Non profit

Meeting, cibo, computer e farmaci: l’esperienza dei Banchi

Per il ciclo Si può vivere così, la storia delle opere nate dall'attenzione ai bisogni dell'uomo

di Antonietta Nembri

da Rimini

«Sono tutte opere che nascono da un’attenzione ai bisogni dell’uomo, che permettono di valorizzare ciò che sarebbe considerato un rifiuto, ma soprattutto sono esperienze che contagiano e coinvolgono non solo le persone ma anche tante imprese». Così Mario Molteni, docente di Economia aziendale all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, introduce tre storie nate in momenti diversi, ma con la stessa origine. Stiamo parlando di computer, farmaci e cibo che sono al centro di tre diversi “banchi”: il Banco Informatico, quello farmaceutico e quello, forse più noto, il Banco Alimentare.

La prima delle tre opere presentate questo pomeriggio al Meeting, durante l’incontro del ciclo Si può vivere così è il Banco Informatico. Realtà nata quasi per caso: «Nel 2003 – racconta Stefano Sala, che ne è il direttore – la mia azienda aveva estratto i dati da un centinaio di computer di un’impresa che era rimasta coinvolta nell’incidente aereo del Pirellone di Milano; ma, al momento di tornare a prenderli, ci hanno chiesto se eravamo disposti a tenere noi i pc, perché a loro bastavano i dati contenuti nei dischetti. Dopo qualche mese ho incontrato un amico sacerdote che aveva bisogno di computer per la sua missione in Perù. Subito ho pensato che potevo donargli quei cento che avevo. Dopo qualche tempo a un mio amico è venuta l’idea: perché non trasformare quell’evento casuale in una organizzazione stabile?». Il Banco Informatico infatti altro non fa se non recuperare i computer inutilizzati dalle aziende, che anzi hanno addirittura un costo di smaltimento, e donarli agli enti che ne hanno bisogno. Ma siccome i computer donati dovevano essere funzionanti, «abbiamo coinvolto in quest’opera cinquanta ragazzi che ogni sera vengono ad aiutarci a testarli». Inaspettatamente dentro questa esperienza non profit si rivela anche una convenienza professionale: «Questa storia mi permette di affrontare il mio lavoro normale con una leggerezza nuova».

Marcello Perego, è il direttore del Banco Farmaceutico e così ne racconta la nascita: «Il banco è nato quando, su proposta della CdO di Milano, venne passata a me, che di mestiere faccio il farmacista, una richiesta per una donazione di medicinali. La nostra prima risposta fu che non eravamo in grado di aiutarli, perché gli ostacoli imposti dalla legge erano troppi. Dopo qualche tempo però, grazie all’amicizia con i farmacisti di Milano, trovammo la soluzione. Visto che i farmaci, per legge, potevano essere conservati solo in farmacia e che potevano essere solo i farmacisti a consegnarli, ci venne l’idea di usare le nostre farmacie come magazzino. Oggi le farmacie che collaborano con noi sono quasi tremila». Un gesto, quello della raccolta dei farmaci e della seguente distribuzione agli enti convenzionati, completamente gratuito, ma la cosa che stupisce di più sono i gesti straordinari che nascono da esperienze come questa, «come quello di Margherita, che per seguire e aiutare la crescita del Banco ha lasciato il suo lavoro».

Marco Lucchini del Banco Alimentare ha voluto raccontare la sua esperienza «che è nata dopo avere visto che esistevano esperienze simili negli Stati Uniti e in Spagna». All’epoca, nel 1988, Lucchini lavorava in una piccola catena di supermercati e poteva toccare con mano gli sprechi che venivano fatti in nome della logica di mercato: «Era incredibile che venissero gettate tante quantità di cibo, per cui quando il mio amico Giorgio Vittadini mi ha proposto di andare in Spagna a vedere un associazione in cui facevano un lavoro simile a quello che avremmo fatto noi dopo, ho accettato subito. E lì ho visto la risposta al mio desiderio, tant’è che ho lasciato anche il mio lavoro per buttarmi in questa esperienza». All’inizio non fu facile. «La prima volta che presentai il Banco Alimentare in un’università, un professore mi disse che era una bella idea che non aveva futuro. L’ho rincontrato l’anno scorso: mi ha chiesto scusa». Alla base di questa storia però c’è l’incontro con le persone, non la semplice raccolta di cibo per i più poveri. «Quando portammo l’esperienza del Banco in Brasile, a San Paolo, vidi che c’era un supermercato dove non avevano raccolto niente. Io pensai che era meglio andare via e spostarci in un altro posto. Lo dissi al volontario e lui mi rispose: ma non ci avete detto che fate questa cosa per incontrare le persone? Io non ho mai visto tanta gente del mio quartiere come oggi».

 


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