Salute

Metà dei medici palliativisti a rischio stop

Un decreto attuativo della legge 38/10 rischia di compromettere le cure palliative in Italia: metà dei medici potrebbero non essere più autorizzati ad assistere i malati inguaribili. L'allarme di Luca Moroni (FCP)

di Antonietta Nembri

«Non c’è Hospice o équipe di cure palliative domiciliari che non risentirà della decisione che la conferenza Stato – Regioni prenderà in merito al decreto attuativo sulla legge 38/10», non ha dubbi Luca Moroni, presidente della Federazione cure palliative (Fcp).
La legge 38/2010 è la normativa che sancisce il diritto per i malati inguaribili ad accedere alle cure palliative; uno dei passaggi attuativi prevede la definizione delle "figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative" (art 5 comma 2) al fine di garantire, per il futuro, un percorso formativo certo ed uniforme per i professionisti.

Un passaggio importante che deve però tenere conto delle caratteristiche degli oltre 2000 medici che oggi consentono l’operatività degli Hospice e delle cure palliative domiciliari. «Nel momento in cui si istituisce una nuova norma sarebbe bene prevedere un periodo di regime transitorio» continua Moroni che spiega: «Nelle legge quando si elencano le specialità dei medici palliativisti si parla di chi ha un’esperienza di almeno tre anni con un “fatti salvi”. Questo nell’articolo 1 della bozza di decreto non c’è più»

In base alle indagini di Federazione Cure Palliative (Fcp) e della Società Italiana di Cure Palliative (Sicp) emerge che la metà dei medici palliativisti non possiede una delle specialità indicate dalla legge 38 e un terzo non ha alcuna specialità. «Si tratta di professionisti con diversi anni di esperienza, detentori oggi delle più elevate competenze nel nostro Paese. Si tratta di coloro che hanno contribuito a fare la storia delle cure palliative italiane, permettendone lo sviluppo in una fase pionieristica e rappresentano una risorsa indispensabile per garantire l’attività di assistenza ai pazienti» continua Moroni che ricorda come alcuni di questi medici non solo siano detentori di master, ma insegnino addirittura in master in materia, ma «se passasse questo decreto attuativo così come è nella bozza non potrebbero più lavorare negli Hospice o nelle équipe di cure palliative».
 
Le cure palliative si stanno sviluppando anche in Italia, grazie all’impegno del mondo professionale, dei 5000 volontari e delle 75 associazioni che aderiscono alla Fcp. In un comunicato stampa la federazione sottolinea «Abbiamo potuto osservare in questi anni l’impegno del Parlamento, dei ministri Fazio, Balduzzi e Lorenzin così come di molte Giunte Regionali. Sarebbe oggi imperdonabile che proprio un decreto attuativo della legge 38, invece di tutelare i pazienti e le loro famiglie, riportasse l’Italia alla condizione degli anni 80, quando i 250mila malati che ogni anno affrontano una fase terminale erano privi di qualunque forma di tutela».
 
L’appello di Moroni e di tutta la Federazione Cure Palliative è forte: «È indispensabile che vengano preservate e riconosciute le competenze acquisite sul campo in questi anni da medici senza specializzazione o con specialità diverse da quelle previste dalla disciplina, un provvedimento che riguardi un periodo transitorio, in attesa che i giovani medici concludano i nuovi iter formativi in via di definizione». Il rischio è grande: «Senza questi medici la maggior parte degli Hospice e delle équipe di cure palliative domiciliari sarebbero costretti a chiudere».

Perché, conclude Luca Moroni, «se una struttura, un Hospice oggi opera con quattro medici, e due di loro non potranno più operare non è che riduco il servizio, questo dimezzamento mette in crisi tutta la struttura».
 


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