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Meglio l’associazione di un Canadair
Incendi: enti del Terzo settore che "adottano" un pezzo di foresta. L'esperienza in prima linea di Tonino Perna
di Redazione
Quando fui nominato dal ministro Ronchi presidente dell?Ente Parco nazionale dell?Aspromonte (ottobre 1999), uno dei problemi che volli subito affrontare era quello degli incendi che normalmente colpivano il territorio del parco (circa 78mila ettari) con gravi danni per la flora e per la fauna, nonché per gli assetti idrogeologici: negli anni 90 si erano registrati una media di mille ettari bruciati all?anno! Intervistai i preposti all?antincendio (i capi delle squadre di operai idraulico -forestali, i responsabili del Corpo Forestale dello Stato) e ne venne fuori un quadro desolante: le squadre di operai che dovevano operare da terra venivano schierate spesso alla fine di luglio per ragioni burocratiche, la Regione Calabria doveva ancora rimborsare la benzina dei mezzi di tre anni prima (sic!), se un incendio scoppiava a fine turno si lasciava perdere perché gli straordinari non venivano pagati ecc. Una riunione in Prefettura chiarì anche che dal momento dell?avvistamento dell?incendio e dell?arrivo della telefonata al centro operativo del Corpo forestale all?arrivo del mezzo aereo, passavano in media , in provincia di Reggio, due ore e mezza.
No al gioco al ribasso
Così scelsi un?altra strada convinto del fatto che un parco nazionale non può permettersi il lusso di restare impotente di fronte alla distruzione del suo patrimonio naturale. Feci un bando pubblico in cui si invitavano le associazioni ambientaliste, le imprese sociali e le associazioni della protezione civile ad adottare una parte del territorio del parco durante la stagione estiva. Non feci una gara al ribasso, come spesso accade nella pubblica amministrazione, ma una gara in cui si affidavano parti di territorio ad associazioni e cooperative in base al loro curriculum ed all?esperienza-conoscenza di quella determinata area, fissando dei prezzi uguali per tutti sia per la diaria giornaliera dei ?volontari?, sia per il rimborso delle spese per la mobilità.
Il contratto prevedeva che un 50% del valore complessivo veniva anticipato dall?ente al momento della stipula del contratto, l?altro 50% dipendeva dai risultati: se la superficie bruciata superava lo 0,2% della superficie adottata si perdeva il 10%, sino ad arrivare all?1% di superficie bruciata che comportava la perdita totale di questa metà del valore del contratto. Dal 2000 al 2006, finché è rimasto in vigore questo sistema, la superficie bruciata in Aspromonte è scesa mediamente dell?80% rispetto agli anni 90. Un risultato straordinario dovuto al fatto che il presidio del territorio operato dai soggetti del terzo settore, che hanno in più il valore aggiunto della motivazione, è riuscito a dare una risposta concreta, operando da terra lo spegnimento immediato degli incendi e facendo opera preventiva di controllo e dissuasione.
Dalla padella alla brace
Un risultato che è stato preso in seria considerazione dalla Commissione europea per le Foreste, che mi ha convocato alla fine di gennaio del 2005, ma è stato ignorato in gran parte dalla classe politica italiana che pensa ancora ad affrontare la lotta agli incendi con più mezzi aerei e più risorse umane e finanziarie. In questo modo si è riusciti a creare una industria degli incendi che opera tanto sul versante delle società convenzioni con le Regioni, quanto sul fronte della riforestazione. Basti citare per tutti il fatto che la società Sma – che ha una convezione con le Regioni Puglia e Campania per l?antincendio per un valore complessivo di 60 milioni di euro l?anno – negli ultimi tre mesi ha ridotto la sorveglianza del 25% in seguito a un contenzioso con la Regione Puglia (vedi articolo sul Sole 24 ore del 27 luglio) proprio nel periodo in cui è avvenuta la tragedia che ha colpito il Gargano. E, dall?altra parte, per queste società è facile immaginare che più incendi ci sono più viene valorizzato, in termini economici, il loro lavoro. Anche gli interessati alla riforestazione possono essere soddisfatti: la stessa Regione Puglia ha già stanziato 1,4 milioni.
Detto in altri termini: se la macchina statale è impotente a far fronte alla calamità degli incendi, affidarsi al mercato è come cadere, in questo caso letteralmente, dalla padella alla brace. Se il patrimonio ambientale è un bene comune, l?unica soluzione per preservarlo è quello di creare un presidio responsabile del territorio, di innovare nel rapporto tra pubblica amministrazione e soggetti del terzo settore per difendere un bene che è di tutta la collettività.
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