Parigi2024

Matilde Lauria: «Da judoka sordocieca dico che la vita va vissuta, non combattuta»

La campionessa di judo è pronta per la sua seconda Paralimpiade. «A Parigi rappresenterò tutte le persone sordocieche. Vorrei che guardando un atleta paralimpico non si pensasse più “nonostante tutti i problemi che ha, riesce comunque a gareggiare”. Per noi atleti paralimpici la diversità è la nostra normalità. Siamo tutti ugualmente atleti»

di Rossana Certini

È tutto pronto a casa di Matilde Lauria. La campionessa di judo è in partenza per Parigi dove il prossimo 6 settembre salirà sul tatami dei Giochi paralimpici 2024.

«Sono tesa. Non posso nasconderlo», spiega ridendo per celare l’ansia, «dopo tanti mesi di allenamento spero in una medaglia. Non sarei sincera se non lo ammettessi. Anche se la responsabilità più grande che sento è quella di sapere che a Parigi rappresenterò tutte le persone sordocieche che come me lottano ogni giorno per affermare la propria esistenza. Nella vita quotidiana in molti sono portati a pensare che, poiché non vediamo e non sentiamo, allora possiamo non essere coinvolti, per esempio, nelle conversazioni: anche in quelle che ci riguardano personalmente. Viviamo in una bolla fatta di buio e silenzio che viene amplificata da come la gente si relaziona a noi. Vorremmo comunicare con il mondo, ma spesso è il mondo che non comunica con noi».

Viviamo in una bolla fatta di buio e silenzio, che viene amplificata da come la gente si relaziona a noi. Vorremmo comunicare con il mondo, ma spesso è il mondo che non comunica con noi

Una vita vissuta, non combattuta

Napoletana, classe 1966, Matilde è la seconda di otto figli. All’età di 3 anni inizia a manifestare i sintomi di un’otticopatia che prima la rende ipovedente, poi le fa perdere l’uso dell’occhio destro – all’età di 26 anni – e a 30 quello del sinistro.

«La vita non mi ha risparmiato nulla», prosegue, «infatti all’età di 8 anni ho rischiato la vita per un’encefalite morbillosa e da poco più di dieci anni ho anche perso l’udito. Il mio essere un “maschiaccio”, come si dice dalle mie parti, mi ha salvata. Mi piace dire che la vita va vissuta, non combattuta. Da piccola ero incosciente. Non badavo ai pericoli. Ho partecipato ai giochi della gioventù, ho praticato ciclismo, vela e calcio. Al judo sono arrivata per caso portando il secondo dei miei tre figli a praticare in palestra quest’arte marziale».

Giappone, 5 dicembre 2023 (Foto Matilde Lauria)

Nel 2014 Matilde entrata a far parte della Federazione italiana sport paralimpici per ipovedenti e ciechi – Fispic vincendo tutti i campionati italiani fino al 2019. Nel 2022 è quarta agli Europei di Cagliari e terza ai Mondiali di Baku. L’anno successivo conquista il quinto posto ai Mondiali di Birmingham. Matilde Lauria è stata l’unica atleta sordocieca a partecipare alle Paralimpiadi di Tokyo 2020.

Grazie a un impianto per l’udito Matilde riesce a sentire con l’orecchio sinistro ma quando combatte sul tatami non può indossare nessun tipo di oggetto metallico, nemmeno l’apparecchio. In quel momento così è davvero sola, senza vedere né sentire. Sul suo judogi, la tipica uniforme usata nel judo, sono disegnati due cerchi di colori diversi che ricordano all’arbitro la sua sordità e la sua cecità.

Sul tatami con i consigli di papà Ciro

«Se ci penso bene», dice dopo un attimo di riflessione, «c’è un po’ di mio padre su quel tatami ogni volta che combatto. Era lui, infatti, che quando ero piccola mi spronava a non arrendermi, che mi aiutava a trovare strategie per affrontare le mie difficolta e che mi ha insegnato che il mondo è fatto di geometrie. Ed è a questo che penso quando combatto. Cerco la geometria del mio avversario, tocco il filato del suo judogi per percepirne il colore, creo delle mappe mentali per rappresentarmi la realtà che mi circonda».

Mentre combatto non so cosa accade intorno, per esempio se mi è stata assegnata una penalità. Solo quando finisce il combattimento l’arbitro mi scrive sulla mano quello che è accaduto

Mentre combatte Matilde non sa mai cosa le sta accadendo intorno: per esempio non sa se è stata assegnata una penalità. Infatti, spiega, è solo «quando finisce il combattimento che l’arbitro mi scrive sulla mano quello che è accaduto. Durante la gara per orientarmi cerco di percepire le vibrazioni che mi trasmette il tatami sotto i piedi o lungo le parti del corpo che durante il combattimento toccano il terra. È una tecnica che uso anche nella vita quotidiana e che mi è stata insegnata dai professionisti della Lega del filo d’oro». Grazie al sostegno della Lega del filo d’oro, Matilde ha imparato anche a comunicare con la Lis tattile, la dattilologia, il sistema Malossi e il Braille.

Il sogno: un futuro in cui gli atleti sono tutti uguali

«Il sogno di Parigi si sta per realizzare», prosegue sorridendo, «ma è importante ricordare a tutti che non si può essere sempre i vincitori di una gara. Ai tanti ragazzi a cui insegno questo sport come volontaria, dico sempre che se non ci fossero gli ultimi non ci sarebbero i primi. L’importante è porsi degli obiettivi personali e impegnarsi per raggiungerli».

Matilde Lauria in partenza per Parigi2024

Matilde Lauria fa un’altra pausa e aggiunge: «Quest’anno il mio obiettivo per Parigi è dire al mondo che noi sordociechi esistiamo. Ma il grande traguardo che tutti dovremmo voler raggiungere nel prossimo futuro è quello di non separare così nettamente le Olimpiadi dalle Paralimpiadi. Capisco le ragioni organizzative, ma si potrebbero superare in qualche modo. È importante far comprendere alle persone che siamo tutti atleti allo stesso modo».

Vorrei che guardando un atleta paralimpico non si pensasse più “nonostante tutti i problemi che ha, riesce comunque a gareggiare”. La diversità è la nostra normalità: siamo tutti ugualmente atleti

E conclude: «vorrei che guardando un atleta paralimpico non si pensasse più, come spesso purtroppo accede, “nonostante tutti i problemi che ha riesce comunque a gareggiare”. Per noi atleti paralimpici la diversità è la nostra normalità. Io mi alleno almeno tre ore al giorno dal lunedì al venerdì e credo che i miei colleghi normodotati facciano come me. Dunque siamo tutti ugualmente atleti. L’unica diversità è la disciplina che ognuno di noi
pratica».

In apertura Matilde Lauria durante gli allenamenti in palestra a Tokyo, per le Paralimpiadi 2020 (foto Lega del filo d’oro)

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