Salute
Medicina solidale, l’Italia ne ha sempre più bisogno
La testimonianza di Lucia Ercoli, responsabile sanitario dell'associazione Medicina Solidale Roma, delinea una situazione difficile. «Solo a Roma sono 16mila le persone che ogni anno si rivolgono a noi: l'età media è di 25 anni. il 70% sono donne. Il 20% ragazzi con meno di 15 anni. La crisi economica ha tagliato trasversalmente il nostro Paese, le famiglie sono sempre più povere. Gli ospedali devono smetterla di considerarsi come delle aziende e ricordiamoci che una società che lascia ai margini i più deboli non è una società democratica»
di Anna Spena
Stanno nascendo poco alla volta su tutto il territorio nazionale. Esperienze di medicina solidale che prima ancora di curare fanno emerge il problema di salute sommerso che esiste soprattutto nelle aree di disagio, emarginate e dimenticate, delle periferie. «Proviamo a dare una risposta al bisogno di salute inespresso delle persone», dice a Vita.it Lucia Ercoli, responsabile dell’associazione Medicina Solidale di Roma.
L’associazione è nata nel 2003 e dal 2004 ormai si prende cura di circa 16mila persone ogni anno. Lavora nelle periferie romane anche se «non immagino una situazione diverse nelle altre aree periferiche delle grandi città», ammette con un filo di tristezza la Ercoli. Ed infatti non potrebbe essere altrimenti. Il quadro che emerge dai dati raccolti e dal racconto della sua esperienza di “dottore solidale” è sconfortante. Lo è ancora di più perché «una società che lascia ai margini i più deboli», dichiara, «non è una società democratica».
Quello che offre l’associazione romana è un servizio poli specialistico. «Però», spiega Lucia Ercoli, «il nostro focus non è la patologia d’organo ma la salute che è una condizione di benessere della persona. Non basta “dare una pilloletta” a qualcuno se poi, quel qualcuno, torna in una casa che è un tugurio dove neanche si può lavare le mani. Quella pasticca diventa inutile».
I dati sono allarmanti: sulle 16mila persone prese in carica ogni anno il 70% è composto da donne ed il 30% da uomini. Quando l’associazione è stata aperta a richiederne il supporto erano soprattutto rom ed immigrati. «Ma negli ultimi quattro anni», precisa la Ercoli, «il 40% della nostra utenza è italiana: sono famiglie che si trovano in situazione di povertà estrema. La povertà ha tagliato trasversalmente questo Paese».
L’età media della persone che si rivolgono ai centri dell’associazione è tra i 25 e i 30 anni. Giovanissimi. E il 20% delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio hanno meno di 15 anni. «Le donne sono sempre la fascia più debole», continua la Ercoli. «L’obiettivo era ed è aiutare tutti. Ma ascoltando la realtà ci siamo trovati davanti ad un altro fenomeno allarmante e per questo ci siamo concentrati sulla tutela della salute materno-infantile. Abbiamo scoperto che troppe giovani donne – immigrate, rom, italiane – rimanevano incinte e poi abortivano. Quando abbiamo iniziato a chiedere “ma perché abortite” o “ma perché volete abortire” la risposta rimaneva invariata: “non abbiamo soldi”. Ed ecco che si ritorna al problema della povertà».
Dal 2004 ad oggi sono state effettuate 100mila visite mediche, 4mila è il numero delle gravidanze sostenute, 2mila quello dei bambini coinvolti in programmi di sorveglianza pediatrica e igienico-nutrizionale. Poi ancora 3200 i bambini coinvolti in programmi di distribuzione di viveri, 12mila gli utenti a cui sono stati offerti programmi di educazione sanitaria ed esami di screening per HIV, epatiti e tubercolosi.
Ma non basta. «Non basta mai», continua la Ercoli, «perché di anno in anno il grado di povertà aumenta e le persone hanno bisogno, sempre più, di essere sostenute». L’associazione non ha nessun tipo di finanziamento statale. Ci lavorano 30 volontari e si sostiene con le donazioni che arrivano dall’8 per mille della Tavola Valdese, progetti di ricerca, «poi abbiamo ottenuto anche il sostegno della fondazione migrantes e un grade aiuto ci arriva dell’elemosineria apostolica». Tra gli altri problemi riscontrati: la malnutrizione infantile, i problemi cardiovascolari e diabete ed obesità.
Domani a Napoli si terrà una tavola rotonda “Esperienze di Medicina Solidale” nella Sale del Consiglio dell’Arcidiocesi di Napoli. «Dobbiamo creare una sinergia con le altre realtà del territorio. Solo così potremmo presentare una proposta nazionale per pensare ad una soluzione più solida rispetto a questi problemi».
E quando si chiede a Lucia Ercoli qual è l’errore principale che stiamo facendo tanto da raggiungere dati così allarmanti: «Considerare gli ospedali come delle aziende. Sradichiamo questo concetto. Perché quando l’ospedale diventa azienda l’interesse non è più la salute».
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