Non profit
Meglio chi fa gruppo di chi fa squadra
"Per i primi è più efficace non lasciare dietro nessuno. Per i secondi è più efficace la selezione: ma credo che sbaglino".
Prenditi qualche ora di tempo libero, fai volontariato, l?azienda ti paga lo stesso il tempo dedicato agli altri e, in più, offre all?organizzazione non profit presso la quali hai prestato la tua opera un equivalente economico delle ore spese. Il programma di volontariato d?impresa Employee volunteering messo in piedi dal gruppo Unicredit funziona così. E alla sua prima edizione, da poco conclusasi, si è rivelato già un successo: nel periodo luglio-dicembre 2004, infatti, l?iniziativa ha interessato sul territorio nazionale 740 dipendenti per un totale di 66.555 ore dedicate ad attività di volontariato. Che, a 39 euro all?ora (l?importo che la fondazione Unidea si impegna a versare) fanno complessivamente 2.595.645 euro, ossia più di 4 volte l?importo di 600mila euro stanziato per l?anno appena trascorso. Insomma, un vero e proprio boom, andato ben oltre le più rosee aspettative.
«Abbiamo riscontrato livelli di interesse superiori alle nostre aspettative», esordisce Andrea Monari, responsabile della direzione delle risorse umane di Unicredit, «che confermano la valenza strategica di Employee volunteering. Innanzitutto perché sottintende la convinzione di fondo che noi, essendo un grande gruppo, non possiamo non tener conto delle responsabilità che abbiamo nei confronti di quello che ci accade intorno. A maggior ragione, se si tiene conto del fatto che Unicredit nasce dalla fusione di sette banche con un forte radicamento sul territorio e un?elevata propensione al sociale. Quindi come prima cosa abbiamo intercettato una domanda della ?base?».
«Il secondo aspetto da sottolineare», aggiunge Monari, «è che nel nostro gruppo lavorano molti dipendenti che dedicano una parte importante del loro tempo ad attività di volontariato ed è necessario che questa propensione diffusa trovi un riscontro ?all?altezza? da parte dell?istituto. Un?attenzione che si traduce anche in uno stimolo a lavorare in gruppo e a creare un forte spirito di appartenenza».
Ma come si concilia l?esigenza di fare squadra con quella di premiare le singole eccellenze? «Io non amo molto l?espressione ?fare squadra?», spiega Pierluigi Celli, responsabile della corporate identity di Unicredit e vice presidente della Fondazione Unidea, «ad essa preferisco quella di ?fare gruppo?. Fare squadra può essere un passaggio intermedio, comporta una selezione, fare gruppo invece significa tenere tutti insieme. Quando tu fai gruppo, devi portare avanti i bravissimi, i bravi, i meno bravi, non ti puoi dimenticare di nessuno e se lasci per strada qualcuno questi poi finiscono con il crearti molti più problemi che non prendendotene cura. Nel fare squadra sei portato a selezionare chi deve andare in campo, ma chi si sente selezionato e va in campo non è portato a farsi carico di quelli che restano in panchina». «Mentre in realtà», prosegue Celli, «poiché il campionato è lungo, tu hai bisogno sia di chi va in campo sia di chi resta in panchina. Se, al contrario, invece di fare squadra fai gruppo, incarichi le ?eccellenze? di valorizzare quelli che sono un passo indietro. L?eccellenza non è mai individualista».
E un progetto come Employee volunteering aiuta a muoversi in questa direzione?
«Sì, perché prende spunto dalla consapevolezza che oggi è cambiato profondamente il modo di gestire le risorse umane», afferma Celli, «peraltro fino a non molto tempo fa, più che di gestione si parlava di amministrazione del personale, attività che di fatto si traduceva nel coordinare le relazioni industriali e sindacali. Ma oggi le imprese sono profondamente cambiate, chiedono ai dipendenti non solo di svolgere una determinata mansione lavorativa in cambio di un corrispettivo economico, vogliono anche flessibilità, tempo, condivisione completa delle strategie». «E simili obiettivi», conclude Celli, «non si raggiungono se l?azienda non si ?fa carico? dei suoi uomini, cioè non li mette in condizione di lavorare sempre al meglio, condividendone aspirazioni non solo professionali ma anche sociali e di cittadinanza attiva».
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