Salute

Melazzini: una “sanità virtuosa” per la Lombardia

Presentato al Meeting di Rimini il film documento su Mario Melazzini, l'oncologo malato di Sla da poche settimane numero uno della Sanità lombarda. Vita l'ha incontrato

di Redazione

"Io sono qui", si intitola il film-racconto-documento (il regista e autore è Emmanuel Exitu) presentato al Meeting di Rimini e che racconta con efficacia una settimana della (e nella) vita di Mario Melazzini, 54 anni, oncologo, dal 2002 malato di sla.
E Melazzini "era lì", in mezzo alle 200 persone arrivate in sala («un successo veramente inaspettato», dice commosso) per sentire e vivere, prima ancora che vedere, il racconto straordinario di questo medico-paziente cui la malattia ha dato una marcia in più per allargare i suoi fronti di impegno. Continuare a fare il medico, ovvio, ma anche a portare la sua competenza e grinta nel volontariato, come presidente di Aisla e direttore scientifico del Centro Nemo. Fino alla nomina a numero uno della cabina di regia della Sanità Lombarda, avvenuta proprio nei giorni caldi delle inchieste legate al caso Daccò: Melazzini ha assunto ad interim le deleghe strategiche del direttore generale, Carlo Lucchina. Passano quindi da lui tutti le decisioni che riguardano l'attuazione del Piano Socio Sanitario Regionale, i piani di organizzazione aziendale, la programmazione in edilizia sanitaria, lo sviluppo delle relazioni con le Università, le sperimentazioni e le collaborazioni fra soggetti pubblici e privati.
Un incarico che scotta, cui il numero di agosto di Vita (in edicola) ha dedicato la copertina, facendosi raccontare da Melazzini la sua "ricetta" per traghettare la sanità lombarda fuori dagli scandali. Ecco un estratto dell'intervista.

Vita. Il suo nuovo incarico, così complesso, non pensa che assuma anche un carattere simbolico molto evidente, vista la sua storia di medico-paziente fortemente impegnato nel sociale?
Melazzini. «Dipende in che prospettiva si voglia considerare questo carattere simbolico. La risposta è sì, concordo, se si intende che la responsabilità affidatami dalla Sanità lombarda dà un forte messaggio di uguaglianza: è la possibilità data ad una persona con disabilità di lavorare e portare il suo contributo in un ambito specifico e in generale alla società in forza delle sue competenze e della sua professionalità, nonché della sua esperienza acquisita come paziente, persona con disabilità, che mi permette di vedere, vivere, comprendere la cosiddetta “medaglia” da entrambi i lati, e quindi cercare di offrire e dare una risposta che sia la più appropriata e puntuale possibile. La risposta è invece no, non sarei d’accordo se la mia nomina fosse strumentale, cioè venissi usato come parafulmine: chi potrebbe criticare o fare insinuazioni su una persona con disabilità? Solleverebbe una certa indignazione nell’opinione pubblica. Se avessi avuto l’impressione di essere chiamato per questo, non avrei mai accettato, anche perché questa sì che sarebbe stata una vera e propria discriminazione, apparentemente buonista ma sostanzialmente meschina e svilente. Invece sono qui per essere giu- dicato, apprezzato o criticato per quello che riuscirò a fare assieme a chi lavora con me, con la trasparenza e la libertà più totali».

Vita. Il modello di efficienza e di qualità della sanità in Lombardia può convivere con episodi anche clamorosi di corruzione e di uso a dir poco disinvolto del denaro pubblico? È un prezzo da pagare per l’efficienza? Oppure è possibile evitare – e come – che questo sistema sia fortemente condizionato da lobby di potere che non hanno nulla a che fare con la salute dei cittadini?
Melazzini: «Prima di tutto posso dire con certezza che non c’è assolutamente un uso disinvolto del denaro pubblico: Regione Lombardia ha sempre allocato in modo appropriato e corretto le risorse sanitarie, tanto al pubblico quanto al privato. E posso ugualmente affermare che il Sistema non è condizionato da lobby di potere: se lo fosse, non avrei mai accettato questo incarico, non mi sarei mai compromesso con questa “macchina”. Vorrei sottolineare una cosa: il sistema sanitario è chiamato a cambiare, ma, almeno nella realtà lombarda, questo cambiamento non è conseguenza di una mala gestione, bensì imposto da un più ampio cambiamento che è di ordine economico e soprattutto della modifica del bisogno e della domanda di salute. Lo ha anche certificato la Corte dei Conti, che tracciando un bilancio del triennio 2009-2011 parla di “un’elevata capacità d’impegno relativamente alla spesa sanitaria”, grazie a cui “la Lombardia raggiunge un risultato positivo d’esercizio pari a 18,2 miliardi di euro, che incide positivamente sul risultato nazionale per 1,3% … Se le stime rilevate rappresentano un fattore positivo di attrazione del sistema sanitario lombardo, che dimostrano l’apprezzamento dell’utenza per la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie erogate, d’altro canto, costituiscono un consistente apporto sotto il profilo della sua sostenibilità”. La tanto citata e temuta spending review può diventare uno strumento per questo cambiamento: le risorse stanno diminuendo e mantenere una sanità virtuosa diventerà una missione quasi impossibile, e quindi per poter garantire una sanità efficiente bisognerà allocare in modo sempre più appropriato le risorse disponibili. Per questo dico che ogni euro, letteralmente ogni euro che esce da Regione Lombardia è controllato e appropriato, a fronte di verifiche e rendicontazioni precise e puntuali che non permettono di alterare il sistema. A questo proposito sarà sicuramente opportuno mettere a disposizione da una parte ade- guati strumenti per poter lavorare, dal- l’altra adeguati strumenti per poter controllare come si lavori e come si gestiscano le risorse date: ci saranno paletti sempre più stretti e indicatori sempre più precisi».

Leggi l'intervista completa a Mario Melazzini sul numero di agosto di Vita

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