Cultura

Maturità, c’è anche il tema sul welfare

Riflessioni e tracce sulla nascita e il ruolo dello stato sociale

di Gabriella Meroni

È spuntato anche un tema sul welfare state negli esami di maturità, per l’ambito socio-economico. Agli studenti sono stati alcuni spunti di riflessione tratti da piu’ fonti (libri e ricerche). Ecco di seguito le tracce complete da commentare (ce n’è anche una del Censis). A) – ”Il termine welfare state venne usato per la prima volta in Gran Bretagna dopo la seconda guerra mondiale, per descrivere il tipo di stato ‘ricostruito’ dal governo laburista col piu’ ampio consenso. Il termine e’ sopravvissuto alla caduta di quel governo (1951). […] Il potere politico, nel welfare state, poteva essere impiegato per modificare, con mezzi legislativi e amministrativi, il gioco delle forze del mercato. In tre possibili direzioni: 1) garantire ai singoli e alle famiglie un minimo reddito indipendente dal valore di mercato del loro lavoro o dal loro patrimonio; 2) ridurre l’insicurezza sociale mettendo chiunque in grado di far fronte a difficili congiunture: malattia, vecchiaia, disoccupazione; 3) garantire a tutti, senza distinzione di classe e di reddito, le migliori prestazioni possibili (l’ottimo, non il minimo) relativamente a un complesso di servizi predeterminati”. (A. BRIGGS, Welfare State: passato, presente, futuro, Mondo Operaio, II, 1985). B) – ”Lo stato-provvidenza realizzato in Europa a partire dal 1945-46 ha cambiato natura e funzione. Ancora tra le due guerre, il suo scopo era quello dell’assistenza, di un riequilibrio precario delle disfunzioni sociali piu’ evidenti, nel quadro di una preoccupazione politica che consisteva nel neutralizzare la lotta di classe nel momento di sviluppo della grande industria. [~] Dopo il 1945, l’incremento molto sensibile delle spese sociali per il canale dello stato-provvidenza appare come uno dei motori necessari per dare impulso alla crescita economica, mediante lo sviluppo della produttivit del lavoro. […] Il progresso sociale e’ una componente indispensabile dello sviluppo, perch partecipa all’ampliamento del mercato interno, al miglioramento della produttivit lavorativa, contribuendo a una ripresa degli investimenti, delle opportunita’ di lavoro e di impiego”. (F. DEMIER, Lo stato sociale, in “Storia e dossier”, Febbraio 1989). C) – ”L’attuale dibattito sulla crisi dello Stato sociale e assistenziale non riguarda solo l’aumento degli oneri finanziari. La critica e’ rivolta anche alla crescente burocratizzazione, centralizzazione, professionalizzazione, monetarizzazione e giuridificazione, collegate allo sviluppo dello Stato sociale. E’ difficilmente contestabile il fatto che lo Stato sociale sia stato un forte motore di trasformazione della societa’ ma che, ampliando le funzioni pubbliche nel campo della sicurezza sociale, abbia anche distrutto l’ambiente sociale, indebolito il potenziale di iniziativa personale e limitato l’autonomia dei singoli. L’individuo e’ stato assoggettato alle regole disciplinatorie dello Stato sociale ed ha perso la libera disponibilita’ su un’ampia parte dei propri beni. Molti chiedono perci di risolvere i problemi sociali in modo piu’ deciso, attraverso il mercato o ridando slancio alla funzione sociale dei gruppi, come le organizzazioni di autotutela ed in particolare la famiglia. Quest’ultimo punto appare tanto piu’ necessario, in quanto, ad esempio, alcolizzati, tossicodipendenti, malati di AIDS o malati cronici necessitano non solo di aiuto materiale ma anche, soprattutto, di dedizione umana”. (G. A. RITTER, Storia dello Stato sociale, Roma-Bari, 1996). D)- ”In realta’, si profila l’esigenza di ripartire dal basso poiche’, se e’ vero che la crescente articolazione e sofisticazione della domanda dei cittadini ha rappresentato l’aspetto veramente dirompente rispetto alla rottura del modello di welfare tradizionale, statocentrico e monopolista, di fatto, nei processi di ridefinizione organizzativa e funzionale del nostro modello di politiche sociali gli utenti hanno svolto finora un ruolo del tutto residuale. […] Invece, laddove i soggetti di offerta hanno operato “sporcandosi le mani” con i bisogni sociali emergenti, anche estremi, si sono registrati i risultati pi importanti in termini d’innovazione dei modelli di intervento e qualita’ delle prestazioni (emblematica sotto questo aspetto e’ tutta la vicenda del terzo settore nel campo dell’assistenza ai tossicodipendenti ed ai malati di Aids, oppure negli interventi a favore dei minori ecc..)”. (34x Rapporto annuale sulla situazione sociale del paese 2000 – Sintesi, Censis).


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