Sostenibilità

Mc Cain, una via verdeverso la casa bianca Un annuncio a sorpresa: ridurre del 60% le emissioni di gas. Una presa di distanza sempre più netta dal clan dei petrolieri. Ma è svolta vera o solo tattica? di Alessandra Marseglia

elezioni Usa Il "piano" del candidato repubblicano

di Redazione

Negli stessi giorni in cui George W. Bush viaggiava in Medio Oriente, la campagna elettorale di John McCain, il candidato repubblicano in corsa per la Casa Bianca, faceva tappa nel North West America. Mentre l’attuale presidente incontrava il re saudita Abdullah implorandolo di tenere basso il prezzo del petrolio, il candidato McCain passeggiava per le foreste dell’Oregon, attento a farsi riprendere dalle telecamere mentre stringe le mani agli ambientalisti più attivi d’America.
«Non possiamo far passare altri otto anni senza prendere seri provvedimenti sul problema del surriscaldamento della Terra», ha spiegato alla stampa il senatore repubblicano, annunciando il suo impegno elettorale: «Ridurre del 60% le emissioni di gas nocivi all’ambiente entro il 2050». Poco conta che l’obiettivo del piano di McCain sia modesto rispetto a quelli presentati da entrambi i candidati democratici (che parlano di un 80% in meno fino al 2050). Quel che conta in questo momento, per McCain e il partito repubblicano, è che gli elettori colgano la distanza tra il senatore dell’Arizona e George W. Bush.
Il presidente “cowboy”, infatti, è riuscito nella non facile impresa di raggiungere uno degli indici di gradimento più bassi della storia dei presidenti a stelle e strisce. Bush è per gli americani oggi il responsabile di quasi tutti i mali che affliggono il Paese, compreso il caro benzina, il cui prezzo è cresciuto di un dollaro in soli sei mesi. Per McCain, dunque, differenziarsi dal presidente texano – lo stesso che tratta con gli arabi, porta avanti gli interessi delle lobby dei petrolieri e non ha mai sottoscritto il protocollo di Kyoto – è una scelta obbligata. Anzi, per i repubblicani e per McCain la questione ambientale potrebbe rappresentare una chiave di volta per uscire dall’impasse in cui si trovano.
Guardando alla storia politica del senatore dell’Arizona c’è da pensare che il suo impegno per l’ambiente non sia dettato solo da opportunismo elettorale. McCain ha un passato da repubblicano fuori dagli schemi, che in diverse occasioni ha assunto posizioni fortemente critiche nei confronti delle lobby economiche.
Nel 1996, ad esempio, fu uno tra i cinque senatori, l’unico repubblicano, che votarono contro il Telecommunication Act, una legge che di fatto ha favorito i colossi delle tlc deregolamentando completamente il mercato; in quell’occasione, McCain non ebbe il timore a denunciare pubblicamente le laute donazioni di danaro elargite “casualmente” in quell’anno dalla AT&T, la principale compagnia telefonica americana, ad entrambi i partiti politici. Ancora, nel 1998, a causa di una sua campagna contro il fumo, il senatore diventò il nemico numero uno delle multinazionali del tabacco, che spesero oltre 40 milioni di dollari in spot pubblicitari, molti dei quali rivolti personalmente contro di lui. Nel suo curriculum politico c’è un braccio di ferro con la lobby dei produttori di etanolo – energia inizialmente favorita dal governo americano ed oggi dichiarata più inquinante della normale benzina – e un attacco frontale contro la Boeing, per un contratto multimilionario di cui il senatore evidenziò sprechi e irregolarità.
Naturalmente rimane da capire quanto McCain terrà fede al suo passato di repubblicano indipendente e quanto invece verrà a patti con l’ala lobbista del partito. «Non illudiamoci», ha scritto la nota commentatrice Arianna Huffington, «McCain ha già venduto l’anima ai colonnelli del suo partito».

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