbia anch?io ricevuto qualcosa. E per chi vive situazioni come le mie è un gran lenimento».


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