Economia
Meno politica, più impresa: il nuovo corso di Legacoopsociali
Dialogo con Eleonora Vanni dopo i primi cento giorni al vertice del comparto di cooperative sociali di Legacoop: «ll nostro ruolo politico deve essere figlio dell’interlocuzione che abbiamo con le nostre cooperative. La nostra soggettività politica è questa. Non quella della prossimità a un partito piuttosto che a un altro». La nuova impresa sociale? «Una grande opportunità»
di Redazione
Dallo scorso novembre guida Legacoopsociali, il comparto delle cooperarive sociali di Legacoop . A cento giorni dal suo insediamento e alla vigilia delle prossime elezioni politiche Eleonora Vanni, in questo dialogo con Vita, definisce le linee di lavoro di un organo che oggi rappresenta 1.800 cooperative per un fatturato aggregato di circa 3 miliardi di euro e 120mila addetti.
Partiamo dalle elezioni: il 4 marzo si vota. Ha un messaggio da recapitare ai leader, in particolare a quelli dello schieramento di sinistra e centrosinistra a cui storicamente siete più prossimi?
Credo che occorra fare una precisazione. Noi abbiamo dei temi portanti, l’accoglienza, le diseguaglianze, il lavoro, l’accesso ai servizi e la cura della salute per esempio, che presentiamo a tutto il panorama dei partiti. Non abbiamo alcuna interlocuzione particolare. Poi certo con alcuni è più complicato trovare consonanze, chi ha certa posizioni, come nel caso di Macerata. Ma il nostro ruolo di rappresentanza non prevede alcuna relazione particolare.
Suona come una presa di distanza rispetto a quello che succedeva in passato?
Sì, possiamo dire che rispetto all’immaginario collettivo che colloca la nostra organizzazione in un perimetro preciso c’è una discontinuità. Il nostro ruolo politico deve essere figlio dell’interlocuzione che abbiamo con le nostre cooperative. La nostra soggettività politica è questa. E credo che debba avere una prospettiva ampia e non partitica.
Ci sono esponenti di Legacoopsociali candidati alle prossime elezioni?
No, nessuno.
Lei ha davanti un mandato di 4 anni. Nel momento in cui è stata eletta ha parlato della necessità di «un’organizzazione competente con una leadership consapevole, credibile che agisca con coraggio». Cosa intende?
Da una parte la capacità di dialogare con tutti. Una prospettiva che non riguarda solo la politica, ma la società e il mercato. Le faccio un esempio. Io credo che la riforma dell’impresa sociale sia una grande occasione, perché potrà consentire al nostro mondo di confrontarsi con altri soggetti impegnati nel sociale, ma che magari lo fanno con altre qualifiche.
Nessuna paura quindi che, per esempio, una spa-impresa sociale vi possa “rubare” fette di mercato?
No, perché il nostro compito, anche al servizio delle coop che rappresentiamo, è quello di sperimentare nuove alleanza e di trovare nuovi mercati e ambiti di intervento. E il fatto che ci siano imprese sociali che arrivano da altri mondi può generare opportunità.
Meno autoreferenzialità e poi?
L’altro aspetto fondamentale è quello dello sviluppo locale. Io credo che noi dobbiamo diventare il motore nei territori. E par farlo serve la capacità di ridisegnare il nostro menu dei servizi in base ai bisogni che emergono. Non possiamo più limitarci ad erogare servizi.
Un’ultima domanda: il processo di costituire una centrale unica di rappresentanza delle cooperative e quindi anche di quelle sociali sembra aver rallentato. A che punto siete?
Bisogna evitare il rischio di una fusione a freddo. Ce ne siamo resi conto in corso d’opera. Per questo la scelta è stata quella di costruire alleanze solide dal basso, prima di procedere a livello nazionale. Quanto al comparto delle coop sociali questo iter è a buon punto a livello regionale, ma non solo. Tanto che su alcune partite importanti, pensiamo alla riforma del Terzo settore, abbiamo parlato sostanzialmente con una voce unica.
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