Cultura

Mi fa male la sinistra

Dal maggioritario a Flores d’Arcais, tutti gli errori della sinistra italiana nella impietosa analisi di un “grande vecchio”. che propone: «Ripartiamo dai gruppi.»

di Ettore Colombo

Pietro Barcellona, da siciliano sornione qual è sghignazza, mentre si trova alla Fiera del libro, per una serie di incontri legati alla presentazione dei suoi ultimi scritti: «Ai tuoi colleghi di Unità, Manifesto e Liberazione stava quasi venendo un colpo, quando io, pacatamente, cercavo di spiegar loro le ragioni e i valori della famiglia, del sacro, dell?etica?». Un ?ingraiano di ferro? sarebbe stato definito ai tempi del Pci, Barcellona, (gli ?ingraiani? erano la sinistra eterodossa, aperta al pensiero ecologista, femminista, terzomondista, dal dialogo franco e aperto con i cattolici). Fu un?appartenenza che gli fece guadagnare la guida del Centro per la riforma dello Stato (in sigla Crs, ancora vivo e vegeto e oggi presieduto da Ersilia Salvato). Dalla fine di quell?incarico per Barcellona inizia un lungo oblio, da cui riemerge solo oggi. «I miei libri e le mie idee sono state sopraffatte e strozzate da una cultura che reputo devastante per la sinistra, un misto di libertarismo e di giacobinismo che ha provocato danni irrimediabili, nel Pci prima e nella sua trasformazione in Pds-Ds poi. Un nome per tutti dello sfacelo politico-filosofico? Paolo Flores d?Arcais, con quella sua idea illuministica della libertà senza confini. Dalla sinistra elitaria e giacobina dei club di Occhetto ai girotondi di oggi, una via crucis di errori». La prima battaglia persa da Barcellona quella contro l?introduzione del sistema elettorale maggioritario, nel 1992-?93 che accecò molti «da Gianfranco Pasquino in giù, sull?onda di pensatori come Giovanni Sartori, tutti fan dell?individualismo etico che ebbe una portata devastante e regressiva sulla funzione sociale non solo della politica, ma anche della società, alimentando disvalori: antipolitica e qualunquismo». Ma Barcellona non critica solo lo snobismo intellettuale proprio dell?attuale sinistra politica ma anche i ?professori? del movimento no global, da quelli francesi di Attac a quelli italiani come Toni Negri, che «attaccano il nuovo capitalismo come se fosse un blocco unico, l?Impero, idea fumettistica che li spinge a un massimalismo teorico che alla fine rende impotenti le vere necessità di cambiamento». Barcellona sostiene che bisogna ripartire dalla vita e dalle scelte concrete da compiere nelle città, nei quartieri, nelle aree e luoghi del disagio sociale: il carcere, il disagio, la devianza, gli immigrati. Soprattutto, vorrebbe che si ripartisse dai gruppi e non dagli individui, per ricostruire ?legame sociale?. «Dalle comunità», spiega, «comprese e per prime le comunità che si formano nelle famiglie, nel rapporto genitori-figli, microcosmi dei quali bisogna riscoprire il ruolo sociale e non gerarchico. E da una concezione dei diritti non illuministica, ma universalistica, come rivendica oggi questo Papa. Un grande Papa, che ha rivalutato la figura dell?uomo, del corpo e del sacro. Dei gruppi intermedi». Idee forti e non pacificate. Che scuotono dalle fondamenta ogni conformismo, non solo di sinistra. Come dicono bene i titoli degli ultimi libri di Barcellona, il nuovissimo Alzata con pugno e Le passioni negate.


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