Formazione

Mastrogiacomo, libero

E' stato consegnato all'organizzazione umanitaria Emergency nell'ospedale di Lashkar-gah nel Sud dell'Afghanistan. Gino Strada: "Sta bene". Intervista a Nino Sergi, direttore di Intersos

di Giulio Leben

Daniele Mastrogiacomo è libero. Questa la notizia, la più importante e la più attesa. E’ stato consegnato a Emergency nell’ospedale di Lashkar-gah nel Sud dell’Afghanistan. Ha già parlato con la moglie Luisella e con il direttore di Repubblica dichiarando: “Mi hanno portato in quindici prigioni diverse. Ero sempre legato mani e piedi. Mai perso la speranza”. Grande protagonista della vicenda, però, anche Gino Strada, fondatore di Emergency, a cui lo stesso Daniele Mastrogiacomo si è rivolto ringraziandolo più volte al momento dell?incontro fra i due.

Di questo, del ruolo delle organizzazioni umanitarie in scenari di guerra, della vicenda del giornalista, e di quella dell?Afghanistan, ne abbiamo parlato con Nino Sergi, direttore di Intersos, altra organizzazione non governativa presente in Afghanistan insieme a Cesvi, GVC, Alisei e Aispo. Oltre ovviamente a Emergency.

?Bene, benissimo, sono contento davvero?? ci dice all?annuncio della liberazione, ma cosa cambia adesso in Afghanistan? Gli chiediamo a bruciapelo. ?Non cambia granché? ci dice e continua: ?Il grande cambiamento in Afghanistan è avvenuto a primavera scorsa, quando la zona sud del paese è diventata troppo pericolosa per rimanerci?.

Per cinque anni Intersos, infatti, è rimasta nella zona di Kandahar. Qui ha organizzato e gestito un centro profughi che dava ospitalità a 50mila persone. Ma poi lo ha dovuto abbandonare a causa delle difficoltà e dei pericoli a cui i propri operatori erano soggetti.

Vita: Quindi tutto come prima? Quanto è successo a Daniele Mastrogiacomo servirà almeno a riflettere?
Nino Sergi: Questo lo spero davvero. La prima riflessione a cui questa vicenda dovrebbe portare è che l?intervento militare non è la soluzione. La gente in Afhanistan si aspettava e si aspetta un aiuto nella risposta ai bisogni primari e nella ricostruzione. E quindi diventa più importante l’aspetto umanitario e di cooperazione per lo avviare lo sviluppo, seconda riflessione. Terzo, che coi Talebani è necessario aprire forme di dialogo e di trattativa.

Vita: E? d?accordo quindi con quanto proposto da Piero Fassino in questi giorni? Cioè invitare i Talebani alla Conferenza Internazionale di Pace?
Sergi: Io dico che è necessario coinvolgere i Talebani, ma dubito che la Conferenza Internazionale di Pace sia il luogo idoneo. Occorre senz?altro trattare con loro: il problema è sul come, che va studiato e valutato attentamente. Trattative bilaterali, innanzitutto, tra afgani, magari con la mediazione e l?appoggio di paesi vicini o graditi.

Vita: Al tempo dalle liberazione delle due Simone ci furono alcune polemiche sul ruolo della Croce Rossa? Qualcuno non vide di buon grado il protagonismo di questa organizzazione viste le sue varie particolarità rispetto alle Ong? Come giudica il ruolo di Emergency in questo caso?
Sergi: : Il ruolo delle organizzazioni umanitarie, come è stato ora con Emergency, è spesso fondamentale e unico per poter garantire una canale di mediazione per la liberazione di un ostaggio. L?organizzazione umanitaria infatti, essendo imparziale e operando normalmente a beneficio di tutte le parti coinvolte in un conflitto, si trova nelle posizione adatta per potere aprire positivi contatti. Al tempo, se ben ricordo, la polemica sulla Croce Rossa Italiana non riguardava il fatto che avesse contribuito alla liberazione delle persone sequestrate, data la sua presenza a Baghdad, ma il problema più ampio del Corpo Militare della Croce Rossa, che continua ad esistere in Italia anche se criticato dal movimento internazionale della Croce Rossa.

Vita: E se potesse rivolgere una prima domanda a Daniale Mastrogicomoo, in quanto operatore di una Ong presente in Afghanistan, cosa gli chiederebbe?
Sergi: Beh, intanto lo abbraccerei e poi gli chiederei se, da quanto ha potuto capire, ritiene che i Talebani siano interessati e tutelerebbero organizzazioni umanitarie disposte ad operare anche nei loro territori. Noi lo saremmo, dato che intendiamo sviluppare attività umanitarie e di ricostruzione proprio per continuare a rispondere ai bisogni della gente.


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