Salute
Medici su Fb, ma non “amici” dei propri pazienti
Una recente indagine rivela che sono sempre più i medici con un profilo su Facebook, ma quasi tutti non accettano richieste di amici dai propri pazienti
di Redazione
Un numero sempre crescente di medici attiva un “account” su Facebook. Questa presenza di medici su Facebook non si traduce, tuttavia, in occasioni di incontro con i propri assistiti. È quanto emerge da una indagine recentemente pubblicata sul Journal of Medical Ethics che documenta come 8 medici su 10 rifiuterebbero un’eventuale richiesta di “amicizia” sul noto social network da parte dei propri pazienti. La notizia è riportata dal sito dell’Istituto farmacologico Mario Negri
Uno degli obiettivi di questo studio, condotto da ricercatori francesi su 405 tra medici e ricercatori dell’ospedale universitario di Rouen, era quello di indagare sulla loro disponibilità ad accettare le richieste di “amicizia” che arrivano dai propri assistiti per stabilire con loro un canale di comunicazione virtuale. Dei 202 medici che hanno risposto ai questionari somministrati dai ricercatori, oltre la metà ritiene che la relazione medico-paziente verrebbe compromessa nel caso in cui un assistito potesse accedere al profilo attivato su Facebook dal proprio medico. Inoltre, l’85% dei medici intervistati ha dichiarato che non accetterebbe mai la richiesta di amicizia da parte dei loro pazienti. Le ragioni principali di questo rifiuto sono da individuare nella voglia di mantenere le distanze dai pazienti (98%), dal desiderio di proteggere i propri dati personali (98%) e dalla convinzione che questa interazione non sarebbe corretta dal punto di vista etico (88%).
Solo il 15% sarebbe disposto ad accettare, valutando però caso per caso.
Lo studio ha inoltre potuto verificare che sebbene la totalità dei medici rendano pubblici alcuni loro dati personali (il loro vero nome, la data di nascita e la loro fotografia), coloro che accettano di pubblicare l’indirizzo di posta elettronica o informazioni sul proprio curriculum scolastico o professionale sono poco più della metà, che si riducono a meno del 10% quando invece si tratta di rendere pubbliche informazioni più “sensibili” come l’orientamento sessuale, politico o religioso.
I medici intervistati sembrano essere particolarmente attenti alla loro privacy considerato che oltre il 60% di essi ha deciso di adottare politiche restrittive di accesso al proprio profilo e ai contenuti pubblicati sulla propria bacheca, arrivando anche a impedire che il loro nome possa essere individuato attraverso il motore di ricerca di Facebook o tramite i motori di ricerca generalisti.
Sembra quindi che i medici non vedano in Facebook un possibile canale di comunicazione con i propri pazienti.
I ricercatori concludono che ai medici non dovrebbe essere impedito di aprire un profilo su Facebook, ma che essi dovrebbero attivare tutte le procedure di sicurezza per consentire l’accesso alle informazioni in esso contenute esclusivamente agli “amici”. E tra gli “amici” non dovrebbero trovare spazio i loro assistiti.
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