Sostenibilità

Mediterraneo: per Corte dei Conti troppe petroliere

La Corte nella relazione inviata al Parlamento, il Mediterraneo subisce il transito del 25 % del traffico mondiale del petrolio

di Redazione

La Corte dei conti richiama l’attenzione sul “traffico” di petroliere nel Mediterraneo e sull’inquinamento da scarico di oli: “pur rappresentando appena lo 0,7% delle superfici marine – fa osservare la Corte nella relazione inviata al Parlamento all’esito di una indagine sulla prevenzione e trattamento dell’inquinamento del mare – il Mediterraneo subisce il transito del 25 % del traffico mondiale del petrolio, per un totale di 360 milioni di tonnellate di cui un terzo movimentato nei porti italiani”. E’ un traffico – sottolineano i magistrati del controllo – ad alto rischio, sia per anzianita’ delle flotte (particolarmente di quelle appartenenti a bandiere-ombra), sia per il frequente ricorso a lavaggi, scarichi di acque di zavorra e morchie in navigazione: “pratiche vietate in Mediterraneo dagli accordi internazionali ma difficili da controllare e contrastare e che si calcola provochino lo sversamento di circa 600 mila tonnelate di idrocarburi”. La Corte fornisce anche alcune cifre: le navi petroliere e chimichiere ispezionate ogni anno sono circa 2.500, rappresentano oltre il 40 % di quelle che approdano nei porti italiani; 7.200 le tonnellate di rifiuti raccolti in mare nel periodo maggio 2001-maggio 2002; 26 milioni e 470.000 gli euro spesi lo scorso anno dal ministero dell’Ambiente in attivita’ di vigilanza e di controllo, cui vanno aggiunte le spese sostenute dalle Capitanerie di porto. La magistratura del controllo non trascura di evidenziare gli elementi positivi: l’introduzione dal 9 maggio scorso del divieto di approdo per le navi monoscafo piu’ vecchie; la collaborazione tra ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti; la costante presenza sui mari dei mezzi delle Capitanerie di porto e della ditta convenzionata. Ma vengono anche segnalati tutta una serie di ritardi “che condizionano l’attivita’ di vigilanza e di controllo”: ritardi legislativi – viene precisato – nella ratifica di accordi internazionali e nel recepimento di direttive europee; mancata realizzazione nei porti di depositi per lo scarico delle acque di zavorra e di lavaggio; realizzazione solo parziale del sistema satellitare di monitoraggio della navigazione; sporadicita’ delle azioni di risarcimento dei costi e di recupero dei danni dell’ambiente. Eppoi ci sono i ritardi e le carenze interne “che si sommano alle difficolta’, sul piano internazionale, di assicurare in tutti i Paesi l’osservanza delle norme di sicurezza delle navi e degli impianti e di comportamento da parte dei proprietari, degli armatori e degli equipaggi”.

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