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Medici e sbarchi, quello che Musumeci non vede
Pubblichiamo in esclusiva la testimonianza del dirigente dell’ ufficio territoriale di Augusta - Usmaf Sicilia (Ministero della Salute) dove mercoledì 1 luglio sono sbarcati i 43 naufraghi salvati dalla Mare Jonio: otto di loro sono risultati positivi al Covid-19. In risposta al Presidente della Regione Siciliana che nei giorni scorsi aveva criticato il personale sanitario da sempre presente nei luoghi di sbarco, la testimonianza dal porto di Augusta rivela tutte le ombre della cattiva gestione del fenomeno migratorio in tempi di pandemia
Queste le parole del Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, queste le parole pronunciate con estrema leggerezza da chi, mio malgrado, non ha contezza dei protocolli, delle profilassi da attuare, delle linee guida medico sanitarie che seguiamo ogni volta, queste le parole che hanno il suono di un puro e semplice manifesto politico e non piuttosto di una denuncia concreta, solida. Sono un medico, ed in quanto tale, ho il preciso dovere di rispettare quello che il mio codice deontologico mi impone, ovvero in primis esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità di comportamento, contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l’indipendenza della mia professione.
In tal senso le mie parole non nascono dall’esigenza di ottenere un confronto di natura politica o anche solo ideologico, quanto piuttosto dalla necessità di non affidare la mia reputazione professionale ad attacchi ingiustificati che possano ledere il decoro e la dignità del lavoro che ho scelto, nonché l’operato che da anni svolgo al servizio del Ministero della Salute, con lo stesso scrupolo e impegno iniziali attenendomi semplicemente ai principi morali di umanità e solidarietà. Il perseguimento della tutela della salute, nel rispetto della dignità e libertà della persona, è stato ed è per me una costante su cui ho sempre improntato ogni mio atto professionale, nella consapevolezza che prima di essere un medico sono una madre ed una donna, con diritti inviolabili riconosciuti ad ogni essere umano.
Lo sbarco dei migranti nella nostra isola non è dato nuovo, non è un evento legato alla tristemente nota pandemia che ha stravolto il nostro Paese portandosi con sé milioni e milioni di anime, distruggendo famiglie e sfiancando ai limiti dell’umano tutto il personale sanitario.
Lo sbarco dei migranti nella nostra isola non è dato nuovo, non è un evento legato alla tristemente nota pandemia
Si tratta, all’opposto, di una vera e propria emergenza sanitaria che ormai da anni viene usata e abusata per permettere ai più di fare propaganda, per regalare occasioni di interventi pubblici con carattere mediatico e/o politico, per istaurare giochi di potere dimenticando però sia il lato prettamente umanitario, sia anche coloro che in prima linea si assumono, sommessamente, i rischi maggiori.
Mi riferisco ai medici dell’Usmaf, di cui ormai da trentatré anni faccio orgogliosamente parte, a quei medici che oggi il Presidente Musumeci addita come impreparati, negligenti, imperiti ed imprudenti. Ci siamo trovati innumerevoli volte a dover fronteggiare situazioni estremamente delicate, prima era la tubercolosi, poi l’ebola, oggi il Covid-19, e mai nessuno, nemmeno il nostro Presidente Musumeci si è chiesto che strumenti avessimo a disposizione per tutelare noi e l’intera comunità, quali protocolli si dovessero attivare, quali fossero le linee guida da seguire, quali mezzi ci erano concessi per riconoscere il pericolo, o anche solo il rischio del pericolo.
Nessuno ha mai puntato un faro su quello che i medici dell’Usmaf, hanno fatto per anni, notte e giorno, senza nessuna pausa per le festività, con il freddo gelido di inverni pesanti e con il sole cuocente che arroventava l’asfalto. Tutti noi “addetti ai lavori” ci siamo trovati a dover fare i conti con la drammaticità di contare cadaveri che senza alcuna identità venivano chiusi in sterili sacchi bianchi, con bambini scalzi ustionati dal sole, con occhi persi in scene di guerre, con la povertà di esseri umani che avevano perso ogni cosa e ogni affetto.
Ciò che il Presidente non ha ricordato nelle sue parole è la disponibilità che ha sempre trovato nei medici dell’Usmaf (pur non essendo regolato normativamente nel loro CCNL l’istituto della reperibilità), sempre pronti ad intervenire tempestivamente una volta allertati, non ha ricordato (probabilmente perché non ne è a conoscenza) delle difficoltà, soprattutto nei periodi iniziali di tale esodo migratorio, che si incontravano nel salire a bordo – supportati dalla presenza del Gicic – di navi colme di persone stremate dal viaggio, con condizioni psicologiche alquanto precarie ove il rischio di essere aggrediti fisicamente e incorrere in linciaggi, era all’ordine del giorno.
Per anni io e i miei colleghi abbiamo svolto quella che sin dall’Università era per noi una “Missione”. Si, perché la professione di medico la scegli non ti capita per caso, scegli consapevolmente di salvare vite umane, di fronteggiare malattie rare, di mostrare coraggio anche quando ti manca. Non siamo macchine deputate a fare i burocrati, non è quello che abbiamo scelto, siamo donne e uomini che hanno fatto degli altri la loro priorità, prima della propria famiglia, prima del denaro, prima della carriera, prima del prestigio professionale.
Si, perché la professione di medico la scegli non ti capita per caso, scegli consapevolmente di salvare vite umane, di fronteggiare malattie rare, di mostrare coraggio anche quando ti manca
Oggi invece, il Governatore Siciliano ci recrimina che avremmo dovuto mettere in quarantena l’intera nave, che non avremmo dovuto permettere a nessuno di sbarcare, senza tuttavia sapere concretamente che per i protocolli sanitari vigenti in materia, quei migranti non potevano essere trattenuti. Mi spiego meglio. Il rimorchiatore cargo “Mare Ionio”, al centro della vicenda, è una nave abilitata al trasporto di merci, la quale secondo il DMPC dell’11 giugno 2020 emanato dalla Presidenza del Consiglio, non ha alcun obbligo di quarantena con la conseguenza che tutto il personale di bordo non è soggetto all’obbligo di isolamento. Ciò nonostante, andando contro a quanto statuito nelle misure di prevenzione al contagio, ho ritenuto di bloccare il rimorchiatore e di mettere tutto l’equipaggio in quarantena, con la conseguenza che ancora oggi e sino all’esito dei tamponi la nave non è in libera pratica sanitaria, ed è ormeggiata al Porto di Augusta con il divieto per coloro non strettamente autorizzati a salire a bordo. Anche il rifornimento di beni di prima necessità per l’intero equipaggio, quali a mero titolo esemplificativo viveri e medicinali, è inibito se non attraverso lo scrupoloso rispetto delle procedure medico sanitarie applicabili nei casi di quaranta obbligatoria.
Relativamente alla situazione dei 43 migranti che erano ospiti del rimorchiatore, già visitati dal medico di bordo della “Mare Ionio” il quale riferiva come gli stessi si trovavano in condizioni psichico sanitarie estremamente vulnerabili e delicate, abbiamo attuato ciò che il Regolamento sanitario Internazionale (R.S.I.) prescrive in casi del genere. Sono stati pertanto scrupolosamente visitati, ma forse il Presidente Musumeci non è a conoscenza che con l’unico strumento a nostra disposizione (un banale termometro) non avremmo potuto individuare la positività o meno al virus del Covid19.
I Medici dell’USMAF relativamente alla “gestione” dei migranti, oltre ad essere i primi ad essere esposti a possibili contagi (nessuno mai ne ha sottolineato la drammaticità dell’aspetto), sono deputati a verificare le condizioni sanitarie degli stessi e dinnanzi all’assenza di sintomi riconducibili a malattie infettive e diffusive, hanno l’obbligo di procedere allo sbarco. Nel caso di specie nessuno dei migranti presenti sul rimorchiatore “Mare Ionio” aveva una temperatura superiore ai 37.5, nessuno mostrava problemi di carattere respiratorio e si comprende come, con un banale termometro, altro non si può né conoscere né prevedere. Siamo medici, non indovini.
Nel caso di specie nessuno dei migranti presenti sul rimorchiatore “Mare Ionio” aveva una temperatura superiore ai 37.5, nessuno mostrava problemi di carattere respiratorio e si comprende come, con un banale termometro, altro non si può né conoscere né prevedere. Siamo medici, non indovini
Vi è di più (e questo il Presidente ha omesso di “denunciarlo”). I 43 migranti erano stati collocati dal personale di bordo in uno spazio angusto di circa trenta metri quadrati, l’uno ammassato l’altro, senza alcuna possibilità di “distanziamento sociale”. Il dato non può certo essere sottaciuto, perché se si parla di misure finalizzate ad evitare il contagio e la diffusione del Covid19, si comprende senza troppi giri di parole, che quella situazione era contraria ad ogni protocollo medico sanitario vigente in materia, ma ancor di più contrastante con il principio fondamentale del rispetto della dignità di ogni essere umano.
Tra le altre cose, ero stata informalmente informata, che le autorità competenti avevano individuato un luogo ove mettere in isolamento i migranti, che avrebbe garantito agli stessi le dovute distanze sociali nonché i controlli medico sanitari più accurati, che noi medici dell’Usmaf possiamo porre in essere (ripeto) solo con un termometro capace di rilevare la temperatura corporea. Non abbiamo nient’altro.
Inoltre, i migranti una volta sbarcati dalla “Mare Ionio” sono stati presi in carico (perché di loro competenza) dai medici dell’ASP, che hanno sottoposto gli stessi ad ulteriore visita medica. Se così non fosse stato, se avessimo impedito lo sbarco di soggetti privi di qualsivoglia sintomo patologico riconducibile al virus Covid19, saremmo stati additati come sequestratori di vittime innocenti, come carnefici, come ammogliati con giochi di potere che per anni abbiamo visto svolgersi nelle retrovie delle panchine portuali.
La verità è che siamo il capo espiatore di chi continua a scaricare su altri responsabilità proprie.
Ci terrei altresì a ricordare al Presidente Musumeci, che le linee guida applicate alla situazione emergenziale Covid19 non sono state dettate da noi medici dell’Usmaf, ma dall’Oms il quale ha più volte ribadito come, affinché possano attivarsi i protocolli anti-contagio, la temperatura corporea deve superare i 37,5.
La sottoscritta oltre ad essere un medico è una donna emotiva e sensibile che dinnanzi a infondate e fittizie “denunce” non può far altro che sottolineare come tutti i protocolli siano stati correttamente e legittimamente attivati, ma soprattutto non può sottacere il dato prettamente umanitario che si nasconde dietro ogni sbarco di migranti, io che in uno dei miei primi sbarchi ho scelto di adottare uno di quei milioni di ragazzini che arrivano da noi sono con una busta e con un cuore frantumato, io che ogni singolo giorno della mia vita ho scelto di salvare vite, di qualsiasi essere siano, italiano o straniero, giovane o adulto, sano o malato.
Forse prima di fare affermazioni un po' troppo superficiali, mettendo in cattiva luce il lavoro degli Usmaf sarebbe più costruttivo che il Presidente Musumeci interagisse con gli uffici preposti ai controlli e si confrontasse in maniera più approfondita con i vertici politici. La cattiva pubblicità, soprattutto se poco veritiera, non serve a nulla, anzi peggiora la situazione già precaria creando disagio a chi svolge la propria missione con grande senso del dovere.
Io che in uno dei miei primi sbarchi ho scelto di adottare uno di quei milioni di ragazzini che arrivano da noi sono con una busta e con un cuore frantumato, io che ogni singolo giorno della mia vita ho scelto di salvare vite, di qualsiasi essere siano, italiano o straniero, giovane o adulto, sano o malato
*Giuseppina Di Giacomo, dirigente dell’ ufficio territoriale di Augusta – Usmaf Sicilia (Ministero della Salute)
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