Formazione

Mezzogiorno e Terzo settore: uno studio Srm

Se il non profit non trova spazio Presentata una dettagliata analisi sulla presenza del Terzo settore nel Mezzogiorno d'Italia

di Giulio Leben

Un Terzo settore meno diffuso, meno ricco e meno partecipativo quello che opera nel Mezzogiorno rispetto a quello del Centro Nord. E’ quanto emerge dall’analisi ”Nonprofit e Mezzogiorno” elaborata dall’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Srm) sulla base degli ultimi dati dell’Istat, che sara’ presentata domani. Lo studio chiarisce che, contrariamente a quanto generalmente si crede, le attivita’ non profit non significano mancanza di condizioni economiche. La realta’ finanziaria del settore e’ invece alquanto diversa e molto articolata. Infatti risulta che oltre la meta’ delle entrate delle organizzazioni non profit attive in Italia (pari a 73 mila miliardi delle vecchie lire) proviene dalla vendita sul mercato di beni e servizi. Tuttavia, il Mezzogiorno ha dimostrato di essere caratterizzato da un modello di finanziamento del Terzo settore molto diverso dal Nord e dal Centro. Entrate di fonte pubblica (49,9%) ed entrate di fonte privata (50,1%) sostanzialmente si equivalgono. Al Nord e al Centro, viceversa, si registra un netto orientamento al settore privato (65,9 contro 34,1 al Nord; 67,2 contro 32,8 al Centro). Infine, il finanziamento pubblico alle istituzioni nonprofit nel Mezzogiorno e’ pari a meno di 5.500 miliardi delle vecchie lire (21% del totale nazionale) mentre nel Nord e’ di oltre 13.000 miliardi (50% del totale italiano). Presentata da Francesco Saverio Coppola, direttore dell?Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, secondo lo stesso Coppola il non profit è «un fattore di forte coesione sociale, un ente del cuore contro gli enti della ragione. Le regioni – continua Coppola – dovrebbero monitorare con maggiore attenzione lo sviluppo di questo settore. Sarebbe, infatti, interessante vedere come il suo sviluppo è legato allo sviluppo del mondo sociale, e concentrarsi sulla fondamentale funzione di lotta alla criminalità e educazione alla legalità che può assolvere». Lo studio, pubblicato da ?Rassegna Economica? inaugura un nuovo e stimolante filone d?analisi dedicato al no profit, settore composto da realtà diverse per storia, progetti e costituzioni, ma con un importante fattore comune: il non avere scopi di lucro. L?analisi, che prende le mosse dal primo censimento italiano delle istituzioni ?no profit? svolto dall?Istat, evidenzia che tale settore ha acquisito negli ultimi dieci anni una visibilità e un riconoscimento indubitabile. Lo conferma la nascita di uno strumento autonomo di auto rappresentazione, quale il Forum del ?terzo settore?, il proliferare di leggi in merito, nonché la nascita di corsi di laurea e master in materia. La ricerca fornisce un modello interpretativo della fisionomia del ?no profit? meridionale mediante il confronto con le realtà centro settentrionali in cui lo sviluppo del fenomeno è più avanzato. In particolare, emerge che in Campania operano 11.411 istituzioni e che, per numero di istituzioni, si pone al terzo posto tra le regioni meridionali. Ma se il dato viene letto in relazione al numero di abitanti, la Campania scende all?ultimo posto. Molto articolata è anche la forma che tale settore assume. Delle 11.411 istituzioni ben 10.572 sono associazioni, mentre le restanti 839 sono cooperative sociali, fondazioni, comitati, enti ecclesiastici, istituti scolastici e ospedalieri e banchi di mutuo soccorso. Con riferimento alla tipologia di attività svolta il 66% delle istituzioni campane operano nel settore della cultura, dello sport e della ricreazione. Percentuale superiore sia al dato del mezzogiorno che a quello dell?Italia. Altre attività riguardano l?assistenza sociale (circa l?8,9% degli enti). Seguono, poi, le relazioni sindacali, l?istruzione e la ricerca, l?attività di promozione e formazione religiosa, la sanità, la tutela dei diritti e l?attività politica, lo sviluppo economico e della coesione sociale, l?ambiente, il volontariato e infine la cooperazione e la solidarietà internazionale. Per svolgere le proprie attività, le istituzioni ?no profit? si avvalgono di lavoratori dipendenti, collaboratori, volontari, religiosi e obiettori di coscienza. Inoltre, rispetto al Mezzogiorno, la Campania presenta i massimi livelli di lavoro prestato dai volontari, dato che avvalora la definizione di Coppola. Viceversa è sensibilmente minore la quota percentuale di dipendenti. Per quanto riguarda, poi, le risorse economiche e finanziarie del ?terzo settore?, è interessante notare come in Campania, il livello delle entrate e delle uscite si attesta intorno ai 1.800 miliardi di lire attestandosi su valori di gran lunga più bassi rispetto alle altre ripartizioni geografiche e in particolare rispetto al Centro Italia. È interessante sottolineare, infine, come in Campania le associazioni no profit vengono finanziate prevalentemente dal settore privato (64%) e poco da quello pubblico (36%). Situazione in linea con i dati nazionali e in controtendenza rispetto ai dati relativi solo al mezzogiorno. Infine è possibile estrapolare dall?analisi tre gruppi di regioni. Il primo, più efficiente, composto da Abruzzo, Puglia e Molise. Il secondo da Sardegna e Sicilia. Infine, l?ultimo costituito da Campania, Basilicata e Calabria dove ad un fenomeno poco sviluppato corrispondono basse risorse finanziarie ed umane.


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