Welfare

Mia figlia Michela è un pensiero stupendo

Lettera dal carcere

di Redazione

Ho sentito dire tante volte che i giudici più spietati per i detenuti sono i figli. E il loro giudizio è quello di cui si ha più paura: perché un processo è un processo, e uno sa più o meno cosa l?aspetta, ma nessuno riesce a immaginare come reagirà un figlio di fronte alla carcerazione del padre o della madre. La paura del ritorno in libertà è spesso associata a come i figli riaccoglieranno in famiglia chi ha scontato una pena, ed è una paura che hanno in tanti: qualcuno la nasconde, e preferisce immaginare che sarà tutto facile, ?automatico?, che i figli saranno lì a gioire e basta, qualcuno invece racconta con totale sincerità le sue ansie, come fa Andrea sulle pagine de Il filo di Arianna, il giornale del carcere di Eboli. E quella di Andrea è una paura ?sana?, perché lo metterà in guardia dalle inutili illusioni. Ornella Favero (ornif@iol.it) C? è un angolo nel cuore di ognuno di noi dove riponi la cosa più cara. Uno spazio che non si misura, che non si calcola. Nel mio cuore, nella mia mente e nel mio animo ho da sempre una sola immagine, una sola visione. Parlo di una donna: la cosa più lieta della mia triste esistenza. Parlo di mia figlia: di Michela. Ho quasi quarant?anni. Molti dei quali trascorsi in carcere. Apro il mio cuore in queste righe, scrivendo quello che a voce ho difficoltà e paura a dire, a rivelare. Ho una figlia fuori da queste mura. Un pensiero stupendo che mi spinge a non mollare. Ho già mollato la mia esistenza quando sposai la causa della droga. Cercavo un rifugio, la libertà, la gioia. Ho trovato solo lacrime e dolore. Il pensiero di Michela è come uno stimolo: il mio stimolo. Ho paura di uscire da qui. Ho paura di quello che troverò fuori. Ho paura della gente, degli occhi della gente. Ho paura dei pregiudizi. Ho paura di quello che mia figlia pensa e penserà di me. Sono il padre sì, ma finora le sono stato lontano. Certo, non per mia scelta, ma a chi posso imputare questa colpa se non a me stesso? Questa è la punizione per ciò che ho fatto. Vi sembrerà strano, ma è più facile delinquere che confessare ad una persona a cui vuoi bene quello che realmente fai. Questo è il mio vero timore. Gli anni, per fortuna, passeranno. Il giorno del mio ritorno a casa si avvicinerà. Spero di avere ancora una casa. Non le mura, ma la casa con la C maiuscola. Il luogo dove c?è qualcuno che ti aspetta. Ho paura di essere un estraneo tra le persone a me care. Non mi illudo. Non mi nascondo come fanno tanti detenuti dietro la fatidica frase «siamo vittime del sistema». Se la mia attuale condizione è questa, la colpa è soltanto mia. Il tempo per pensare in carcere è smisurato. Rivedi il film della tua vita. Le scene del tuo passato. Vorresti avere un telecomando per riportare tutto com?era una volta. Eliminare le cose brutte. Chissà se mia figlia un giorno capirà. Chissà se darà una possibilità ad un ex galeotto come me. Andrea Di Lorenzo Istituto a custodia attenuata di Eboli


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