Politica

Matrix, due ore di normalità

di Franco Bomprezzi

Oggi sono davvero soddisfatto. Ieri sera ho partecipato da Milano a una lunga puntata di un noto programma di attualità, Matrix, di Canale 5, interamente dedicato al racconto della disabilità. Gli spunti erano molti: la giornata mondiale dedicata alle persone con sindrome di Down, la settimana di raccolta fondi Mediafriends per la Fabbrica del Sorriso, che quest’anno punta a finanziare progetti mirati ai bambini con disabilità.

Ospiti in studio i responsabili di CoorDown, ma anche la ballerina e pittrice Simona Atzori. Con me a Milano Fabrizio Macchi, campione di ciclismo paralimpico, e l’alpino Luca Barisonzi, tetraplegico dopo uno scontro a fuoco in Afghanistan. A Roma, con il conduttore Alessio Vinci, due giovani con sindrome di Down, già apparsi in “Italia’s got talent”. Insomma tante situazioni diverse, ma tutte interessanti, accattivanti, concrete, giornalisticamente più che appetibili.

E ho capito subito che questa puntata, alla quale mi ha invitato il bravissimo Alessandro Banfi, è stata realizzata con un impegno professionale alto, con una concentrazione encomiabile sulla cifra giornalistica da restituire a un pubblico generalista, poco avvezzo a sorbirsi due ore di temi difficili, scabrosi, delicati. Il tono generale è stato quello della “normalità”. Niente pietismo, solo racconti, certo con qualche tentazione sentimentale, inevitabile soprattutto se nel corso del programma si vuole – e si deve – anche far leva sulla generosità dei telespettatori, chiamati ripetutamente a inviare un sms solidale al 45507 .

Per la prima volta da quando mi occupo, da giornalista, di comunicazione sui temi della disabilità, ho avuto la possibilità, grazie alla sintonia con il conduttore Alessio Vinci, di intervenire più volte, senza interruzioni, certo attenendomi ai tempi televisivi, ma senza rinunciare a un pensiero un po’ meditato, perché rare sono le occasioni per far capire alla gente che la disabilità è una questione che ci riguarda tutti, prima o poi, e fa parte della vita, della normalità dell’esistenza.

Il dubbio che mi resta, alla fine, è semplice: perché mai, ancora oggi, nel 2012, deve essere necessario uno sforzo straordinario per veicolare immagini, storie, situazioni, proposte, progetti, realtà positive, quando questa realtà sarebbe lì, a portata di mano, di telecamera, di microfono e di taccuino, 365 giorni all’anno? Qual è ancora oggi il tabù che confina la disabilità in un angolo dell’informazione, a meno che non sia clamorosamente episodica e drammatica?

Una risposta l’ha fornita proprio il conduttore di Matrix: rimane l’imbarazzo, la sensazione di inadeguatezza, la difficoltà a misurarsi con un mondo così particolare e complesso. In una parola: l’handicap è spesso dall’altra parte.

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