Mondo

Matrimonio tardivo, amarsi nell’era di Sharon

Recensione del film "Matrimonio tardivo" di Dover Koshashvili.

di Giuseppe Frangi

Anche in un paese psicologicamente sotto assedio, accadono cose normali. Matrimonio tardivo è ambientato infatti ad Haifa e racconta la storia amorosa di Zaza, 31enne, impudente figlio di una famiglia di ebrei di origine georgiana, che tutti vorrebbero veder sposato e che invece si ostina a voler restare single. Perché questa ostinazione, che lo porta a ri fiutare persino il magnifico partito di una 17enne mozzafiato? Il regista Dover Koshashvili all?inizio cela il mistero. Poi ci rivela che Zaza ha una storia travolgente con Judith, di qualche anno più anziana di lui, marocchina e divorziata. Zaza ha una struttura psicologica che non conosce né perversioni né depressioni, e vive questo rapporto con uno slancio di positività quasi incosciente. Sembra il cerbiatto del Cantico dei cantici: tra le lenzuola conduce una danza di un erotismo dolce, scatenato e puro. Ma Judith, seppur invasa da questa felicità, capisce che il gioco non può durare. E l?irruzione dell?intero clan famigliare di Zaza nel microappartamento, è una scena insieme drammatica ed esilarante. Alla fine Zaza, coerente con il suo carattere, s?arrende, imbocca la strada su cui tutti lo sospingono, rinunciando a quell?amore meraviglioso ma troppo complicato. Bravo il regista a non volerne fare un eroe: qui infatti si misura la credibilità di una storia vera perché normale. Una storia che la macchina da presa racconta senza retorica. Un film che è una stupenda sorpresa.


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