Welfare

MEETING. Nuove carceri e lavoro la ricetta di Alfano

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano, con il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ha parlato di riforme e del necessità che in carcere si educhi al lavoro che "abbatte le recidive"

di Antonietta Nembri

da Rimini

Non solo carceri nell’intervento del ministro della Giustizia Angelino Alfano, ospite oggi al Meeting di Rimini, con il vice presidente del Csm Nicola Mancino, dell’incontro Si può dialogare sulla giustizia. A coordinare un affollato in contro Paolo Tosoni, presidente della Libera associazione forense.

Nel suo intervento introduttivo il vicepresidente del Csm ha premesso che occorre una grande disponibilità al dialogo e al confronto tra posizioni che ciascuno ha il diritto e il dovere di spiegare. Ha così indicato alcuni esiti positivi del confronto tra Csm e Parlamento nel biennio 2006-2008 come l’affidamento all’organo della magistratura del compito di scelta dei magistrati chiamati a ricoprire funzioni direttive negli uffici giudiziari o le modifiche processuali per rafforzare il ruolo del giudice nella conduzione del processo entro termini di ragionevole durata. «Restano ancora obiettivi importanti di riforma quelli per assicurare la certezza delle pene e delle sentenze; per questo dovrà proseguire il confronto e certamente il Csm non intende affatto interferire nel merito delle proposte di legge governative e nel dibattito parlamentare sulla riforma, ma restare nei limiti delle funzioni costituzionali che gli competono», ha sottolineato Mancino. In ordine alla riforma dell’azione disciplinare ha sottolineato la necessità dell’aumento delle sezioni con compiti di esercizio dell’azione disciplinare, al fine di poter rendere effettive l’azione e l’emanazione di provvedimenti. Quanto ai pareri, ha aggiunto, «essi sono previsti dall’ordinamento giudiziario come dati al Ministro e affidati alla sua libera valutazione: non possono contenere perciò bocciature dell’operato del governo, la cui valutazione è rimessa al Parlamento». Attraverso i pareri, invece, si tratta di mettere il ministro in condizione di conoscere i problemi reali sul tappeto. Mancino ha poi dichiarato di ritenere giusta la prevalenza del numero dei componenti togati rispetto a quelli laici, anche se «qualsiasi riforma è possibile, anche modificando le norme costituzionali, purché restino salvaguardati i principi dell’autonomia e della indipendenza della magistratura». Il vice presidente del Csm si è detto contrario a due organismi di autogoverno per giudici e pubblici ministeri.

Diversi i passaggi di Alfano sottolineati dagli applausi come quello in cui il guardasigilli ha rimarcato che la magistratura è autonoma, ma soggetta alla legge e le leggi vengono fatte dal parlamento eletto dal popolo. Tra i punti focali anche la riforma del processo penale «che vede in gioco la libertà della persona. E qui il primato deve essere sempre del giudice che è colui che riesce a far stare in equilibrio due piatti della bilancia della giustizia (l’accusa e la difesa), per altri invece il primato deve andare al Pm» ha osservato ricordando che a venti anni dalla riforma «questa idea della parità tra accusa e difesa è saltata». Garantire un processo giusto vuol dire quindi tempi più rapidi in accusa e difesa sono uguali. E a chi ha gridato all’eversione per l’idea di voler dare maggiori poteri alla polizia giudiziaria il ministro Alfano ha ricordato che questi compiti gli uomini delle forze dell’ordine li avevano già avuti fino a vent’anni fa.

Non ha dimenticato gli avvocati e la riforma dell’avvocatura che, ha ribadito il guardasigilli che è anche un avvocato «non può essere la professione del laureato in giurisprudenza che non trova altri sbocchi, occorre fare una selezione selettiva per andare verso una professione moderna».

Ieri al Meeting il carcere e le persone detenute sono state al centro dell’attenzione in occasione dell’incontro con il direttore del Dap, Franco Ionta e Giorgio Vittadini, al bar “Dai Carcerati”, anche se occorre osservare come tutti i giorni i detenuti padovani sono protagonisti nello stand di alta pasticceria che attira migliaia di avventori. E oggi, presente il ministro della Giustizia, non si poteva non ritrovare il carcere al centro dell’attenzione soprattutto in considerazione del fatto che, come ha ricordato lo stesso Alfano, «ieri sera nelle carceri italiane hanno dormito 63mila detenuti», a fronte di una capienza ordinaria di 43mila, «gli stranieri sono oltre 20mila e questo vuol dire che il sistema carcerario italiano è modulato sulla popolazione italiana» ha denunciato il guardasigilli. Negli ultimi sessant’anni, ha ricordato, per risolvere il sovraffollamento delle carceri si è ricorsi a indulti e amnistie «trenta dal 1948 a oggi, in pratica una ogni due, tre anni. Ma noi abbiamo scelto un’altra strada che risponda al bisogno di sicurezza dei cittadini e alla dignità della persona: costruire nuove carceri e l’educazione al lavoro. Per la crisi – ha aggiunto – sono stati fatti tagli in tutti i settori del ministero della Giustizia e del Dap, ma non ci sono stati tagli per i progetti che favoriscono il lavoro nelle carceri, perché il lavoro abbatte la recidiva».

L’ultima stoccata polemica è nei confronti dell’Europa: lo spunto la multa di mille euro comminata al nostro paese per la denuncia di un detenuto bosniaco che sta stretto in cella. «L’Europa si deve fare carico dei 20mila detenuti stranieri. O l’Europa si mette in testa di essere un interlocutore per un nuovo trattato per il rispetto degli accordi tra le due sponde del Mediterraneo o ci dia i soldi per costruire nuove carceri».

 

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.