Mondo
Mentre il Paese combatte il Coronavirus, il calcio si azzuffa. Ora basta
«Lo spettacolo che la Serie A sta dando in un momento così drammatico e teso per l'Italia è qualcosa di irricevibile. Non c'è giustificazione economica che renda quello che sta succedendo accettabile», attacca il presidente del Centro Sportivo Italiano, Vittorio Bosio
Spesso il mondo del calcio è una bolla che ha poco a che fare con la realtà Raramente però, come in questi gironi, ha dimostrato di essere così scollegata dalla realtà. Sono ormai giorni che mentre il Paese combatte un contagio limitando la vita delle persone, chiudendo scuole e potenziando il sistema sanitario nazionale, il mondo del calcio professionistico litiga sui calendari delle partite che ha subito, naturalmente, variazioni.
«Non voglio neanche entrare nel merito delle scelte della Lega, non mi interessa», attacca duro il presidente del Centro Sportivo Italiano, Vittorio Bosio, «non è un momento in cui abbia senso discutere le scelte. Ci sarà tempo, una volta rientrata l'emergenza, per valutare se la Lega abbia fatto tutto nel modo giusto. Senza dimenticare che di certo le scelte prese non sono state prese in autonomia. Vedere dirigenti, società e allenatori tutti intenti a rilasciare dichiarazioni e a rinfocolare polemiche è doloroso».
Vedere dirigenti, società e allenatori tutti intenti a rilasciare dichiarazioni e a rinfocolare polemiche è doloroso
Per Bosio «viene da chiedersi se questo sia ancora sport. L'attività sportiva non può essere qualcosa che non ha alcuna attinenza con la realtà e la vita delle persone e che risponde solo a interessi di parte. Di fronte ad un'emergenza come quella di oggi, che non abbiamo mai vissuto prima, in primo piano deve esserci il bene comune».
Anche l'idea che il mondo del pallone sia immune dal contagio è abbastanza sconvertante: «si comportano come se l'unico tema fosse la salute del pubblico. Nessuno di quelli che oggi fa polemiche ha pensato cosa accadrebbe se si ammalassero dei calciatori e se dovessero essere messe in quarantena delle società? Per tutti oggi il virus è un ammonimento che ci insegna quanto siamo fragili. Forse anche il calcio professionistico italiano dovrebbe imparare questa lezione».
Di fronte ad un'emergenza come quella di oggi, che non abbiamo mai vissuto prima, deve esserci il bene comune
Il presidente è talmente nauseato dalla vicenda che ha deciso di non seguirla più: «non voglio più sapere nulla di queste diatribe. Ho molto lavoro perché anche noi abbiamo tanto lavoro per riorganizzare i campionati del CSI. Sono molto tifoso ma non me la sento di star dietro a questo teatrino». In conclusione un'ultima considerazione: «È chiaro che si pone il tema economico. Anche noi del CSI abbiamo imprenditori preoccupati per la situazione. E se allargassimo lo sguardo oltre il nostro ombelico ci renderemmo conto che l'Italia in questo momento ha grandi difficoltà. Dagli esercenti ai liberi professionisti, da chi vive di turismo ai ristoratori. Ci sono migliaia di persone in grandissima ambascia economica, che non sanno se e equando riusciranno a rialzarsi. Ecco forse anche i nostri professionisti della Serie A potrebbero rendersene conto e cominciare a smettere di rilasciare dichiarazioni polemiche».
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