Mondo

Medio oriente, Obama il dialogatore

«Dobbiamo fare un passo indietro dall'abisso, la prospettiva della pace esiste ancora», ha annuniciato ieri la Casa Bianca

di Franco Bomprezzi

Il presidente americano Barack Obama dopo l’incontro di ieri con il re giordano Abdallah ha annunciato un vertice per giugno con i leader di Israele, Palestina ed Egitto. A Washington a giugno si ritroveranno quindi  Netanyahu, Abu Mazen e Mubarack.



“Medio Oriente: Obama invita i leader e rilancia il dialogo” è il titolo del CORRIERE DELLA SERA, che dedica alla questione Durban anche una caustica vignetta di Giannelli che rappresenta Ahmadinejad sul palco della conferenza e alle sue spalle un Hitler gigante. Il presidente americano per il CORRIERE è «sulle orme di Carter e Clinton» e ha invitato i leader di Israele, Palestina ed Egitto negli Usa per colloqui separati nel tentativo di far ripartire il processo di pace in Medio Oriente. «Dobbiamo fare un passo indietro dall’abisso», ha detto il presidente americano al termine della sua visita al re di Giordania, e non ha fatto mistero di desiderare per l’area «due Stati sovrani in pace l’uno in fianco all’altro». «Non è chiaro però», nota il CORRIERE, «fino a che punto il presidente sia disposto a spingersi nel far pressione su Gerusalemme». I tre leader mediorientali dovrebbero arrivare a Washington prima del 6 giugno, data del viaggio di Obama in Francia.

“Medio Oriente, i leader da Obama”: dedicata agli esteri la prima di LA REPUBBLICA. Il presidente degli Stati Uniti ha deciso di abbandonare la politica dei piccoli passi e di convocare a Washington una conferenza per fine maggio/giugno con il premier israeliano Netanyahu, il palestinese Abu Mazen e il presidente egiziano Hosni Mubarak. Una serie di incontri bilaterali (non un vertice comune) per rilanciare il dialogo. Il più scettico è il leader israeliano (che ha scartato l’ipotesi dei due Stati, soluzione che invece piace molto a Obama). In realtà, sottolinea Alberto Flores D’Arcais, è un modo per mettere fuori gioco l’Iran di Ahmadinejad e il suo alleato Hamas (non invitato ai colloqui).

IL MANIFESTO inserisce il tema di Obama e il Medio Oriente nell’articolo che dedica il titolo alle reazioni israeliane al discorso di Ahmadinejad “Tel Aviv: Ahmadinejad “è il nuovo Hitler” nel giorno dedicato a ricordare la Shoa. «Israele, i palestinesi e tutte le parti coinvolte devono fare “un passo indietro dall’abisso” e lavorare per soluzioni pacifiche. È questo l’appello lanciato ieri da Barack Obama, al termine dell’incontro con il re giordano Abdallah. Il presidente statunitense ha anche ribadito l’impegno della sua Amministrazione per la soluzione dei “due Stati”, uno israeliano e uno palestinese, e ha detto di aspettarsi “gesti di buona fede” (…) Parole che sembrano rivolte non tanto ai palestinesi ma al premier israeliano Benyamin Netanyahu (…) Obama ha ribadito la sua linea sul conflitto israelo-palestinese ma ieri avrebbe compiuto una scelta più opportuna intervenendo per placare la tensione e cercare di porre termine alle accuse che si scambiano Israele e Iran da quando, due giorni fa, è cominciata la conferenza dell’Onu sul razzismo a Ginevra (…) Nessuno osa dirlo eppure Israele e Iran sono già in guerra . Per ora è una guerra fatta di parole (….)».

Sul SOLE 24ORE c’è giusto un boxino a pag. 11 (“Obama convoca il Medio Oriente”) per dare la notizia dei negoziati ripresi e dei colloqui, rigorosamente separati, con i leader di Israele, Anp ed Egitto. Difficile che Washington riproponga alla lettera il piano di Annapolis, anche perché il governo israeliano, «il più a destra da almeno 10 anni», chieda una formula diversa. E se Netanyahu pone per la ripresa dei negoziati la condizione del riconoscimento dello stato di Israele da parte dei palestinesi, la Casa Bianca ritiene invece che il riconoscimento debba essere l’esito del negoziato e non il suo punto di partenza.
Sullo sfondo, la conferenza Onu (approvazione del documento finale del summit e dichiarazioni su Ahmadinejad paragonato Hitler). Secondo l’analisi di Alberto Negri, «è in Europa che l’anti-ebraismo si trasforma in anti-semitismo. Il primo metteva al bando gli ebrei ma ne vietava l’annientamento in quanto testimoni storici della verità evangelica. Questa è la differenza con il moderno anti-semitismo che considera l’ebreo una razza inferiore». Quando si verifica in Medio Oriente il passaggio dall’antisionismo all’antisemitismo? «Il fallimento degli stati laici lascia un vuoto che viene riempito dall’integralismo islamico e il conflitto non è più tra sionisti, palestinesi e arabi, ma si trasforma in una lotta epocale fra ebrei e mussulmani».

«Le sue parole sono orrende, ma continueremo il dialogo» sono le parole del presidente Obama che IL GIORNALE riporta nell’occhiello della pagina esteri. Le parole a cui Obama si riferisce sono quelle di Ahmadinejad che vuole cancellare dalle cartine geografiche Israele. Gianni Micalessin scrive « L’imbarazzo  della casa Bianca è emerso durante la conferenza stampa  di ieri con il re saudita Abdullah in cui Obama liquida come orrende e discutibili le parole di Ahmadinejad, ma  conferma il progetto di un dialogo diretto con Teheran in cui tutte le opzioni restano sul tavolo. Una parziale marcia indietro  in cui il presidente, indebolito dagli affondi di Ahmadinejad è costretto a evocare l’opzione militare». Nella stessa pagina esteri un fondo firmato da Fiamma Nirestein dal titolo  “Il coraggio dell’Europa dura 12 ore” che parte a raccontare l’attesa , di 20 minuti, nel corridoio fuori dalla sala dell’assemblea da parte dei Paesi che non hanno presenziato al discorso di Ahmadinejad  per concludersi con una domanda «Come stupirsi  che ora l’Europa non dica che la conferenza di Ginevra non c’entra nulla con la lotta contro il razzismo perchè l’Onu non sa.

LA STAMPA scrive delle reazioni del presidente americano Barack Obama nei confronti dell’Iran nell’ambito di una pagina dedicata alla conferenza Onu contro il razzismo, che si è di fatto chiusa in anticipo a Ginevra. “Obama irritato: Iran più lontano” è il titolo di un pezzo del corrispondente da New York. Appena atterrato con l’aereo che lo ha riportato in patria dalla Svizzera, il presidente iraniano è stato accolto da una folla di militanti che gridava fra gli altri slogan «Morte all’America». Poco dopo è arrivata la reazione del presidente Usa «che per la prima volta dal suo insediamento alla Casa Bianca ha criticato a chiare lettere il leader iraniano» scrive il corrispondente de LA STAMPA. Obama ha tra l’altro ricordato di «non aver mai avuto facili illusioni» sul percorso del dialogo con la Repubblica Islamica. Circa le frasi pronunciate su Israele durante la conferenza, Obama ha detto di ritenerle «paurose, lesive della prospettiva di migliorare le relazioni bilaterali» e seppure in maniera indiretta ha fatto riferimento all’uso di altre opzioni rispetto al dialogo: «Continueremo ad avere con l’Iran un approccio basato sui contatti diplomatici diretti ma senza togliere dal tavolo le altre opzioni».

Un piccolo articolo a pagina 25 di AVVENIRE dà notizia dell’iniziativa del presidente statunitense “Obama «convoca» Egitto, Anp e Israele E sulle torture non esclude punicizioni”. In giugno i colloqui con Mubarak, Netanyahu e Abu Mazen. Cheney attacca il presidente che «Ieri ha lasciato la porta aperta a possibili incriminazioni degli avvocati dell’amministrazione Bush che hanno dato luce verde agli interrogatori duri. Gli agenti Cia invece che “hanno agito in buona fede”, non saranno puniti».



E inoltre sui giornali di oggi:



TESTAMENTO BIOLOGICO

LA REPUBBLICA – “Il video shock del malato di Sla «Mi hanno tolto la libertà di morire»”. Paolo Ravasin, 49 anni da 10 affetto da Sla, ha inviato un video messaggio al presidente della Repubblica e a quelli di Camera e Senato. Contesta il disegno di legge sul testamento biologico. «Volete sottrarmi l’unica libertà che mi è rimasta: quella di poter decidere sulla mia morte. Avete approvato un decreto che rende carta straccia la mia decisione di non sottoportmi ad alimentazione e idratazione forzata… che l’Oms ha definito trattamenti sanitari a tutti gli effetti».


BULLISMO

LA REPUBBLICA – R2 fa un focus su ” Quei ragazzi col coltello che spaventano Roma”. Titolone ad effetto per descrivere un fenomeno che sta prendendo sempre più piede: girare per la città armati di coltello per potersi difendere in ogni occasione. «Meglio un cattivo processo che un buon funerale»: spiega così un 19enne la sua decisione di avere il taglierino sempre con sé. Il fenomeno è trasversale. Dai Parioli a Tor Bella Monaca. Cioè dai figli dei professori universitari (ieri ne hanno fermato uno) ai coattoni di periferia. Alemanno vuole mettere metal detector nelle discoteche e lanciare una campagna sul bullismo.  



IMMIGRATI

CORRIERE DELLA SERA – “I medici che non vogliono denunciare i clandestini” è il titolo di un bel pezzo che parla di medici obiettori contro il provvedimento che toglie il divieto di denuncia dei clandestini da parte dei sanitari. Ci sono distintivi al camice «Io non ti denuncio», cartelli multilingue per rassicurare gli immigrati sans papier che hanno bisogno di cure, che secondo statistiche non ufficiali dall’inizio dell’anno sono calati del 10/20% proprio per paura di essere scoperti. Al San Paolo di Milano per esempio vanno forte le spille antidenuncia, mentre al Casilino di Roma i medici hanno firmato una circolare in cui si impegnano a non segnalare nessuno.



DESIGN

CORRIERE DELLA SERA – “Anche il caminetto è bio, l’anno del design etico”: al salone del Mobile è di scena il riuso come stile di vita, dice il CORRIERE, che fa diversi esempi: dall’energia eolica  alle lampade che catturano la luce e la rilasciano, dalla vernice mangia-smog alla cucina riciclabile al 100%: «nella casa del futuro la parola d’ordine è responsabilità», che oltretutto fa parte della ricetta contro la crisi.



RIFUGIATI

IL MANIFESTO – L’apertura e la foto di prima pagina è dedicata agli scontri di ieri a Bruzzano “Razzismo al vertice” è il titolo ai servizi nelle pagine interne che raccontano “Cariche e violenza della polizia a Bruzzano, vicino a Milano contro la protesta dei rifugiati politici senzatetto, privi di asilo e di qualsiasi diritto nell’Italia che si vanta di aver disertato il summit Onu di Ginevra sul razzismo”. Al tema viene dedicato anche un commento a pagina 20 “Giochiamo tutti a porte chiuse” di Luca Fazio «Qui non gioca solo Balotelli. Milano da oggi è anche la capitale mondiale del mobile. 220 mila metri quadrati di padiglioni, 2.723 aziende presenti 300mila visitatori da tutto il mondo a shakerare la movida, 450 eventi glamour in punta di design e un giro d’affari da 550 milioni di euro in sei giorni. Ma trovare trecento posti letto no, quello è impossibile, anche se ad essere inseguiti e manganellati in mezzo alla strada sono profughi riconosciuti come tali dallo stato italiano (…). Il comune di Milano, come sempre, si è comportato in maniera indegna, e la politica si è quasi completamente disinteressata di un caso che dovrebbe meritarsi la ribalta internazionale (…) Invece quasi non fa notizia, perché le quotidiane aggressioni – e quella di ieri lo era più di altre perché esercitata dai rappresentanti dello stato – ci ha stufato un po’ tutti (…) A meno che “gli incresciosi episodi di razzismo” non avvengano in uno stadio, luogo sacro dove la messa in scena impressiona ancora il popolo italiano, l’unico dove almeno sulla carta (di giornale) vengono riconosciuti e sanzionati come tali. Allora cosa è peggio, la nostra indifferenza e il nostro silenzio oppure i cori degli ottantamila contro Balotelli?».


DURBAN II

AVVENIRE – “Lotta al razzismo Sì alla risoluzione” è il titolo in prima pagina dell’AVVENIRE  che nel catenaccio riporta la posizione del Vaticano che “deplora posizioni «estremiste e offensive»”. A pagina 5 gli articoli tra i quali quello che riporta la posizione della Santa Sede «Un documento forse “non perfetto”. Ma in ogni caso quello approvato ieri a Ginevra, “rispetta punti sostanziali dei diritti umani, apre la strada a continuare a negoziare in futuro su alcuni temi che, per la prima volta, sono stati accettati universalmente”. È il giudizio espresso ieri, ai microfoni della Radio vaticana da monsignor Silvano Tomasi».


CROCE ROSSA

ITALIA OGGI – “Il sistema stabilizza i precari della Croce Rossa”. E’ il titolo nella sezione Primo Piano di ITALIA OGGI sulla richiesta della Lega Nord e appoggiata dall’ Udc per stabilizzare definitivamente circa 2500 precari della Croce Rossa italiana, ovvero di trasformare i contratti a tempo in rapporti di lavoro definitivo.
Dopo lo straordinario impegno di uomini e di mezzi profuso per affrontare l’emergenza sisma in Abruzzo,  sostiene l’articolo di ITALIA OGGI, sembra molto plausibile che le ultime resistenze del governo sulla proroga dei contratti scaduti cadranno presto.
A spingere per la stabilizzazione dei contratti, è stata la Lega Nord. Il deputato della Lega Massimo Polledri, si legge nell’articolo, “ha infatti invitato l’esecutivo e in particolare il ministro Brunetta, a tralasciare le soluzioni -ponte e a darsi da fare per risolvere subito  la questione in maniera definitiva”.
L’articolo riporta anche alcuni dati sull’operato della Cri in Abruzzo. Ebbene, in pochi giorni, la Cri ha raccolto 3 milioni di euro, nelle primo ore ha impiegato quasi 800 tra volontari e operatori, ha preparato centinaia di colazioni, 80,000 pranzi, 80.000 cene e quant’altro. «Numeri di rilievo che dimostrano», ha detto il deputato dell’Udc Angleo Compagnon, «l’importanza di affidare servizi e compiti così delicati a personaggi e addetti capaci e che abbiano la tranquillità necessaria per lavorare con il massimo impegno. Credo che questi soggetti, che indubbiamente non si senetono nella tranquillità e nella sicurezza che servono a tutte le persone che vogliono e devono dare un buon servizio, debbano avere una risposta».

 

AMBIENTE

IL SOLE 24ORE – Due pagine dedicate al vertice del G-8 di Siracusa sui cambiamenti climatici e la copia del giornale a impatto zero. Sarà un banco di prova importante dopo la svolta impressa da Obama alle politiche Usa sull’effetto serra. Insieme agli otto grandi, anche altri 12 Paesi e la Cina pronta a impegnarsi sul taglio dei gas inquinanti. Sul piatto diverse strategie. L’Inghilterra propone un piano per salvare le api.



CRISI

LA STAMPA – “Fmi: crisi da 4 mila miliardi” è il titolo che apre l’edizione di oggi. Il Fondo monetario internazionale ha emesso una nuova stima sui costi della crisi: e perdite nel mondo saranno di almeno 4100 miliardi di dollari (circa 3100 miliardi di euro), 2800 dei quali a carico delle banche. Nel rapporto si legge fra l’altro che il debito pubblico italiano arriverà nel 2010 al 121% del Pil. LA STAMPA intervista Roger Kubarych, capo economista della Borsa di New York duurante la crisi finanziaria dell’87 e oggi analista del “Council on Foreign Rleations» di New York. Secondo l’esperto il rapporto dell’Fmi è soprattutto un monito all’Unione europea e alla Cina, che si sono rifiutati al summit del G20 di varare gli stimoli economici «suggeriti con forza dal presidente Obama. Il rapporto avverte questi Paesi che non c’è più tempo da perdere, devono varare gli stimoli economici al più presto per evitare il peggio sui mercati mondiali». Secondo l’economista il rapporto Fmi «fa paura, ma è molto vero» e «non è il momento di farsi facili illusioni» e che «la crisi sarà superata quando, molto lentamente, si innescherà un altro ciclo positivo dell’economia, a cominciare dall’acquisto di immobili venduti sul mercato al loro prezzo reale».

 IL SOLE 24ORE –  apre su “Allarme stretta per il credito”. Nel rapporto sulla stabilità finanziaria, l’Fmi stima in 4.100 miliardi di dollari le perdite della crisi. L’economia globale rischia una stretta creditizia fino al 4% per effetto delle azioni di risanamento nel settore bancario. Tim Geithner, segretario Usa al Tesoro, chiede alle banche di non avere a rimborsare i prestiti del governo, perché «prima di ogni cosa viene la tutela del mercato del credito». Scenari: «L’esplosione senza precedenti del deficit Usa», dice Martin Feldestain nell’editoriale (“Mr. Obama e il virus chiamato inflazione”) «evoca lo spettro di un’inflazione galoppante per il futuro».


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