Non profit
Mauro Croce: «Con la pubblicità cresce una nuova generazione di giocatori»
La Delega Fiscale si appresta ad arrivare sul tavolo del Consiglio dei Ministri. Al suo interno l'art. 14 in tema di pubblicità non impone un divieto assoluto, come si sperava. Vita.it, dopo aver lanciato una petizione, ha parlato con Mauro Croce, psicologo, psicoterapeuta e criminologo esperto di azzardo proprio dell'incidenza degli spot sul fenomeno del gap
Mentre il decreto legislativo sull'azzardo elaborato dal Ministro dell'Economia si appresta ad arrivare, mercoledì prossimo, sul tavolo del Consiglio dei Ministri col rischio di veder approvato l’art. 14 che elude il divieto assoluto agli spot sul gioco, come chiesto a gran voce dalla società civile, nasce una petizione, lanciata dal Movimento No Slot su Change.org per fermarne l’approvazione. Vita.it ha deciso di parlare con lo psicologo, psicoterapeuta e criminologo, Mauro Croce, esperto di azzardo. Un’intervista per capire quanto la pubblicità incida sul fenomeno del Gap.
Quanto e che peso ha la pubblicità nella divulgazione dell’azzardo legalizzato?
Ovviamente tantissimo. Il problema è che gioca sulle nostre passioni e sulle nostre frustrazioni. Pensiamo a “Win for life”, mentre con la crisi si perdono dei diritti il gioco diventa un'illusione di restituzione di un maltolto. La Fornero ha creato gli esodati però c'è “Vinci casa”. Oppure “Turista per sempre” che fa immaginare una vita e un modo che non esistono senza fatica o problemi. E ti fanno credere che tutti ne stanno godendo tranne te. In Italia non abbiamo la tripla A in economia ma ce l’abbiamo nei giochi. Abbiamo infatti giochi fortemente Appetibili, Accessibili e Additivi. Non è più il soggetto che va a cercare deliberatamente il gioco ma è il gioco che viene a cercare te, stimolandomi per altro nei miei momenti di debolezza. Giochi per giunta pensati per favorire processi di dipendenza.
Ma la pubblicità gioca un ruolo solo per quello che riguarda l’appetibilità o anche per gli altri due segmenti?
Gioca un ruolo molto forte nell'appetibilità naturalmente. Ma anche dal punto di vista dell'accessibilità perché la pubblicità aiuta a riconoscere un prodotto e a renderlo facilmente reperibile. Ci sono alcuni slogan che passeranno alla storia. Il “Ti piace vincere facile” è eccezionale. Ma anche "Caccia al sogno” del Lotto di qualche anno fa, mirato per gli anziani. C'era la pubblicità della Snai “Ci sei o ci Snai” con un linguaggio molto fresco. Ricordiamoci che il marketing ha una storia lunga, l'ha inventato il nipote di Freud. Ed è una manipolazione. C'è in particolare l'hook model, che ne è una tipologia, che serve appositamente per “uncinare” il consumatore. Questo è il modello della pubblicità sull'azzardo.
La pubblicità non può rivolgersi ai minori per legge. Questo significa che i bambini sono al riparo dal pericolo?
Anche se non è diretta a un minore e non potrebbe esserlo indubbiamente affascina e attira. E poi ci sono escamotage che permettono di aggirare il divieto. Le ticket redemptions ad esempio, che sono delle macchine tipo slot ma che fanno vincere tickets e non danno premi in denaro, sono disponibili anche per i minori. Un modo per fidelizzare la clientela a crescere una persona con questa idea della fortuna che determina la vita. Non c'è abilità ma solo il caso. Il flipper di una volta prevedeva una certa perizia. Adesso invece è solo caso. Poi ci sono le app slot per bimbi. Si lavora al passaggio dal video game al video gambling.
Sta delineando il quadro di una vera e propria aggressione all’infanzia…
Si c'è un aggressione verso i minori volta a creare una mentalità, delle consuetudini e una vera e propria educazione per preparare la generazione dei giocatori di domani. È un insieme di strategie del mondo dei giochi.
Quindi un divieto alla pubblicità sarebbe un argine al dilagare del gambling?
Certamente si. Significherebbe un botta tremenda per l'industria del gioco. Anche se i buoi sono già scappati e la platea delle persone legate al gioco è numerosissima. Sul lungo termine lo stop alla pubblicità porrebbe un freno all'avvicinamento delle persone al gioco.
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