Nel 2009 oltre 3.500 segnalazioni allo sportello Sos Turista. Nel 45% dei casi si tratta di guai con
il trasporto aereo (1.633 segnalazioni), nel 44,8 con il pacchetto turistico.
La crisi taglia le gambe
a un settore vitale della nostra economia e aumenta i cronici problemi di chi fa le valigiea cura di Maurizio Regosa
Non fosse stato per Babbo Natale, il 2009 sarebbe davvero uno dei peggiori anni per il turismo italiano, che fino a novembre aveva dovuto registrare un pesantissimo meno 7% di presenze (nostrane e straniere). Per fortuna, ha poi fatto capolino il cappuccio rosso con barba bianca ed ecco che la lancetta ha cambiato direzione: nelle ultime settimane di dicembre, il numero di italiani in viaggio ha fatto registrare un +20%. Gli operatori hanno tirato un sospiro di sollievo. Il Pil ha ringraziato. Ma i sussulti di fine anno non sono stati in grado di trasformare il 2009 in un anno positivo. Hanno pareggiato un po’ i conti. Una «crescita tecnica» l’ha definita Federalberghi: ha semplicemente bilanciato il crollo avvenuto a fine 2008.
L’ombra della crisi mondiale ha infatti avviluppato le vie del turismo. E lo ha fatto in maniera diretta e indiretta. Aggiungendo al danno la beffa. Giacché mentre è diminuito il numero dei viaggiatori (in particolare al Sud), sono aumentate le situazioni di disagio, più o meno ordinario, subite dai turisti-consumatori. Lo rivela lo sportello Sos Turista: nel 2009 oltre 3.500 segnalazioni, un record per i dodici anni di attività. Oltre 9mila persone si sono rivolte al servizio lamentando nel 45% dei casi guai con il trasporto aereo (1.633 segnalazioni), nel 44,8 con il pacchetto turistico che avevano acquistato. Un risultato che sfiora il 90% delle lamentele e che va collegato alle difficoltà dei tour operator e delle compagnie aeree (per quanto riguarda queste ultime la nettissima prevalenza dei casi, l’80%, riguarda fallimenti, seguiti dalla cancellazione dei voli, da danni o ritardi ai bagagli). Giacché il 2009 è stato uno stillicidio continuo: sono fallite Teorema e Todomondo, sono stati annullati per problemi finanziari diversi viaggi del Ventaglio e di Eurotravel, mentre numerose compagnie low cost hanno cominciato ad annaspare (la slovacca Sky Europe è fallita, l’italiana My Air ha dichiarato la propria insolvenza).
Guai globali che però pesano particolarmente sul Belpaese. Perché su esso le contingenze si aggrovigliano con trend di lungo corso sicuramente non positivi. Il Country Brand Index del 2009, al proposito, la dice lunga. L’Italia, che complessivamente ha perso due punti rispetto all’indagine condotta nel 2008 (è passata dal quarto al sesto posto), è sì al primo posto nella sezione Arte e cultura – qui giochiamo in casa – ma scivola indietro in altre e rilevanti categorie. Non siamo tra i primi dieci posti né per ospitalità (occupiamo la 48esima posizione, su 102 Paesi), né per facilità di viaggio né per sicurezza. Ancora peggio va se si guarda al rapporto tra qualità e prezzo (siamo scivolati al 56° posto) e all’ambiente (52°). Come a dire: cavalchiamo ancora risultati antichi e non sappiamo tenerci al passo delle sfide moderne. Avranno sì, e come, pesato i rifiuti napoletani, gli scandali, forse anche gli allarmi sicurezza chissà quanto fondati, ma tutto ciò non spiega il peggioramento anche in aree tradizionalmente forti come la cucina (anche lì siamo scesi). «L’impressione è che il Paese soffra di una “stagnazione di pensiero” che investe quasi tutti i settori. È come se si vivesse sugli allori del passato senza mai rinnovarsi, mentre il resto del mondo viaggia a ben altre velocità», ha commentato Susanna Bellandi, amministratore delegato di FutureBrand.
È la preoccupazione anche delle associazioni dei consumatori (Federconsumatori, Movimento Consumatori) che avanzano alcune proposte concrete (vedi articolo sotto), sottolineando che a poco, pochissimo servono quelli che definiscono «annunci di facciata» come quello, diverse volte reiterato dal ministro senza portafoglio, Michela Brambilla, che pensa a un dl in 19 articoli per rilanciare il Belpaese. Tra le opportunità che sarebbero introdotte, un call center multilingue, la possibilità di aprire sale da gioco all’interno degli alberghi e di effettuare, da parte delle agenzie che vendono pacchetti turistici, il prelievo delle imposte e dell’Iva all’inizio del viaggio o del soggiorno. Il ministro pensa anche di istituire una polizia turistica da attivare sul fronte della sicurezza, del controllo sull’accoglienza e della vigilanza contro possibili frodi. Proposte «bizzarre e di difficile praticabilità», ribattono le associazioni (che in particolare non credono nella dea bendata e forse ritengono che una polizia turistica municipale potrebbe sovrapporsi alle altre forze dell’ordine). Molto più utile, a loro giudizio, sarebbe una strategia di intervento che qualifichi l’offerta e risolva i nodi critici, partendo dalle infrastrutture per arrivare al Mezzogiorno, le cui potenzialità turistiche rimangono inespresse.
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