Politica
Meno tasse per chi fa figli: serve davvero a far ripartire le nascite?
Il Governo sta lavorando su una detrazione fiscale di 10mila euro a figlio. Per ora è solo un titolo, ma la cosa più importante è il fatto che la politica pare essersi accorta che la denatalità è un'emergenza tale che non può essere affrontata a piccoli passi ma solo con scelte disruptive e radicali
Meno tasse per chi fa figli. È questa l’ipotesi su cui sta lavorando il Governo, secondo le dichiarazioni del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti poi ripresa e dettagliata dal sottosegretario alle Imprese Massimo Bitonci. Nulla di certo né di chiaro, al momento, ma si parla dell’introduzione di una detrazione di quasi 10mila euro a figlio, per le coppie con due o più figli. Un’ipotesi shock accolta trasversalmente con un “finalmente” da chi da anni denuncia l’inesistenza di vere politiche di aiuto alle famiglie con figli. Servirà davvero per far ripartire la natalità?
Una svolta, dai brodini alle bistecche
con Adriano Bordignon, presidente del Forum delle Associazioni Familiari
«Non abbiamo ricevuto proposte ufficiali ma se le indiscrezioni fossero confermate ci troveremmo davvero di fronte ad un cambio di prospettiva, per usare una metafora casalinga passeremo dai brodini alle bistecche. Certamente questo sul fisco è uno degli interventi necessari per rivitalizzare il Paese e tutti gli esperti ci dicono da tempo che la situazione italiana, dal punto di vista demografico, è talmente grave che bisogna accantonare la logica dei piccoli passi e avere il coraggio di fare veri e propri balzi in avanti», commenta. Un fisco family friendly è una delle richieste strategiche del Forum da anni e in campagna elettorale è stata ventilata la possibilità di introdurre anche in Italia qualcosa di simile al quoziente familiare francese: quale che sia la strada, «un intervento fiscale è necessario per due motivi, uno di equità – perché il fisco fino ad oggi è stato iniquo nei confronti delle famiglie – e uno di investimento per il futuro, perché oggi è assolutamente strategico investire sulla famiglia nel suo ruolo generativo ed educativo, non con interventi spot ma strutturali e di lungo periodo, creando un ecosistema che le sia favorevole. Serve un fisco appropriato, servono trasferimenti economici e servono servizi per la prima infanzia e per la cura dei fragili, serve aumentare l’occupazione femminile e serve creare le condizioni perché i giovani anticipino l’uscita da casa e l’avvio del proprio progetto di vita… Deve stare insieme, tutto serve, ma da qualche parte bisogna iniziare. Se l’assegno unico viene implementato e se davvero si avvia questa riforma fiscale, sono due tasselli importanti», dice Bordignon. Ricordando che «aiutare le famiglie con figli non toglie niente a nessuno, ma significa riconoscere che i figli sono un bene comune per tutti, per chi li ha e per chi non li ha e che sono loro che garantiscono la sostenibilità del welfare e della sanità. Non è un investimento di parte, ma sul bene comune».
Mettere in contrasto politiche familiari e migratorie non ha senso
con Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità
«Finalmente si è aperto il vaso di pandora, nel senso che tutto quello che abbiamo detto negli ultimi otto anni sta avendo un riscontro. Sembra che la politica si sia resa conto che i figli non sono qualcosa di individuale ma che ha a che fare con il bene comune, che bisogna prendere di petto l’argomento e che ogni girono che passa c’è il rischio di non recuperare più. Adesso forse si è capito per davvero che la sostenibilità del nostro welfare, senza figli, viene a mancare», dice Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità. Tre anni fa la Fondazione, in splendida solitudine, ha lanciato gli Stati Generali della Natalità, che il prossimo 11 e 12 maggio vivranno la loro terza edizione. «Le proposte che sono circolate si possono realizzare, non ho sentito nulla di impossibile. Tanto più che la fattibilità politica è prima di tutto una questione di scelte: nelle leggi di bilancio degli anni passati si è scelto di mettere un pezzetto di risorse ai lavoratori, un pezzetto ai pensionati… il problema fin’ora è stato la parcellizzazione delle risorse. Ma qual è il denominatore comune a queste categorie? La famiglia. Se aiuti le famiglie, aiuti tutti perché non c’è nessuna “quota100” possibile senza una “quota500mila” nuovi nati». De Paolo sottolinea positivamente il passaggio alla leva fiscale: «È un cambio di prospettiva culturale, lo Stato passa dal dire “i figli sono tuoi” al dire “ho a cuore i tuoi figli, perché senza di loro crolla il sistema”. Mi fa piacere che il tema oggi sia al centro del dibattito e che ci sia una sorta di “gara” tra i partiti della maggioranza a fare proposte. L’auspicio è che anche l’opposizione dia il suo contributo, perché questo non può che essere un tema trasversale e condiviso».
E sul fatto che il dibattito si sia acceso in coda alla questione dell’immigrazione e alle dichiarazioni di Lollobrigida, De Palo afferma che «non è più il tempo degli scontri ideologici. Sono necessarie politiche familiari e di sostegno alla natalità e allo stesso tempo – anche alla luce del fatto che affrontare i temi della natalità ha tempi lunghi – politiche sostenibili per l’integrazione degli immigrati, ma senza forzature ideologiche perché non sarebbe giusto nemmeno per i migranti un approccio di “colonizzazione previdenziale”. Mettere in contrasto politiche familiari e migratorie non ha senso, vanno tenute insieme, con una priorità per le politiche per la famiglia: serve infatti rassicurare le famiglie i cui figli hanno dovuto lasciare l’Italia e andare all’estero per realizzare i loro sogni di lavoro e di famiglia».
Perché agire sul fisco è meglio
con Matteo Rizzolli, economista, insegna politica economica all’università Lumsa e economia al Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo II
Il prof Matteo Rizzolli, sei figli e docente di politica economica alla Lumsa, commenta l’ipotesi della maxi detrazione da economista. «Vedremo la declinazione concreta, al momento la accolgo come un’idea radicale e incoraggerei totalmente il Governo a realizzarla: sarebbe una misura che finalmente dimostra come si sia capito qual è la dimensione del problema. Siccome il problema della denatalità ha dimensioni enormi, va affrontato con misure radicali», dice. Della misura allo studio apprezza soprattutto il netto ed esplicito salto verso una logica di incentivo alla natalità: «L’assegno unico è una misura di politiche familiari, attento alla questione della povertà delle famiglie, qui invece si passa alla logica dell’incentivo alle nuove nascite». Bene quindi che la misura – come il prof legge tra le righe – sia solo per i nuovi nati. «A noi che i figli li abbiamo fatti certamente lascia con amaro in bocca, ma da economista segnalo che un bonus è fatto proprio per cambiare i comportamenti futuri: i figli che non sono stati fatti non possono essere recuperati retroattivamente e oggi la priorità per il Paese è incentivare le nascite. È una scelta che rende la misura fattibile e gestibile: pensare di applicare a tutte le famiglie con più di due figli una detrazione così importante avrebbe tutto un altro impatto sui conti». Per chi i figli li ha già fatti, dovrebbe esserci l’incremento dell’assegno unico: «L’assegno sulla fascia povera è già cospicuo. Per chi ha un Isee fino a 15mila euro non sfigura nei confronti delle altre misure europee: è dai 30mila euro di Isee in su che è un pannicello caldo».
Il plauso di Rizzolli va al ritorno alla fiscalità. «Il punto debole dell’assegno, oltre alle cifre, è il fatto che va richiesto. Ci sono dei vantaggi perché in questo modo arriva anche agli incapienti, ma il lato negativo è il paternalismo di uno Stato che previa domanda dei cittadini elargisce un assegno… Il ricorso alla fiscalità cambia la prospettiva, perché è lo Stato che rinuncia a prelevare risorse al cittadino riconoscendo il contributo della famiglia ab origine. Altro che presentare domanda, dovremmo avere dei funzionari pubblici che si presentano in maternità con un mazzo di fiori e un sostegno. Bisogna invertire le parti. Una misura sulla carta così radicale – vedremo cosa sarà –cambia davvero l’atteggiamento».
Foto Unsplash
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