Meeting di Rimini
Mattarella ai giovani «Prendetevi quel che è vostro, comprese le responsabilità e i doveri»
Un invito ai ragazzi a diventare protagonisti della propria vita, ad usare i social senza farsene "catturare". Il presidente della Repubblica riafferma i valori dell'amicizia, della fraternità, della solidarietà e dell'umanità come patrimonio fondativo della nostra Costituzione
Il Meeting di Rimini si è chiuso con l’arrivo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Bagno di folla, “cinturato” e scortato dai volontari in magli azzurra, il presidente ha tenuto un discorso incentrato sull’amicizia e sulla fratellanza come valori fondamentali. Ne proponiamo gli stralci più salienti.
Ecco come nasce la nostra Costituzione: con l’amicizia come risorsa a cui attingere per superare insieme le barriere e gli ostacoli, per esprimere la nostra stessa umanità. Per espellere l’odio come misura dei rapporti umani.
— Sergio Mattarella
Permettetemi di riprendere le fila di un discorso, avviato, con la vostra comunità, sette anni or sono, nel 2016, qui a Rimini. Nel frattempo, molti di quei giovani, sono passati all’età adulta; tanti sono in cammino; mentre nuove generazioni si affacciano, nella continuità di una speranza, di un impegno. Ricorrevano, allora, i settant’anni della Repubblica e mi appare significativo che, questo, nuovo, dialogo diretto, avvenga in occasione dei settantacinque anni della nostra Costituzione.
Il titolo coraggioso di quel Meeting, affermava: “Tu sei un bene per me”, sottolineando il valore dell’incontro. Senza che fosse progettato, nell’anno del Covid – era il 2021 – ho avuto modo di rivolgermi, alla platea dei partecipanti, da remoto, quando a tema era posto “Il coraggio di dire io”.
Mi sembra quasi un completamento di riflessione svolgere qualche considerazione, qui, quest’anno, sull’amicizia, carattere dell’esistenza umana.
Ringrazio, per questa opportunità, gli organizzatori del Meeting e rivolgo un saluto e un augurio, calorosi, ai giovani che hanno animato gli incontri di questa settimana e che torneranno da Rimini con più conoscenze e maggiori motivazioni; ai volontari, che, con il loro servizio, e la, loro, passione, hanno consentito che si realizzasse un programma di eventi così ricco, contributo, impegnativo, al pensiero contemporaneo.
Vorrei che ci interrogassimo.
Su cosa si fonda la società umana, la realtà, nella quale ciascuno di noi è inserito e che si è organizzata, nei secoli, in società politica, dando vita alle regole e alle istituzioni che caratterizzano l’esperienza dei nostri giorni?
È, forse, il carattere dello scontro? È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l‘ostilità verso il proprio vicino, il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio, che si basa la convivenza tra le persone?
Se avessimo risposto affermativamente, anche, soltanto, a una di queste domande, con ogni probabilità, il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo e da tempo.
Invece, il crescere dell’amicizia fra le persone, è quel che ha caratterizzato il progresso dell’umanità. L’amicizia come vocazione incomprimibile dell’uomo.
Ogni volta che l’umanità si è trovata di fronte al baratro – è accaduto con le due guerre, mondiali, novecentesche – ha trovato, dentro di sé, le risorse morali per ripartire, per costruire un mondo diverso, in cui, il conflitto, lasciasse posto all’incontro. Per immaginare, e progettare, il futuro insieme.
E se questa prospettiva è naufragata nel decennio iniziato quasi alla metà degli anni venti, proprio, per difetto di sentimenti di solidarietà e di reciproca disponibilità tra i popoli, ha avuto successo, negli anni quaranta e cinquanta, per la comunità internazionale, con il dar vita alle Nazioni unite, e con l’avvio della integrazione d’Europa. Uno spirito analogo ha ispirato la nostra Assemblea costituente, nella quale opinioni diverse si sono incontrate in spirito di condivisione, per affermare i valori della dignità ed eguaglianza, delle persone, della pace, della libertà.
Ecco come nasce la nostra Costituzione: con l’amicizia come risorsa a cui attingere per superare insieme le barriere e gli ostacoli, per esprimere la nostra stessa umanità. Per superare, per espellere, l’odio come misura dei rapporti umani. Quell’odio che la civiltà umana ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone sanzionandone severamente i comportamenti e creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza.
Homo homini lupus di Plauto e il presunto “stato di natura”, di Thomas Hobbes, hanno sempre rappresentato ostacoli per la soluzione dei problemi dell’umanità.
L’aspirazione non può essere quella di immaginare che l’amicizia unisca soltanto coloro che si riconoscono come simili. Al contrario. Se così fosse, saremmo sulla strada della spinta alla omologazione, all’appiattimento. L’opposto, del rispetto delle diversità, delle specificità proprie a ciascuna persona.
Non a caso, la pretesa della massificazione è quel che ha caratterizzato ideologie e culture del Novecento che hanno portato alla oppressione dell’uomo sull’uomo. Le identità plurali delle nostre comunità sono il frutto del convergere delle identità di ciascuno di coloro che le abitano, le rinnovano, le vivificano. Nel succedersi delle generazioni e delle svolte della storia.
È la somma dei tanti “tu” uniti a ciascun “io”, interpellati dal valore della fraternità, o, quanto meno, del rispetto e della reciproca considerazione.
È il valore della nostra Patria, del nostro straordinario popolo tanto apprezzato e amato nel mondo frutto, nel succedersi della storia, dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua e diretto a costruire il bene comune.
Amicizia, per definizione, è contrapposizione alla violenza. Parte dalla conoscenza e dal dialogo. E anche in questo l’amicizia assume valore di indicazione politica. Non mancano mai i pretesti per alimentare i contrasti.
Siano la invocazione di contrapposizioni ideologiche, di caratteri etnici, di ingannevoli, lotte di classe o la pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi. Quanto avviene ai confini della nostra Europa dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa ne dà drammatica testimonianza.
Il tempo dell’individuo e la dimensione comunitaria
Viviamo un tempo di cambiamenti profondi, velocissimi, addirittura tumultuosi in alcuni campi. Tanto da non consentire, spesso, di avvalersi di uno sguardo lungo che ci aiuti a comprendere, in profondità, quale sia la direzione della nostra vita immersi nell’affannoso consumo di un eterno presente immemore del giorno prima e indifferente al giorno dopo. Le trasformazioni incidono sui modelli sociali, sulla produzione e il lavoro, ma anche sugli abiti mentali, sulla stessa cultura, sulle aspettative delle donne e degli uomini.
Tanti, descrivono, il nostro, come il tempo dell’individuo. L’individuo, che sente di avere opportunità e respiro, mai raggiunti prima. È giusto cogliere, in questo processo, il segno positivo: in termini di comprensione del proprio ruolo, della propria responsabilità, dei propri diritti. Ma occorre, anche, saperne leggere i rischi di aspetti critici, di distorsioni. L’auto-affermazione dell’io, nella sua più assoluta centralità, in realtà nella sua solitudine, appare priva di qualunque senso. Il concetto di individuo, rischierebbe di separarsi da quello di persona. L’affermazione di sé – uno dei motori della vita comunitaria – vale, in realtà, se è inserita nella comunità in cui si è nati o in cui si è scelto di vivere e se contribuisce alla sua crescita. […]
Vi sono pochi dubbi circa il fatto che gli articoli della Costituzione delineino una serie di diritti e chiedano alla Repubblica una serie di azioni positive per conseguire condizioni che rendano gratificante l’esistenza sia pure senza la pretesa che la felicità sia una condizione permanente, quasi che la vita, con le sue traversie, non introduca momenti di segno diverso.
E’ sufficiente riferirsi, anzitutto, all’art. 2 della Carta, dove si prevede che la Repubblica deve riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità e deve richiedere l’adempimento dei doveri, inderogabili, di solidarietà. E, all’art. 3, che chiede alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana dopo aver sancito che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge.
È, cioè, la dimensione comunitaria, sono le relazioni sociali a determinare la concretezza di esercizio dei diritti. Ecco allora: le nostre istituzioni sono basate sulla concordia sociale, sul perseguimento – attraverso la coesione, dunque la solidarietà – di sentimenti di rispetto e di collaborazione: l’amicizia riempie questi rapporti rendendoli condizione per la felicità. Sono i sentimenti e i comportamenti umani che esaltano la vita della comunità. Il benessere, consentito dalla pace di cui, sino a ieri, ha potuto godere l’Europa è frutto di questa visione. È la discordia, che lo pone a rischio. […]
L’amicizia e la pace
E’ il binomio persona-comunità, a sorreggere un ordinamento che non deve essere intrusivo, ma diretto a valorizzare pluralità e libertà.
Papa Francesco, nell’enciclica “Fratelli tutti”, ha parlato di “amicizia sociale” come orizzonte di un nuovo, più intenso, dialogo tra le generazioni, tra la cultura popolare e quella accademica, tra l’arte, la tecnologia, l’economia.
L’amicizia sociale è una dimensione che lega la comunità nell’affrontare le sfide della storia. Favorire la dimensione sociale dell’amicizia è un impegno a cui sono chiamate tutte le pubbliche istituzioni; ma, con esse, anche le forze sociali, economiche, civili. L’amicizia è fonte di speranza. La speranza nasce da un sentire comune, da un sostegno offerto. Da testimonianze, coerenti. Da un futuro, immaginato insieme. […]
Non vogliamo rinunciare, oggi, alla speranza della pace in Europa. L’Europa che conosciamo è nata da un reciproco impegno di pace che i popoli e gli Stati si sono scambiati dopo l’abisso della seconda guerra mondiale. Su quella pace, sono stati edificati i nostri ordinamenti di libertà, di democrazia, di diritto eguale. Su quella pace, è cresciuta la cultura, la civiltà degli europei. Non ci stancheremo di lavorare per fermare la guerra. È contro lo strumento della guerra che siamo impegnati nell’impedire una deriva di aggressioni del più forte contro il più debole.
Una pace giusta, non può dimenticare il dramma dei profughi. I fenomeni migratori vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali che non vengono cancellati da muri o barriere. […] Certo, occorre un impegno, finalmente concreto e costante, dell’Unione Europea. Occorre sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori. È necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani: la prospettiva e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale. Inoltre, ne verrebbe assicurato inserimento lavorativo ordinato, rimuovendo la presenza nascosta, incontrollabile, di chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza o di chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali. Occorre percorrere strade diverse. Se non se ne avverte il senso di fraternità umana, per una miglior sicurezza.
La speranza è in voi giovani. Non fatevi chiudere in tanti mondi separati. Usate i social sempre con intelligenza, impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini
— Sergio Mattarella
I giovani
L’amicizia comincia da noi. Dal nostro modo di essere. Dalla nostra voglia di dare più umanità al mondo che ci circonda. La speranza è in voi giovani. Prendetevi quel che è vostro. Comprese le responsabilità e i doveri. Voi avvertite, in misura genuina, tutti questi problemi. Avete la sensibilità di sentirvi pienamente europei. Più degli adulti. Avete conoscenze adeguate per affrontare, senza timore, le trasformazioni digitali e tecnologiche che sono già in atto. Avete la coscienza che l’ambiente è parte della nostra vita sociale. Che non ci sarà giustizia sociale senza giustizia ambientale e viceversa.
Non vi chiudete, non fatevi chiudere in tanti mondi separati. Usate i social, sempre con intelligenza; impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini. Non rinunciate mai alle relazioni personali, all’incontro personale, all’affetto dell’amico, all’amore, alla gratuità dell’impegno. Il mondo è migliore se lo guardiamo con gli occhi giusti.
Quest’anno, il Meeting ribadisce la sua ragione fondativa: “Meeting per l’amicizia fra i popoli”, come suona, il suo nome, per esteso. Ce n’è bisogno. Fate che speranza e amicizia corrano anche sulle vostre gambe. E si diffondano, attraverso le vostre voci.
Foto: Meeting di Rimini
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