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Messico contaminato dal grano ogm. Il mais sfrattato da casa

Nel Paese che ha le culture più antiche di mais, nel 2001 sono arrivati semi modificati. (di Paola Erba)

di Redazione

Se le ammissioni si riveleranno vere, sarà il più grave caso di contaminazione da Ogm della breve e tempestosa storia degli Ogm. Il Messico avrebbe introdotto grano geneticamente modificato nelle proprie coltivazioni senza che nessuna procedura ufficiale sia mai stata avviata. Il Messico, paese di origine del mais, è contaminato con mais transgenico: lo ha ammesso lo stesso governo messicano, attraverso l?Istituto nazionale di Ecologia. Le prove effettuate nella Sierra Juárez (nello stato di Oaxaca) hanno riscontrato una presenza di colture transgeniche che va dal 3 al 15%. Ma il problema è forse più ampio e potrebbe riguardare tutto il Paese. Della questione si è occupata, con scarsi poteri e scarso frutto anche la Fao al recente vertice di Roma. E della questione si è parlato a Porto Alegre, al Forum sociale del febbraio scorso. A portare la denuncia era arrivato nella città brasiliana Aldo Gonzales, coordinatore dell?Unione di organizzazioni della Sierra Juárez e membro del Congresso nazionale indigeno. Gonzales ha seguito passo a passo tutta l?incredibile vicenda. E in questa intervista documento per Vita ha accettato di ricostruirla. La legge lo vieta, ma solo per la semina Vita: Proviamo a ricostruire la vicenda: come e quando si è scoperta la contaminazione? Aldo Gonzales: Per caso, nel maggio del 2001, ad opera di un ricercatore, Ignazio Chapela, che stava effettuando delle analisi sul mais nella Sierra Juarez. La notizia uscì solo tre mesi dopo, in agosto. Fu allora che chiedemmo al governo di investigare. Nel gennaio di quest?anno, l?Istituto nazionale di Ecologia ha reso noti i risultati: ammettevano la contaminazione in Sierra Juárez e nello stato di Puebla. Dal 3 al 15%. Il nostro timore è che non riguardi solo questi due Stati, ma tutto il Paese. Anche la Segreteria dell?Agricoltura ha fatto delle prove, ma il riserbo è totale: il segretario, presente al vertice della Fao, non ne ha parlato. Vita: Com?è potuto accadere ? Gonzales: I contadini hanno comprato mais transgenico da Diconsa (una delle maggiori importatrici di mais Usa per l?alimentazione). Invece di limitarsi a mangiarlo, l?hanno seminato. In Messico, una legge del ?98 vieta di seminare mais transgenico. La stessa disposizione non vale per il consumo alimentare. La legge, infatti, distingue tra mais destinato alla semina e mais per l?alimentazione. Agricoltori e indigeni no. Vita: Perché è così pericoloso il mais ogm? Gonzales: Per questioni ambientali, culturali, economiche. Può contaminare le caratteristiche delle specie autoctone. Se ciò accadesse, perderemmo una biodiversità enorme, preziosa e antichissima: in Messico sono più di 300 le specie di mais che nei millenni si sono adattate alle condizioni più varie: al mare, alla selva umida, alle altezze di 3.000 metri. è una diversità nata dalle conoscenze degli indigeni e dalla loro diversità culturale. Rischiamo di perdere anche questa. Ma il transgenico , soprattutto, crea dipendenza, poiché a vendere i semi sono le multinazionali; così come i pesticidi adatti a quelle specie. L?agricoltura intensiva (premessa del transgenico) affama i piccoli agricoltori: serve all?export e non al consumo diretto. Toglie quindi sovranità alimentare al contadino e lo espone alle oscillazioni del mercato e ai prezzi imposti dalle multinazionali. Il grano Usa sussidiato costa meno. Perciò… Vita: Quali imprese vendono mais transgenico in Messico? Gonzales: Le principali sono 4. Tutte messicane. Due di proprietà del governo federale (Cargill e Diconsa), e due private (Maseca e Minsa). Queste ultime vendono farina, mentre Cargill e Diconsa, mais in chicchi. Lo importano dagli Usa: circa 6 milioni di tonnellate di mais all?anno. Su 25 milioni di tonnellate di mais all?anno, circa il 20 % del mais per l?alimentazione viene dagli Usa. Vita: In che percentuale è ogm? Gonzales: Non lo sappiamo con esattezza. Dalle analisi realizzate nei magazzini di Diconsa, il 35 % risultava transgenico. Sappiamo però che negli Usa, il 25 % dei campi è seminato con mais transgenico. Dopo la raccolta viene mischiato a quello normale. Vita: Come si spiega un?importazione così massiccia ? Gonzales: Ha molto a che fare con la globalizzazione dei commerci, ma anche con le politiche introdotte dai nostri governi negli ultimi anni. Grazie a queste, oggi, buona parte dell?America Latina non è più sovrana in materia di alimentazione. A partire dal 1982, il Messico ha dato avvio a politiche agricole che hanno ridotto i sussidi e i prezzi garantiti di prodotti di base importantissimi come il mais e i fagioli. Oggi è più economico comprare il mais proveniente dagli Usa (dove invece è sussidiato), piuttosto che produrlo nelle comunità indigene. Rispetto agli Stati Uniti, la nostra produttività è bassissima: circa 700 chilogrammi per ettaro, contro le loro 15 tonnellate. Oltre alla mancanza di sussidi, noi non abbiamo le premesse ambientali e culturali per un?agricoltura intensiva: le condizioni del terreno sono impervie (si arriva a coltivare su pendenze del 75 %) e il mais, per le popolazioni indigene, non è un commercio, ma la base dell?alimentazione. E ora vi arriverà anche in Europa Vita: Quali sono le conseguenze sociali di tutto questo? Gonzales: La povertà crescente e l?abbandono delle terre. Sempre più contadini lasciano i campi e si trasformano in manodopera a basso prezzo per le maquilas, le industrie di assemblaggio (di pezzi elettronici, stoffe, materiali sanitari…) presenti soprattutto lungo la frontiera con gli Stati Uniti, e oggi anche negli stati del Sud-est. L?abbandono è facilitato da una legge del 1992, che ha dato inizio alla privatizzazione della campagna. Stravolgendo i principi che regolavano la proprietà della terra sin dall?epoca della rivoluzione messicana, questa legge permette oggi di vendere el ejido, cioè la dotazione di terra distribuita ai contadini e agli indigeni dopo il 1917, un tempo assolutamente inalienabile. Sempre più agricoltori, prima di andarsene, vendono le terre ai piccoli capi locali, indigeni anch?essi, ma in genere poco preoccupati di conservare biodiversità e colture autoctone. A rincarare la dose, l?anno scorso, è venuta la riforma sui diritti e sulle culture indigene, che lascia aperta la possibilità di stilare accordi con terzi per lo sfruttamento dei terreni. Chi sono questi terzi? Con ogni probabilità le multinazionali. Vita: Cosa fa il governo? Gonzales: In Messico non esiste legislazione sulla sicurezza alimentare, né sulle risorse genetiche. Chi le usa, può farlo senza regole. Lo stesso discorso vale per la biopirateria: i contratti di bioispezione, stipulati finora, sono un pessimo affare per le popolazioni indigene. La nostra impressione, è che si lasci che le cose avvengano. Vita: Perchè il Governo e il Parlamento non dovrebbero intervenire per fermare tutto ciò? Gonzales: Viviamo in un mondo globalizzato e i governi dei Paesi poveri non stanno difendendo le proprie politiche nazionali. Non sono più i partiti, né chi sta al potere a decidere. Piuttosto, si seguono le linee imposte a livello internazionale. In questo momento, a dare le direttive sono le mulitinazionali. È nel loro interesse invadere il mondo con il transgenico: per creare profitti (i loro) e dipendenza (la nostra). Ad esempio, oggi il Messico sta finanziando la Monsanto. Come? Vendendo i semi di cotone transgenico e distribuendo ai contadini kit tecnologici per seminare. Questo programma, pagato dal governo federale, si chiama Alianza para el campo. Vita: In quali altri paesi si sta facendo pressione per gli ogm? Gonzales: Ovunque. La Monsanto, ad esempio, in tutta l?America Latina, ha messo in atto una campagna aggressiva. Il Brasile, granaio per l?Europa, ancora resiste. Ma anche lì cominciano a sorgere piantagioni sperimentali. Se crolla, l?Europa dovrà mangiare transgenico. Paola Erba


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