Matteo, ieri sera di fronte a Lilli Gruber, ha annunciato che i tagli alla Sanità ci saranno e ammonteranno a 3-4 miliardi di euro. Subito dopo, però, ne ha cantate quattro anche alle multinazionali, annunciando il varo della tanto attesa “Google Tax”. Tutto bene, quindi? Sì, se non fosse per un piccolo particolare: la tempistica. I tagli alla sanità saranno inseriti già nel prossimo DEF. Per la Google Tax invece siamo solo alla fase degli annunci, perché bisognerà aspettare, se va bene, fino al 2017.
Che cos’è la Google Tax e a cosa serve? Bisogna essere consapevoli che l’Unione Europea è stata da anni trasformata in un immenso paradiso fiscale per le grandi aziende e le multinazionali. Risorse fiscali vengono drenate dai singoli paesi e portate verso i paradisi del Lussemburgo o dell’Irlanda. Grazie alla natura “digitale” del loro business, tante aziende della Silicon Valley sono riuscite a sfruttare al meglio tutte le contraddizioni delle fiscalità “corporate” presenti nell’Unione Europea. Non è evasione fiscale, si badi bene. Si chiama “elusione fiscale”. E’ assolutamente legale. Ma il risultato è che queste aziende pagano tasse risibili sui profitti realizzati nel mercato unico europeo.
La Google Tax avrebbe dovuto vedere la luce nel 2014 anche in Italia. Ma Matteo Renzi, appena preso il potere, ne bloccò l’entrata in vigore, adducendo la necessità di studiare meglio la materia e concordare la soluzione con l’Europa, sfruttando il semestre europeo. Però, a furia di studiare, di semestri europei ne sono passati tre e di Google Tax non c’è traccia. Adesso Matteo, dalla tribuna di Lilli Gruber, ha dato l’ultimatum. O l’Europa (sempre lei sul banco degli imputati) si decide o l’Italia procederà da sola e dal 1 gennaio 2017 la Google Tax sarà legge anche nel Belpaese.
Intanto che noi studiamo, la Germania e la Spagna hanno provato a reagire già nel 2013 e nel 2014 con alcune prime misure che hanno mostrato parecchi limiti. Il governo conservatore inglese ha elaborato una proposta più articolata e da quest’anno la Google Tax è realtà in Inghilterra.
Per quale motivo non muoversi quindi subito e inserire una Google Tax in salsa inglese già nel DEF di quest’anno? Non ci sembra che il nostro Premier sia un perfezionista che ama disquisire sulle virgole, con i professoroni e gli avvocatoni. Sicuramente, sarà imperfetta e ci saranno bulloni da stringere. Sicuramente, bisognerà cambiarla in futuro quando e se l’Europa deciderà di farla finita con i paradisi fiscali di casa. Ma se le famiglie italiane si sono abituate a modifiche periodiche della tassa sulla casa, Matteo, non pensi che le multinazionali basate in Irlanda o in Lussemburgo possano fare altrettanto?
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