Sostenibilità

Meno polveri ma più riscaldamento globale

Lo sostiene l’Eucaari. La diminuzione degli aerosol atmosferici è una diretta causa dell’aumento del riscaldamento

di Redazione

Una riduzione dell’inquinamento atmosferico da polveri sottili provocherebbe paradossalmente un aumento del riscaldamento globale. A sostenerlo sono gli studiosi del progetto Eucaari (European Integrated project on “Aerosol Cloud Climate and Air Quality Interactions”), promosso dalla Commissione Europea, al quale hanno partecipato 48 istituzioni di ricerca di 24 Paesi, tra cui l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr). I risultati, appena presentati a Helsinki e pubblicati su Atmospheric Chemistry and Physics Discussions, aprono nuovi scenari sulla relazione clima-inquinamento. «Gli aerosol atmosferici, o polveri sottili, riflettendo la radiazione solare e favorendo la formazione di nubi», spiega Stefano Decesari, ricercatore dell’Isac-Cnr che ha preso parte a Eucaari, «causano un effetto di raffreddamento del clima terrestre, mascherando in parte il tasso reale del riscaldamento globale indotto dai gas serra». «I risultati del nostro progetto», continua, «dimostrano che se si impiegassero in tutto il mondo le migliori tecnologie disponibili per abbattere il livello di aerosol in atmosfera, si verificherebbe una riduzione dell’inquinamento che favorirebbe senza dubbio il miglioramento della qualità dell’aria, con conseguenze positive sulla salute, ma con un effetto collaterale sulle temperature medie globali».

Decesari quindi sottolinea che «l’abbattimento dell’emissione di inquinanti ridurrebbe infatti l’intensità del raffreddamento esercitato dalle particelle di aerosol, comportando un riscaldamento di circa 1ºC su scala globale entro il 2030». Un risultato preoccupante che arriva dopo tre anni di studi. Il progetto, costato 15 milioni di euro, ha rilevato dati in Europa (In Italia presso la stazione sperimentale Arpa ‘G. Fea’ di San Pietro Capofiume-Bologna), ma anche in Cina, Sud Africa, Brasile e India. «Abbiamo effettuato misure sia da stazioni al suolo che da aereo e da satellite», prosegue il ricercatore dell’Isac-Cnr. «Ora, grazie a queste ricerche», aggiunge ancora, «abbiamo una migliore comprensione del ciclo di vita degli aerosol atmosferici e questo ci permetterà di perfezionare i modelli per la predizione del clima e dell’inquinamento e di presentare prospettive più certe circa la loro evoluzione in Europa».

Cosa fare dunque per evitare le conseguenze negative del contrasto all’inquinamento? «Sicuramente», dice Decesari, «implementare il monitoraggio globale dei cambiamenti nella composizione dell’atmosfera e studiare le tipologie di particolato atmosferico, come gli aerosol carboniosi, responsabili dei maggiori impatti sulla salute».

«Inoltre», conclude il ricercatore, «dovremmo adottare nuove politiche per lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie ambientali che permettano di bilanciare gli effetti benefici e negativi della riduzione delle emissioni con studi mirati per le varie regioni del globo».

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