Welfare

Metti 22 clandestini a tavola

Non si spegne l'eco della performance di Vanessa Beecroft a Milano. Ecco tutte le immagini

di Giuseppe Frangi

Ha scosso Milano la performance organizzata da Vanessa Beecroft al Pac. 22 clandestini neri, su una lunga tavola disposti come se fossero gli apostoli di un’ultima cena. Nata a Genova nel 1969, figlia di mamma italiana e papà inglese, oggi la Beecroft è una delle artiste più affermate a livello internazionale. Ai giornalisti che le chiedevano la ragione di questa sua scelta ha risposto così: «Ah! Io per la mostra di Milano mi sono immaginata un pubblico borghese, ben vestito, costretto in coda per andare a vedere un gruppo di immigrati da guardare con la dignità di un’ opera d’ arte». C’è un filo che lega i lavori con le modelle anoressiche, le donne sudanesi e ora gli extracomunitari? «Riguardano tutti bellezza, vulnerabilità, abuso, violenza. Una modella buttata nuda in pubblico è allo stesso tempo bella ma anche vulnerabile, come le donne che subiscono violenza in Sudan e gli immigrati che mangiano silenziosi». 
VB65, è il titolo della performance, la prima in cui l’artista utilizza solo uomini. Come detto 22 immigrati africani stanno seduti a una tavola trasparente di dodici metri, con abiti da sera, smoking, vestiti formali neri eleganti, ma a volte fuori misura, strappati, impolverati o vecchi. Di fronte a un pubblico di invitati mangiano carne e pane nero senza piatti, senza posate, e bevono acqua e vino. I commensali siedono silenziosamente durante la performance. Il pubblico appare come ospite non invitato alla loro cena. Mangiano cibo intero, non tagliato. L’immagine ha una sacralità ben evidente e chiari riferimenti pittorici, ma ci rimanda anche alla cruda realtà che questi uomini vivono ogni giorno nel nostro Paese. Il PAC, il Padigilione d’arte contemporanea che ospita la mostra, appare come la loro casa in cui noi saremo gli ospiti che non si siedono con loro. Questi uomini sono veri immigrati che arrivarono dall’Africa a bordo di una barca. Verrà chiesto loro di lavorare due giorni interi, preparati anche a comprendere il concetto e il fatto che quest’immagine è una finzione, una metafora e che deve comunicare un certo messaggio al pubblico. È importante che i performers non rompano il silenzio e la tensione tra loro e il pubblico, affinché l’immagine rimanga intatta. Il video dell’opera sarà donato dall’artista alle Civiche Raccolte d’Arte del Comune di Milano. La mostra è prodotta dal Comune di Milano-Cultura e da MiArt, in esclusiva assoluta per il PAC.

Un commento.
C’era un grande silenzio al Pac, durante le ore della perfomance. Si sentiva il fruscio dei passi, il sussurro di voci basse, il click delle fotografie. Vanessa Beecroft è tiuscita nel suo intento, di produrre un’impressione di bellezza e di fascino e insieme di mettere sul tavolo una grande questione del nostro tempo. Insomma ha fatto quello che è nel compito di un artista di oggi: ha creato un cortocircuito che smuove e produce scosse di inquietudine, comunque la sia pensi. Eravamo abituati a vederla alle prese con progetti molto più calligrafici e “cult”, dove lo stile della composizione prevaleva sempre sull’oggetto o tema rappresntato. Invece questa volta anche lei ha osato fare un passo su un terreno meno controllabile. I soggetti chiamati dalle strade non erano certo gestibili come accadeva con le modelle delle precedenti performance. Ma valeva la pena di correre il rischio: l’impatto emotivo e umano di quella tavolata non sarà facile da dimenticare.

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