Economia

Mazzocco. Statuti: la sfida di affermare un’identità.

La presidente di Federsolidarietà sulle novità del diritto societario: "È un passaggio che accresce la nostra autonomia e ci fa riflettere sulla nostra mission".

di Redazione

La necessità di modificare gli statuti delle cooperative è un momento importante per tutto il mondo della cooperazione. Chiediamo a Vilma Mazzocco, presidente di Federsolidarietà, di illustrarci il suo punto di vista. Socialjob: Presidente, perché è così importante la riflessione sullo statuto delle cooperative? Vilma Mazzocco: Il lavoro che abbiamo avviato in questi mesi, in particolare il seminario realizzato il 21 settembre a Roma, è una tappa fondamentale del percorso di attuazione della riforma del diritto societario. La definizione dei nuovi statuti deve essere il frutto di scelte orientate e organizzate in un chiaro e condiviso progetto imprenditoriale. Lo statuto deve essere uno strumento di governance e di comunicazione dell?identità della cooperazione sociale. Socialjob: Quali sono i cambiamenti più significativi? Mazzocco: Senz?altro l?espansione dell?autonomia statutaria, che permette di scegliere le opzioni più idonee alle caratteristiche organizzative, imprenditoriali e finanziarie della singola impresa. A seguito della riforma lo statuto deve diventare una vera e propria carta di identità della cooperativa, in grado di contenere sia gli orientamenti di qualità imprenditorialmente vincenti sia le peculiarità dell?essere impresa cooperativa sociale. Socialjob: È possibile, secondo lei, ipotizzare un ?modello tipo? di statuto? Mazzocco: Almeno nei suoi elementi essenziali, sì. Nel nostro seminario abbiamo presentato uno statuto ?base? che identifica chiaramente la vision e la mission delle cooperative, a partire dal modello etico e imprenditoriale di Federsolidarietà, per cui sono importanti valori come il radicamento territoriale, la democraticità, la specializzazione, la trasparenza e la responsabilità nella gestione, l?organizzazione multistakeholder e la rendicontazione sociale. Lo statuto deve cioè costituire un richiamo forte alla nostra realtà e alla nostra funzione, un elemento di identificazione rispetto alle altre organizzazioni di Terzo settore, e dare il segno della differenza delle nostre cooperative rispetto alle altre forme di impresa. Socialjob: Può fare un esempio? Mazzocco: Certo. Nel nostro statuto tipo la mutualità prevalente è indicata quale scelta fondante. Come si sa, la riforma del diritto societario la riconosce in modo automatico a tutte le cooperative sociali che si attengano alla legge 381/91, ma noi chiediamo invece che sia un dato reale, vivo, frutto di un approccio consapevole. Socialjob: Quali altre scelte importanti identificano il vostro statuto-tipo? Mazzocco: Senz?altro quelle relative al modello multistakeholder. La nostra è una scelta impegnativa in termini di governance e di mediazione tra i vari portatori di interessi coinvolti nei processi decisionali e di produzione partecipata: soci, lavoratori, utenti, volontari. Oggi i cittadini che fruiscono dei servizi delle cooperative sociali sono centinaia di migliaia. Vogliamo rendere ben visibile la presenza e il peso che gli utenti, le loro famiglie, le parti attive delle comunità locali assumono nelle nostre cooperative. Lo statuto deve affermare con chiarezza la loro possibilità di influenzare e verificare le scelte e i risultati dell?intervento sociale. Socialjob: In che modo i nuovi statuti dovranno affermare il ruolo territoriale delle cooperative sociali? Mazzocco: Senz?altro dobbiamo riconoscere l?importanza, nella nostra azione, del perseguimento dello sviluppo socio-economico-culturale della comunità, riaffermando la necessità di collaborare con altre istituzioni e di ?contaminarle? per superare la logica delle politiche sociali come un?arena di spesa in favore di un welfare per lo sviluppo. In quest?ottica lo statuto dovrà esplicitare la scelta del radicamento territoriale. Socialjob: Cosa significa per voi essere radicati nel territorio? Mazzocco: Qualcosa di molto importante, anzi necessario per essere effettivamente impresa di comunità, vocata alla sussidiarietà riconosciuta come tale anche nelle concertazioni territoriali sancite dalla legge sull?assistenza (la 328 del 2000). La territorialità tende al coinvolgimento della comunità locale, a evitare deleghe, a promuovere una cultura di reti di solidarietà funzionali anche e soprattutto alla prevenzione, e consente di trasformarsi da erogatori dei servizi a infrastruttura per lo sviluppo locale. Socialjob: C?è un modo in cui le cooperative potranno indicare la propria specializzazione nei nuovi statuti? E se sì, quale? Mazzocco: Il nuovo articolo 2521 del Codice civile richiede indicazione dell?oggetto sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci, ma questa dev?essere una scelta vincente e non un semplice adempimento burocratico. È la nostra esperienza imprenditoriale a dire che solo la specializzazione e l?integrazione in reti consortili permetteranno alle cooperative sociali di porsi come protagonisti nella realizzazione di un nuovo sistema integrato di interventi e servizi sociali per dare risposte alle filiere di nuovi diritti. Socialjob: Nel vostro modello si parla anche di bilancio sociale… Mazzocco: Ben prima che il bilancio sociale diventasse quasi un oggetto di moda, sull?onda dell?interesse verso la responsabilità sociale delle imprese, molte nostre cooperative e altre significative realtà di Terzo settore l?avevano già adottato. Questa primogenitura, come dice il professor Stefano Zamagni, non ci viene riconosciuta, ma è un segno tangibile dell?osmosi culturale, carsica, sotterranea che i soggetti di privato sociale hanno messo in atto in Europa. Sempre più siamo convinti che il bilancio sociale sia lo strumento in grado di render conto sia del valore della mutualità esterna prodotta, sia del valore prodotto nello scambio tra soci e impresa cooperativa. I bilanci sociali devono, in altre parole, consentire di valutare «il perseguimento dell?interesse generale della comunità alla promozione umana e all?integrazione sociale dei cittadini», che è per l?appunto il fine delle cooperative sociali secondo la legge che le ha riconosciute, la 318 del 1991.


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