Non profit
Mcl e Ucoii parlano la stessa lingua
Costalli: «Sono maturi i tempi per trovare un minimo comune denominatore». Elzir: «Vogliamo contribuire alla crescita del Paese»
A guardarli l’uno a fianco dell’altro, Carlo Costalli, presidente nazionale dell’Mcl, e Izzeddin Elzir, presidente dell’Ucoii, sembrano i protagonisti de La strana coppia, la commedia ambientata a New York negli anni 60. Stazze fisiche opposte; uno cristiano e l’altro musulmano; uno ha il gusto della provocazione, l’altro, da quando in marzo è diventato presidente dell’Ucoii, è quello che le provocazioni le subisce. Mercoledì 9 giugno erano a Milano al convegno «Cittadinanza: Legalità, Giustizia, Sicurezza, Dialogo» promosso dalle due sigle. Una prova di dialogo schietta e davvero proficua.
Ammettendo che il sistema e la sua organizzazione sono in ritardo sulla questione del rapporto con l’islam e della cittadinanza agli immigrati, Costalli ha sottolineato la necessità di trovare un minimo comune denominatore socio-politico che consenta agli italiani di lungo corso di fare scelte adeguate e ai nuovi venuti di sentirsi coinvolti. «I tempi sono maturi per aprire inedite finestre di conciliazione culturale. Ma anche fare rete, individuare obiettivi comuni», ha detto Costalli.
«I musulmani italiani», secondo Elzir, sono pronti e svolgere un ruolo attivo nella società italiana: «Vogliamo contribuire alla crescita economica, sociale, politica e culturale del Paese. Cosa che gli 1,5 milioni di musulmani residenti in Italia già fanno anche se la legge non li riconosce come cittadini. Anzi, a noi vengono chieste cose che agli altri non vengono chieste». Come dire: siamo abili ma per qualcuno non siamo ancora arruolabili.
Tutte rose e fiori? Non è così secondo il docente di Relazioni internazionali dell’Università Cattolica di Milano, Vittorio Emanuele Parsi che, assieme a Paolo Branca e al vicepresidente di Mcl, Noè Ghidoni, completava il parterre dei relatori. «C’è un problema, se non ci fosse non saremmo qui a parlarne. Il punto» ha continuato Parsi, «è che noi dobbiamo includere nel muro della nostra polis i nuovi venuti, chiedendo però loro di essere attivi, non solo di essere protetti dalla legge. Ma affinché le porte della città siano aperte, chi arriva deve conquistare la fiducia di chi è dentro. E per ottenere questa fiducia che sacrifici sono disposti a fare?».
Alcune risposte le ha date Paolo Branca. L’islamologo dell’Università Cattolica ha invitato i musulmani in Italia a cambiare tattica: «Non serve fare le parti delle vittime. Se giocate di rimessa, al massimo pareggiate i conti, ma non vincerete le partite. Dai musulmani mi aspetto che prendano iniziative positive, che si mobilitano per cause non islamiche, che spiazzino coloro che li ascoltano».
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