Mondo

Medio oriente. Road peace

Il primo dicembre, a Ginevra, la società civile ha presentato un piano di pace. Che fa arrabbiare Sharon e piace a Colin Powell. Intervista a Simone Susskind.

di Carlotta Jesi

“L?accordo di Ginevra per la pace in Medio Oriente, è una straordinaria vittoria della società civile”. Vittoria a cui Simone Susskind, un?elegante signora belga di 56 anni, lavora da quand?era studente. “Ero una giovane attivista sionista che ignorava completamente l?esistenza di un problema palestinese. Ma dopo la guerra del 1967, ho compreso che Israele non avrebbe avuto un futuro senza la pace con i palestinesi. Avevo 18 anni, e ho fondato un?associazione che si chiamava ?Israele – Palestina, due Stati per due popoli?. La gente reagì ridendoci dietro o dandoci dei traditori. Allora, in Israele, meno dell?1% della popolazione era favorevole alla creazione di uno stato palestinese”. Le cose oggi vanno diversamente. Secondo un sondaggio del quotidiano Ha?aretz, il 31% degli israeliani sono favorevoli alla creazione dello Stato palestinese prevista dall?accordo che l?ex ministro della Giustizia israeliano, Yossi Beilin e l?ex ministro dell?Informazione palestinese, Yasser Abed Rabbo hanno presentato l?1 dicembre a Ginevra. Davanti a una platea di 400 persone tra cui sedeva anche Simone Susskind. Vita: Cos?ha provato alla firma dell?accordo? Simone Susskind: Due sensazioni molto diverse. Pura gioia, perché ero circondata da amici impegnati nel processo di pace e perché mi sembrava che i pezzi del puzzle cui avevamo lavorato stessero finalmente incastrandosi uno con l?altro. Al tempo stesso, però, ho provato una grande paura. Non riuscivo a smettere di pensare che se questo accordo verrà preso sul serio, come hanno già fatto Romano Prodi e Colin Powell, qualche ebreo ortodosso potrebbe cercare di assassinare Yossi. E la stessa cosa potrebbe accadere a Yasser Abed Rabbo. Hanno fatto moltissima strada per portare avanti il processo di pace. Vita: Quando e come è nato l?accordo di Ginevra? Susskind: Nell?estate del 2001, a un check point tra Gerusalemme e Ramallah, dove Beilin e Rabbo hanno creato la Israeli/Palestinian Coalition for Peace. Anch?io mi trovavo lì, insieme a molti altri esponenti della società civile frustrati per il fallimento dei negoziati di Taba. L?idea era di portare avanti il processo di pace cui eravamo arrivati così vicini e che c?era sfuggito, ma questa volta coinvolgendo l?opinione pubblica israeliana e palestinese. Sapevamo che bisognava responsabilizzare i cittadini per riuscire là dove i politici avevano fallito. Ricordo che erano presenti molti giornalisti, ma la sera, guardando la televisione israeliana, mi accorsi che non si dava alcuna notizia della creazione della Coalizione. Fu allora che decidemmo di lanciare la Coalizione in Europa. Un mese dopo, il professore svizzero Alexis Keller, che credeva nel processo di pace e che era molto appoggiato dal suo governo, invitò Beilin a tenere una conferenza a Ginevra. È così che sono stati rilanciati i negoziati di pace, nel mezzo della seconda Intifada, e con un chiaro obiettivo: mobilitare l?opinione pubblica. In ogni comunità. Vita: Come siete riusciti a raggiungere un accordo sulle questioni che dividono israeliani e palestinesi da anni? Susskind: Sapevamo che l?approccio step by step, un passo alla volta, già seguito per i negoziati di Oslo, Camp David e anche a Taba, non avrebbe funzionato. Con quell?approccio, non si era mai riusciti ad arrivare alle questioni cruciali perché i negoziati si bloccavano a metà su problemi meno rilevanti. Sapevamo che fino a quel momento i negoziatori avevano avuto paura di andare contro all?opinione pubblica e contro le questioni considerate tabù. Beilin e Rabbo hanno fatto esattamente il contrario: hanno sfidato i tabù come la costituzione di uno Stato palestinese e la divisione di Gerusalemme arrivando a dei compromessi e, allo stesso tempo, hanno portato avanti i negoziati su questioni secondarie. Vita: Avete raggiunto un accordo anche sul muro che Sharon sta costruendo e che vuole ampliare? Susskind: Nell?accordo di Ginevra, non si fa cenno del muro. E, secondo me, non è una questione rilevante. Se il processo di pace andrà avanti, crollerà come il muro di Berlino e discuteremo solo di quanto è costato. Vita: Sharon è fermamente contrario all?accordo di Ginevra. Sostiene che l?unico piano di pace per il Medio Oriente è la Road map. Crede che l?Unione europea e gli Stati Uniti possano fargli cambiare idea? Susskind: Molti israeliani, anche di sinistra, sostenevano che avrebbe cambiato strategia. Io non l?ho mai creduto, e ora sono fermamente convinta che sia necessario cambiare democraticamente il governo. Spero solo che non ci voglia troppo tempo. L?accordo di Ginevra, inoltre, non è un?alternativa alla Road map. Anzi, semmai è la sua terza parte, è un suo completamento. Vita: Ha detto che l?accordo è una vittoria della società civile. Si è mossa in maniera diversa dal passato? Susskind: Rispetto agli anni 60, quando non c?era alcun contatto tra israeliani e palestinesi e all?idea di un possibile dialogo lavoravano solo i radicali da entrambe le parti, la società civile ha fatto molta strada. Non voglio essere troppo ottimista, perché rimane ancora molto lavoro da fare. Ma di sicuro, tutti coloro che hanno lavorato come volontari al processo di pace, hanno imparato molto. Hanno capito che l?approccio idealista non era realista. E che non bisognava ripetere gli errori del passato. Vita: Errori commessi dalla società civile? Susskind: Anche dalla società civile, sia quella palestinese che quella israeliana. Anche gli accordi di Oslo erano nati per iniziativa della società civile, ma quando sono stati presi in mano dalla politica, gli attivisti e gli intellettuali che li avevano promossi si sono addormentati. Hanno assistito alla pace con la Giordania e hanno lasciato che della pace si occupasse Rabin. E, in un certo senso, lo hanno abbandonato. Con gli accordi di Ginevra, la società civile ha dimostrato di saper sbloccare una situazione che i politici non riuscivano a risolvere. Vita: Oltre ai due ex ministri, chi ha portato avanti il processo di pace? Susskind: Tante persone che hanno promosso l?incontro tra israeliani e palestinesi in ogni parte del mondo. Che hanno spianato la strada. Vita: Come ha fatto lei? Susskind: In un certo senso sì. Non sono uno dei negoziatori, ma ho promosso la Coalizione in Europa convincendo Beilin e Rabbo a presentare il loro piano di pace alle istituzioni europee e promuovendo continui contatti tra una parte e l?altra. Sono convinta che, fintanto che si demonizzano i nemici, non c?è modo di arrivare a una soluzione di pace. L?unica via è promuovere il dialogo, conoscersi. Vita: Dagli anni 80, lei mette allo stesso tavolo donne israeliane e palestinesi. Che ruolo pensa debbano giocare per portare la pace in Medio Oriente e, in generale, per combattere il terrorismo internazionale? Susskind: Senza coinvolgere le donne nei negoziati ufficiali, non andremo da nessuna parte. Basta guardare cosa è accaduto in passato. Nessuna donna ha fatto parte delle delegazioni che hanno discusso di pace a Camp David e a Taba. Fra i negoziatori che hanno portato all?accordo di Ginevra, ci sono tre donne israeliane e una palestinese. Ma sono ancora poche. A Ginevra, con altre persone impegnate nel processo di pace, abbiamo deciso di chiedere una maggiore partecipazione delle donne. In Svizzera non abbiamo fatto in tempo a lanciare un comunicato, ma stiamo lavorando per lanciare il nostro appello. Vita: Quale sarà il suo prossimo passo? Susskind: Dopo l?incontro con Colin Powell, tutto si sta muovendo molto velocemente. Romano Prodi ha invitato i negoziatori a Bruxelles ed è in aumento la percentuale di israeliani favorevoli all?accordo di Ginevra. Personalmente, sono in partenza per Teheran. Sto lavorando a un progetto di cooperazione tra le donne impegnate nella società civile del Belgio e dell?Iran. L?obiettivo, anche in questo caso, è mettere allo stesso tavolo le donne dei due Paesi. Insieme alla società civile locale, sto selezionando le persone con cui promuovere la comprensione reciproca. E, ovviamente, la pace.


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